lunedì 26 gennaio 2015
Pensierino del gufo
Oggi il greco Syriza è diventato il primo partito antiausterity che sale al governo in eurozona.
Alexis Tsipras col suo contegno imperturbabile, il suo giovanilismo e la sua chiara ricetta di sostegno ai redditi deboli ha guidato la presa del potere, pulita e assolutamente democratica a quanto pare, senza compromessi e pateracchi alla nazzarena.
Subito dopo però, alla ricerca di due seggi parlamentari che gli assicurino la maggioranza assoluta in parlamento, Tsipras ha annunciato un accordo che appare strambo ed improbabile con il partito antieuro di centrodestra, una specie di Lega alla Salvini.
Tutti sembrano entusiasti, ma per me il segnale greco non è chiaro. E' chiaro invece l'uso strumentale che intende farne Renzuschino cavalcando mediaticamente la scia di questo risultato in un momento per lui critico nei rapporti a sinistra.
E' tipico di questi ultimi tempi sfruttare ogni evento in senso opportunistico. Ciò è dovuto al fatto che la politica è diventata essenzialmente comunicazione mediatica e ogni principio viene subordinato agli interessi tattici. "Ciò che conta è il risultato", "io corro per vincere" ecc. fino al ridicolo di frasi come: "il secondo è il primo dei perdenti".
In realtà tutta questa pompa non cancellerà la mostrusotà di debito accumulata dall'occidente e si risolverà nel rinegoziare un rinvio delle scadenze debitorie. Secondo ilsole24ore l'attuale debito greco, se tutto andasse bene, rientrerebbe nel 2050. Ora Tsipras rinvierà tale scadenza di un lustro o due... Grande vittoria della sinistra?
Ebbene nel 2050 mia figlia avrà settantun anni, una vita di lavoro per pagare i debiti contratti dalla mia generazione. Se mai avrò un nipote, e se tutto andasse bene, penso che dovrà essere lui a pagare i debiti di Tsipras.
Gli stiamo già ipotecando il futuro prima che nasca.
La Germania è rinata dopo la guerra perché nel 1954 i vincitori hanno cancellato il debito. Se l'occidente negli anni ottanta avesse cancellato, o anche solo tagliato il debito che i paesi in via di sviluppo avevano contratto con le multinazionali, oggi il Brasile e l'India sarebbero dalla nostra parte, invece ce li abbiamo contro.
Io non sto né con Tsipras né con la Merkel, né tantomeno con i campioni dell'opportunismo mediatico. Cerco solo un modo per stare dalla parte di mio nipote.
venerdì 23 gennaio 2015
Numero Zero, di Umberto Eco
Con questo ultimo romanzo Eco ci propone alcune perline del complottismo nel contesto italiano dell’ultimo dopoguerra.
Non si possono godere i romanzi di Eco senza il gusto della storia, la grande storia, quella che nasconde gialli e sfide in ogni sua pagina. E questa volta il pubblico italiano viene sfidato a fare i conti con le vere manipolazioni subite dalla recente storia politica.
La vicenda
si svolge in una piccola redazione giornalistica appena creata nella primavera
del 1992 quando, sotto il contesto montante di mani pulite, un direttore
spregiudicato trova finanziamenti per lanciare una testata di tipo nuovo,
aggressivo, destinata più a ricattare che ad informare. Il titolo del libro fa
riferimento appunto al numero zero di questo nuovo quotidiano dal nome
programmatico di “Domani”, specializzato
in dossieraggi, che dovrebbe delineare un nuovo ruolo dell’informazione
quotidiana cartacea nell’era del primato televisivo.
Le
discussioni di redazione esprimono molto efficacemente i principi di un modus
operandi giornalistico che purtroppo abbiamo visto svilupparsi e consolidarsi
nella realtà odierna. Il narratore è uno dei protagonisti di questa esperienza,
una sorta di capo redattore che gode della fiducia, per quanto cinica, del
direttore e ne conosce i veri obiettivi. Tra gli altri spicca la figura di
Braggadocio, personaggio chiave che raffigura il complottista tipico, dai
tratti quasi caricaturali. Costui viene ucciso nel momento in cui sta per dare
inizio alla rivelazione del secolo e la sua morte, che avviene nella notte tra
il 5 e il 6 Giugno 1992, dà anche avvio alla narrazione in flash back.
