Il 18 settembre 1970 a Londra verso mezzogiorno giunge morto all’ospedale di St Mary Abbot’s di Kensington James Marshall Hendrix.
Era rientrato da poco più di due settimane dall’isola di
Wight dove, alla terza edizione del festival di musica rock, egli aveva tenuta
la su più famosa esibizione.
Egli era figlio del woodoo perché nelle sue vene scorreva
sangue nero, messicano e pellerossa. Gerry Stickells, suo road manager, fu
chiamato ad identificarlo e dopo il riconoscimento ufficiale alle 12 e 45 venne
redatto l’atto di morte. Toccò quindi al coroner di West London, dr Gavin
Thurston, confermare il referto e indicare la causa della morte nel
soffocamento per aver ingurgitato il proprio vomito. Seguì anche l’indicazione
di una possibile intossicazione da barbiturici.
Il primo ottobre 1970 si tenero i funerali a Seattle con la
bara portata nella chiesa battista di Rainer Avenue. Furono i familiari a
volere così, in forma privata e con i canti gospel intonati da Petronella
Wright. Non ci furono né rock né blues in quella cerimonia religiosa cui erano presenti,
sempre a titolo privato, Miles Davis, Johnny Winter e John Hammond nonché il ristretto
gruppo musicale di Jimy composto dal bassista Noel Redding e il batterista
Mitch Mitchell seguiti dal producer Alan Douglas e il fonico Eddie Kramer. La
salma si diresse poi verso il cimitero di Greenwood a Renton nella periferia di
Seattle, accompagnata dal canto When The
Saint Go Marchin’ In.
Costoro in serata svolsero un tributo musicale per Jimy in un locale del centro, il Food Circus. La session purtroppo non venne registrata, non si trattava infatti di un concerto bensì di un semplice e sincero omaggio.
Si stima che la sua tomba attiri punte di 14 mila persone all’anno. Il suo culto infatti, come per molte altre rock star, produce anche leggende complottistiche. Nel suo caso l’idea che egli possa essere stato ucciso con una sapiente mescolanza di Durophet (amfetamina) e un sovradosaggio di Vesparax, un medicinale tedesco, è stata oggetto di un lungo contenzioso tra due donne: Monika Dannemann, una ex pattinatrice di alto livello sportivo immigrata dalla Germania Est accreditata dalle cronache come la sua compagna in quei giorni, e Katy Etchingham, un’altra amica che le cronache accreditano come “sua storica girlfriend”.
Costei nel 1993 ha ottenuto la riapertura del caso Hendrix
da parte del ministero dell’interno Britannico. A convincere il ministero fu un
dossier elaborato da esperti investigatori privati al servizio della Etchingham
nel quale, partendo dal verdetto aperto del coroner si sostiene la
responsabilità della Dannemann nella morte di Hendrix. Hendrix aveva preso l’amfetamina
prima di di tornare dalla Dannemann e poi mentre stava con costei avrebbe
ingoiato ben nove compresse del barbiturico tedesco. Sta di fatto che il mattino
dopo ci fu un forte ritardo nella chiamata dell’ambulanza e anche un furto. Nell’inchiesta
del 1993 furono sentite anche varie pop star degli anni settanta. Erano
coinvolti anche Angela ed Eric Burdon.
Il caso non ha avuto
soluzione e la morte, per suicidio tramite inalazione gas di scarico dell’auto,
della Dannermann, avvenuta il 5 aprile del 1996 contribuì all’archiviazione
definitiva.
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