Sulla brexit nel mese di Gennaio c’è stato un silenzio
esorcistico perché il problema legato al buco irlandese è tutt’altro che
risolto. Con tale silenzio non si vuol, per il momento, spifferare ai quattro
venti che quel confine/buco bisognerà controllarlo militarmente e ciò implica
anche un ruolo della NATO per i costi
elevati che Boris Johnson non è in grado di sostenere.
In ogni caso il leaving
è irreversibile e qualcuno prima o poi dovrà pagare. Compresa la Regina
Elisabetta che ha posto in essere una scissione di famiglia che, aldilà del
gossip, costituisce un segnale di taglio sui costi economici del proprio
mantenimento.
Il tema comunque è stato ripreso in febbraio in concomitanza
con l’uscita ufficiale della Gran Bretagna.
Si apre ora una trattativa sugli
aspetti commerciali del libero scambio, un confronto che impegnerà Ursula von
der Leyen e Boris Johnson fino alla fine dell’anno. Temo che Boris non
accetterà di rispettare gli standard UE (sicurezza alimentare, etichiettature,
fiscalità ecc.) e punterà sulla libera competizione col sostegno dell’altra sponda. Si tratta infatti di
un periodo che coincide con la campagna per la rielezione di Trump e parte
sotto l’effetto recessivo del coronavirus.
Più di qualche osservatore coglie il
fatto che ciò avvantaggia tatticamente Boris e favorisce un rilancio atlantista
tra i due paesi anglofoni USA/GB. Trump farà di tutto per sostenere il PIL e domanda
interna. Ciò offre un po’ di margine agli esportatori di casa nostra, specie
veneti, ma non mollerà nello scontro con la Germania sull’auto. Ursula avrà un po’
le mani legate e penso che metterà sul piatto forme di sostegno ai produttori
scozzesi e nord irlandesi. Insomma sarà un bel mach: break a leg Boris!