Il
protagonista in realtà viene coinvolto nella vicenda soprattutto come scrittore
di un libro che dovrà narrare la storia del giornale e della sua mancata
uscita. Tale libro porterà il titolo di “Domani:
ieri” come per dire che l’atto censorio che ne ha impedito l’uscita sarà la
regola del futuro. Il narratore è un uomo normale, con le sue debolezze, i suoi
limiti e i suoi sentimenti, che ci conduce, tra un complotto e l’altro, in una
storia d’amore. Si, amore vero, senza cinismo, con i due amanti che si
rivolgono tra di loro con l’appellativo “amore”, appunto. E in questa chiave di affetto e fiducia
reciproca si risolve l’epilogo superando le paranoie.
I COMPLOTTI
qui citati sono principalmente riferiti al ruolo di Gladio e alla sua filosofia
ispiratrice e vengono esposti senza mai ricorrere al termine “anticomunismo”. Non
viene neanche usato pressoché mai termine Mafia, nonostante si accenni anche
alla morte di Falcone. Potrebbe essere una scelta sofisticata, visti i recenti
sviluppi delle inchieste sulle trattative Stato/Mafia.
Viene approfondito
più che altro il filone trame nere, collegandolo con Gladio nell’ottica delle
rivelazioni di Vinciguerra. Poi Gelli, Sindona, Marcincus ci portano alla morte
di Papa Luciani spiegata nei termini in cui ne parla David Yallop nel suo “In
God’s Name”. Non si accenna più di tanto alla massoneria. I servizi segreti
sono quelli stranoti di De Lorenzo, Santovito e Miceli.
Il filo conduttore
per la citazione dei vari complotti è dato dalla ricerca di Braggadocio sulla
finta morte del Duce. Il corpo esposto a Piazzale Loreto non fu il suo, ma
quello del sosia. Quello della Petacci invece fu quello vero perché lei rimase
coinvolta nell’operazione di copertura. Il comandante Valerio fu ingannato ed
anche qualora se ne fosse accorto avrebbe sostenuto la storia per rispettare e
completare la sua consegna. I vari complotti del dopoguerra erano quindi
finalizzati al rientro di Mussolini con culmine nel golpe Borghese. Quest’ultimo
sarebbe fallito nonostante gli accurati preparativi, perché nella notte dell’Immacolata
del 1970 Mussolini, da venticinque anni nascosto in Argentina, sarebbe morto.
Questa è la vera trovata narrativa ed è anche esposta con maestria ironica tale
da rendere piacevole anche la rilettura di cose note.
Il senso
generale del romanzo si può cogliere, a mio avviso, in un moderato appello
etico all’informazione. Il giornalismo, nel suo rapporto con la televisione,
viene descritto in un contesto ironico ma veritiero come inquinato
dall’opportunismo amorale, oltre ogni criterio professionale. Una sorta di
bolgia di esperti in balle credibili. Il complottismo non è però visto come una
conseguenza di questa decadenza morale quanto piuttosto come una sfida a
trovare ciò che è stato nascosto o travisato nella storia. Quasi una reazione
alla pochezza del lavoro giornalistico moderno.
E’ il
romanzo più breve, poco più di duecento pagine, tra tutti i precedenti. Ha la
solita forma del prologo e dell’epilogo contenenti il racconto in flash back. La
lettura è ottima, scorre leggera come non mai nelle sue opere e si dipana tra i
fatti noti alla nostra cronaca politica con vezzo, sintesi e immaginazione.
Tanto da tenere sulle pagine senza mai annoiare anche chi conosce già i fatti e
le loro varie interpretazioni.
Mi è
piaciuto. Eco per me si conferma numero uno. A lui va il merito di aver portato
al grande pubblico e sostenere di fatto il gusto per la tematica cospiratoria proponendola
con una chiave narrativa inattaccabile, in grado di aggirare il pregiudizio
anticomplottista.
