Il 13 marzo scorso, giusto una settimana prima di compiere
72 anni, l’attore americano William Hurt è morto a causa di un tumore alla
prostata. Egli era stato il vincitore dell’Oscar per il film Il
bacio della donna ragno, uscito nel 1985.
Vita e amori travagliate ebbe molte donne, molta droga (marijuana
e cocaina) e fece un sacco di film. E’ sempre stato presentato dalla stampa
italiana come divo “timido e seducente”.
Oggi si scrive che è morto tra “terribili
dolori” perché, pulito da decenni, rifiutava gli oppiacei. Il suo declino
presso l’opinione pubblica era iniziato quando l’attrice Marlee Matlin, con la
quale ebbe una relazione biennale ai tempi del film Figli di un Dio minore,
scrisse una autobiografia in cui lo accusava di continue violenze e abusi. Di
lui, del quale sono coetaneo, ricordo in particolare i film Stati
di allucinazione di Ken Russel e Il grande freddo di Lowrence Kasdan.
Nel primo, uscito tnel 1980 l’assunzione di sostanze allucinogene
provoca nel protagonista mutazioni biologiche e genetiche. Nel secondo, un
gruppo di amici ex sessantottini partecipano al funerale di un comune amico e ricordano
le lotte di contestazione all’università del Michigan.
Ricordo che in quest’ultimo film mi identificavo col
personaggio, ma oggi ho consapevolezza che quella di Hurt è una biografia
problematica perché era stato vittima delle droghe con cui l’establishment psico-poliziesco
anglo americano ha represso il movimento giovanile.
La sua ultima partecipazione è stata nel film Black
Widow con Scarlett Johanson girato nell’autunno del 2019 quando Hurt
era già ammalato. A causa delle restrizioni Covid poi il film è uscito nel
2021.
Amen
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