[9 Novembre 2020]
Parte la 46ma settimana dell’anno con la mattanza di verità
su Trump e la sua sconfitta. Anche Biden porta il numero 46 perché se è vero
che sarà il nuovo presedente ce ne saranno stati 45 prima di lui. Quindi la
nuova settimana potrebbe fungergli da viatico numerologico. In realtà la
sconfitta in quanto atto politico è solo una montatura mediatica perché sul
piano formale bisognerebbe aspettare la proclamazione dei risultati e
l’investitura, ma sarebbe troppo al giorno d’oggi. I grandi investitori hanno
bisogno di tempi brevi e decisioni veloci altrimenti la democracy diventa
scomoda…
Il numero dei voti finora noti, cioè 74 milioni per Biden e
71 per Trump, non possono essere evocati come prova della vittoria da parte dei
bideniani (cioè quasi tutta la stampa e la televisione) perché sarebbe un
argomento ossimorico. Infatti è stato proprio Trump a vincere con un simile
scarto di voti quattro anni fa quando giunse numericamente secondo, ma
scrutinariamente primo. E vinse. Quindi usare questo argomento sarebbe di cattivo
auspicio per la tifoseria bideniana oltreché paradossale sul piano semantico.
I tempi incalzano. INTERNATIONAL NYT se lo chiede
nell’articolo di spalla: inizia il lavoro di Biden, il quale deve sbrigarsi a
mappare i piani. E in ogni caso, ci spiegano le pagine interne, la priorità è iniziare
a demolire le politiche di Trump senza svelare le proprie per evitare che nel
periodo che intercorre tra oggi e la nomina quest’ultimo metta le mine ed avveleni
i pozzi.
Il corriere della sera esce con le valutazioni degli
analisti sulla sconfitta trumpiana tra i quali Paolo Mieli che si dà da fare per
benedire l’allineamento degli organi di informazione americani come se fosse un
segnale di rilancio della informazione giornalistica. Vabbè.
Più interessante invece il commento ironico di Salvatore Cannavò su FQ che sberleffa La Stampa e la sua idea retorica che farebbe dell’elezione americana “IL 25 APRILE DELL’AMERICA E DEL MONDO”.
In quell’articolo e meglio ancora in quello di Gramaglia, viene colto il retroscena interno al fronte bideniano il quale, considerandosi vincitore, comincia a battersi per gli incarichi di governo e lascia scorgere una dialettica con la sinistra di Bernie che teme l’emarginazione nelle future nomine.
Inutile per me pronosticare che
sarebbe tipico della sinistra farsi male anche stavolta baruffando sulle “careghe”…
Ma tant’è; se da questa rissa dovesse almeno emergere la Ocasio-Cortez potrei
provare un certo brivido vetero-sinistrorso che mi manca da anni.
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Time for Biden to start planning policies and priority, But if the first thought is for the vaccine are we sure that the next president is independent of Pfizer's interests?
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