Le
recensioni dei vari quotidiani, a partire dal Sole24ORE, si sforzano anche in
questo caso infatti di cogliere tra le righe messaggi di presa di distanza dal
complottismo e lo stesso Eco in varie interviste si atteggia a prudente
conformismo, ma il messaggio continua a venir proposto con chiarezza ed è lì,
sopra il tavolo, dal Pendolo al Cimitero di Praga: la grande letteratura ama i
complotti perché la piccola burocrazia giornalistica li nega.
mercoledì 21 gennaio 2015
La Moretti e gli alpini
Moretti,
candidata PD alle prossime regionali del Veneto, vuole i voti degli alpini.
Quest’anno ricorre
il centenario della entrata in guerra e gli alpini sono una delle associazioni
più forti e coese dell’associazionismo norditaliano. Il loro endorsement
(inteso come appoggio discreto) è molto utile e conteso tra Lega e PD.
Perciò la
campionessa del bellismo televisivo di centrosinistra punta ad accaparrarsi le loro
simpatie difendendo loro il diritto di voto. Il 17 Maggio, data elettorale,
infatti coincide con la data della Adunata Nazionale degli Alpini a L’Aquila
portando in Abbruzzo qualche migliaio di elettori veneti.
Il tema era
già stato sollevato dalla Lega denunciando la datazione governativa come una
manovra insipiente dei governanti romani che non conoscono il Nord. La LEGA però,
a differenza della Moretti, non si era spinta fino a proporre il 24 Maggio come
data alternativa.
Il 24 Maggio
infatti coincide a sua volta con il centenario dell’attacco ai confini
imperiali e pertanto, soprattutto con gli alpini galvanizzati, assumerebbe un significato
italianista ancor più antivenetista. Fossi in Zaia perderei anche un migliaio
di votanti alpini pur di non votare il giorno in cui rieccheggerà nei ricordi
familiari il verso che dice: Il Piave mormorò: non passa lo straniero … era per
l’ITALIA che i nostri morivano.
lunedì 12 gennaio 2015
Appunti WW3
Con l’operazione Charlie Hebdo/Iper Cosher l’opinione
pubblica è stata efficacemente mobilitata dai media internazionali in favore
delle vittime: giornalisti, civili inermi, cittadini comuni ebrei. La stampa
internazionale, o meglio il ceto dei giornalisti, è stato completamente
galvanizzato sul tema della difesa del diritto di parola e del diritto di
satira. L’enfasi emotiva è stata posta soprattutto sulla necessità per
l’occidente di salvaguardare i valori liberali difronte all’attacco
terroristico che ad essi viene mosso dal fenomeno islamista non più
geolocalizzato in Medio Oriente, ma in casa europea.
Alcune considerazioni. La vicenda ha dato lo spunto ad
alcuni commentatori indipendenti per dire con chiarezza che sul piano geo
strategico ISIS è una conseguenza della decisione di Bush nel 2003 di attaccare
Saddam Hussein e dell’appoggio che Obama ha dato ai ribelli siriani per
abbattere Assad. Anche la distruzione della Libia ha contribuito alla
riorganizzazione delle forze islamiste radicali.
L'analisi, già da tempo acquisita nelle riviste specialistiche,
secondo la quale dietro ISIS ci sono gli interessi strategici della autocrazie
arabe (saudite in particolare) le quali non vogliono che si diffondano modelli
parademocratici nei paesi arabi decisivi per il petrolio, è stata praticamente ignorata. Ciò ovviamente è legato ai condizionamenti strategici che quei paesi sono oggi in grado di esercitare sull'Occidente. Ne è un esempio il Qatar per gli investimenti finanziari in Italia (Alitalia). Lo stesso Renzi durante i fatti francesi era in visita di Stato presso gli Emirati.
Il gesuita Bergoglio, oggi papa Francesco, ha commentato i
fatti parigini con parole che si distinguono dal coro dei paesi NATO. Egli ha
detto: “L’attentato di ieri a Parigi ci fa pensare a
tanta crudeltà, crudeltà umana; a tanto terrorismo, sia al terrorismo isolato,
sia al terrorismo di Stato. Ma la crudeltà della quale è capace l’uomo!
Preghiamo, in questa Messa, per le vittime di questa crudeltà. Tante! E
chiediamo anche per i crudeli, perché il Signore cambi il loro cuore”. Che significa “terrorismo di stato”? Quale
Stato pratica il terrorismo?
Il giorno dopo la manifestazione parigina con annesso
vertice WW3, Pope Francis ha commentato ufficialmente i fatti in quanto capo di
stato attraverso un discorso alle diplomazie. I telegiornali italiani ne hanno
dato notizia focalizzando una sorta di appello all’ISLAM affinché vengano fatte
dichiarazioni formali per una presa di distanza dalle pratiche violente. Non
traspare una condivisione emotiva all’enfasi parigina.
Gli americani hanno espresso piena solidarietà ma senza
stare al gioco enfatico della libertà di satira. Evidentemente non vogliono
turbare i sauditi che sono sostenitori della linea neo-iconoclasta. Obama non ha
partecipato alla marcia parigina dando un segnale di non entusiasmo verso
l’operazione. Il tema relativo alla partecipazione di Lavrov, partecipazione che
era stata annunciata più volte nella giornata di sabato, non è stato ripreso
nelle cronache e nei commenti del giorno successivo. Che è successo? Qual è stato
l’atteggiamento della Russia verso il vertice? Putin è un partner formidabile
nella lotta al terrorismo jihadista, ma l’informazione si è guardata bene dal
nominare Putin, negli elenchi delle precedenti azioni terroristiche non ha mai
incluso la strage di Beslan (172 bambini, 380 corpi) e la posizione di IRAN e
SIRIA sull’attentato e sul vertice. Pensavo fosse un comportamento obbediente
ai desideri di Washington, (perché Putin dopo l’11 Settembre aveva proposto
agli americani una collaborazione contro il terrorismo islamico, ma Bush decise
di fare da solo per tenere fuori la Russia dallo scenario arabo-petrolifero) ma
forse non è così; c’è dell’altro da analizzare. Aspettiamo un po’ di tempo.
Putin però ha ribadito anche in questa occasione la disponibilità
della Russia a collaborare. Questo lo spot ufficiale:
Russia Today, espressione di una comunicazione non
allineata, ha trasmesso in diretta la telecronaca della marcia parigina. L’ha
chiamata Unity March to pay tribute on the victims of the terror attacks that
killed 17 people, including journalists and policeman.
I relativi talk show testimoniano la consolidata esistenza
di un sentimento diffuso in Europa, anche se ancora minoritario: quello di
ritenere gli atti di terrorismo in occidente come episodi non spontanei ma
programmati in funzione WW3.
sabato 10 gennaio 2015
Upgrading WW3
Oggi c'è stata la grande manifestazione di Parigi per la solidarietà internazionale alle vittime, in particolare ai giornalisti, della sparatoria avvenuta nella redazione di Charlie Hebdo. La manifestazione di massa, che ha effettivamente coinvolto la popolazione francese sotto l'effetto emotivo, è stata lo scenario mediatico ove collocare il vertice antiterrorismo tra i paesi che si considerano in guerra con ISIS.
Tale vertice è probabilmente il vero obiettivo di una operazione tesa a creare le condizioni per un upgrading militare nello scontro in atto per la transizione post petrolifera. Sapremo a piccole dosi andando avanti col tempo quali nuove misure abbia veramente adottato il vertice tra servizi, quello però che si può già intuire è che ci saranno misure di protezione estese anche alle redazioni dei giornali militarizzandone così il controllo. Non so se dopo questo vertice con manifestazione legittimante avremo più o meno libertà di stampa, quello che è certo è che i francesi erano in quella piazza per difenderla mentre quelli che erano a vertice antiterrorismo erano in quella stanza per averne di meno. e mi dispiace un po' per quei milioni di francesi che, abbagliati dall'inganno mediatico di questi giorni, sono andati con il cuore di chi manifesta per la pace, ad una manifestazione per la guerra.
Si può poi ipotizzare che in tale vertice siano statai presi tanti impegni per lo scambio di informazioni, ovvero accessi on line a dossier riservati tra polizie e servizi segreti occidentali. Una relativa novità in questo senso potrebbe essere stato il coinvolgimento più stretto del Mossad. Il che spiegherebbe la presenza di Nethaniahu e il carettere esplicitamente antiebraico dell'attaco congiunto a quello attribuito ai fratelli Kouachi, quello all'iper coscher. Nethaniahu infatti è interessato ad ottenere maggiore libertà e titolarità di azione in tutte le comunità ebraiche del mondo. In pratica sta candidando Israele a fare da gestore di una speciale security ebraica gobale. Ma questo lo vedremo andando avanti.
Un altro tema ipotizzabile è quello della stretta sulla rete. Il web è troppo libero e i negoziati internazionali per la sua regolamentazione non favorirebbero la Coalizione, ovvero il grupo di paesi belligeranti, quei paesi che belligerano illegittimamente, ovvero senza l'egida dell'ONU.
Potranno poi esserci anche altre frattaglie e trippette per gatti tipo quelle invocate da Alfano e finalizzate a controllare meglio i flussi del Mediterraneo. Sia Frontex che Mare Nostrum costano troppo e quindi il loro rifinanziamento potrebbe essere una contropartira spicciola per un ruolo più marcato dell'Italia nella guerra.
Buona fortuna.
mercoledì 7 gennaio 2015
Global safety fighters.
Ebola è certamente una minaccia molto seria, ma lo è in termini potenziali, esattamente come i missili e la guerra nucleare. Il virus ebola, e il conseguente pericolo, c'erano già da decenni, ma oggi si aggiunge il vero nuovo rischio: quello di un contagio globale esplosivo, conseguenza assolutamente prevedibile della globalizzazione. E la capacità di fronteggiare quel rischio non dipende da Big Pharma.
Occorrerebbe infatti rafforzare le authority sanitarie internazionali e occorrerebbe accelerare l'adozione delle nuove procedure di sicurezza dei trasporti globali. Tutto questo però riguarda i politici, non gli investitori... E se aspettiamo i negoziati internazionali, se ci mettiamo in coda tra i vari sistemi sanitari nazionali per fare i test, allora i costi della ricerca non li ammortizziamo più. E Big Pharma non ci sta. Non ha tempo da perdere dietro alle spocchiose vecchie procedure. Ecco quindi che occorre dare magnitudo mediatica ai casi africani dove si sperimenta da decenni senza regole e dove si può mettere in riga i governi senza spendere troppo tempo e groppo denaro... Bisogna accelerare, non chiacchierare. Così la pensano i fratelli di grembiule. Grembiuli imbiancati, come i camici baronali.
Vanno pertanto premiati quei paesi che non perdono tempo prezioso ad aspettare le noiose linee guida dell'OMS. I governi più solerti saranno quelli che potranno poi accedere per primi ai benefici dei farmaci di nuova generazione. Sono i pazienti zero, quelli che producono scambio emoterapeutico di nova generazione, a rappresentare i nuovi eroi. Sono gli alfieri dei nuovi esercitini di ebola fighters. Il loro sangue salverà l'umanità e il loro corpo è un Tempio dove col rischio e il sacrificio personale l'umanità ha trovato le scorciatoie per salvarsi.
Grazie ai nuovi eroi.
E complimenti a Big Pharma.
venerdì 2 gennaio 2015
1915, di Fasanella e Grippo
Lettura interessante, anche se iltesto è un po' diluito, Va bene per approcciare il tema della grande guerra sul quale, in vista del centenario dell'entrata in guerra italiana, l'editoria sembra muoversi in queste settimane.
Lettura
L’introduzione promette un libro di storie narrate senza enfasi o ipocrisie patriottistiche.
Lettura
L’introduzione promette un libro di storie narrate senza enfasi o ipocrisie patriottistiche.
Per quanto
attiene al ruolo dell’intelligence italiana, allora ai primordi e in via di
formazione, il periodo della neutralità del 1914 serve a preparare l’entrata in guerra
dalla parte della Intesa.
Il contesto di segretezza in cui le operazioni
vengono svolte permette di farlo senza uscire dalla Triplice alleanza della
quale l’Italia continua a far parte. Si arriva quindi al 1915, anno che dà il
titolo al libro. In quell’anno con l’entrata in guerra dell’Italia contro
l’Austria prende avvio un massacro che dimostra tutta l’impreparazione e
l’inadeguatezza militare del nostro Paese che si troverà alla fine con un
drammatico bilancio: circa 600.000 morti italiani, 500.000 invalidi e mutilati,
60.000 prigionieri di cui si è persa ogni traccia. Il tutto in un fronte che ha
visto ammassati 5.600.000 italiani.
L’alpino
spia.
Tullio MARCHETTI è il filo conduttore della narrazione.
Ufficiale degli
alpini di stanza nel nordest d’Italia percorre e ripercorre i confini come capo
dell’Ufficio Informazioni 1^ armata Verona per mappare i futuri scenari di
guerra. Raccoglie informazioni sui movimenti che avvengono oltreconfine e si
avvale di una rete di informatori che scrivono cartoline e lettere cifrate di
vario genere.
E’ un trentino di
Bolbeno, irredentista convinto. Negli anni recedenti il conflitto le
associazioni culturali e sportive con la scusa di innocue biciclettate
realizzano veri e propri raduni patriottici che forniscono i suoi agenti.
Il Club
Alpino Italiano e la SAT (società alpinisti tridentini) fanno in modo che “l’andare
per montagne era come esercitarsi in una palestra di patriottismo”. Dalla SAT
Marchetti ottiene la chiave dei rifugi che gli permette un notevole lavoro di
mappatura e fotografia. Ma anche un sistematica opera di reclutamento che tra
il 1875 e 1915 fornirà, servendosi della Unione Ginnastica, del Veloce Club e
varie bande musicali, tutto il vivaio di informatori e spie.
Ecco un paio di vicende che mi hanno particolarmente stimolato ed incuriosito.
Nel Marzo
del 1916 l’Ufficio Centrale di Informazioni registra nel clima del Paese una
situazione di criticità politico-sociale e diffonde una nota che segnala un
pericolo per il ministro dell’interno Orlando.
Alla base del pericolo starebbe
il fatto che nell’esercito un particolare settore di ufficiali non si sente
sicuro e degnamente rappresentato. L’ufficio si concentra in particolare nel
monitoraggio della massoneria di palazzo Giustiniani. Il controspionaggio
controlla e documenta ogni riunione. Si teme che nel Grande Oriente si scateni
l’attivismo terroristico repubblicano. “Si prospetta una alleanza tra massoni
repubblicani, socialisti interventisti e una parte dell’esercito vicina ai
Fratelli” lo stesso Giolitti, seppur emarginato, lamenta il pericolo di un
governo militare antiparlamentare.
In tal contesto Cadorna nella primavera del
17 avrebbe giocato un’intentona conclusasi con la sostituzione del capo dei
servizi segreti. In ogni caso secondo la ricostruzione del libro, Cadorna
arriverà al massacro di Caporetto fortemente delegittimato e circondato da
generali massoni a lui avversi.
I moti
operai della Torino del 1917, studiati da Gramsci, sono considerati come la
versione italiana del tentativo di far franare dall’interno il fronte italiano
secondo il modello russo. In proposito il questore di Torino scrive
esplicitamente usando la formula della “insurrezione armata contro i poteri
dello Stato”. Gramsci scrive in “Passato e presente” che i fatti di Torino
furono certamente spontanei a causa dalla mancanza di pane, ma tale mancanza
non fu casuale bensì dovuta al boicottaggio della burocrazia giolittiana.
Pg. 245 –
massoneria e forze armate.
Nell’Ottobre
del 1917 il crollo russo offre una opportunità di riorganizzazione strategica
per la Germania. Essa infatti col piano Waffentreu attacca il nostro fronte per
ributtare gli italiani oltre i tagliamento. Allo scopo sposta i cannoni e
spedisce migliaia di treni verso sud. E’ difficile credere che l’Italia non se
ne accorga, ma l’unica tattica che essa adotta è quella della difesa ad
oltranza. Sul Tolmino cannoni di Badoglio tacciono per tutta la notte del 24 e
solo giorno dopo ci si rende conto dell’enorme disastro militare. Undicimila
morti, trentamila feriti, mezzo milione di sbandati, ritirata da Isonzo a
Piave. La sede di Udine viene lasciata sguarnita e l’Evidenzbureau si appropria
di tutti i codici e delle mappe relative all’ubicazione delle stazioni
d’ascolto. Tra le carte vi sono anche i nomi degli informatori trentini.
Cadorna
viene sostituito con Diaz. Ciò accontenta gli alleati che non lo sopportavano
ma accontenta anche la massoneria. Badoglio era massone e perciò nonostante
fosse stata la sua armata, la 27^ a cedere per prima spezzando il fronte, egli
verrà protetto durante i lavori della commissione d’inchiesta.
Pg 249 – Ai
primi di Novembre 1917 l’Ufficio Centrale di Informazione si concentra su un nuovo pericolo interno: un
complotto golpista dei settori massonici più interventisti.
Sono repubblicani
antiparlamentaristi. Il loro comitato segreto di guerra stila liste di
socialisti e dei giolittiani da eliminare ecc. nell’ambito di un moto
rivoluzionario che proclami l’abbattimento della monarchia. Sono tanti e bene
armati, dicono i rapporti, e possono contare su appoggi capi militari e
dirigenti pubblici. Temono il rischio di una pace separata. E quindi sono quasi
certamente sostenuti e finanziati da Austria e Germania. Sono però sostenuti
anche dai grandi industriali che fanno affari con la guerra. Ansaldo, acciaierie
di Terni e Fiat sono quelli nominati dal libro, ma in quel periodo anche
Marzotto viveva di commesse militari. Qui a pagina 251 si ricorda che Ansaldo
nel 1914 aveva un patrimonio di 45 milioni di lire e alla fine della guerra il
patrimonio ammontava a 135,5 Milioni di lire.
I golpisti
fissano la data dell’attacco a Febbraio 1918. L’insurrezione, che viene
preparata nel segreto assoluto, dovrà attaccare anche il Vaticano. Le riunioni
avvengono col cappuccio e si giura sul pugnale e sul teschio.
255 – Tullio
Marchetti nel 1918 “metterà su l’Arena per seguire le fasi finali del
conflitto” e viene scelto da Diaz per la firma finale dell’armistizio di Villa
Giusti il 3 Novembre 1918.
La storia
dell’Alpino spia ha fin qui funto da leit motiv del libro. Ora l’ultima parte,
la settima, racconta della guerra dei codici.
Telegramma
Panizzardi.
E’ un episodio di fine ottocento, legato anche al caso Dreyfus. 15
Ottobre 1894 arresto del capitano francese con l’accusa di spionaggio a favore
di potenze straniere. Germania e Italia nelle settimane successive alimentano e
sostengono i giornali francesi che montano lo scandalo, mentre i principali
giornali francesi montano una campagna anti italiana. Il colonnello Alessandro
Panizzardi è l’addetto militare presso l’ambasciata italiana a Parigi e
sollecita, con messaggi cifrati, il governo italiano a smentire le voci di
contatti preliminari con Dreyfus. Il Bureau de Chiffre in poche ore individua
il codice usato: si tratta di un codice commerciale elaborato dall’ingegnere
torinese Paolo Baravelli. Un codice debole, non protetto da sovracifrature. Le
autorità francesi sfruttano il vantaggio per lasciar montare l’ostilità della
pubblica opinione contro i paesi della Triplice Alleanza, anche sacrificando
l’onore del loro capitano il quale, dopo essere stato mandato in Guyana, ile du
Diable verrà scagionato solo nel 1906.
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