Sul Fatto
Quotidiano di Lunedì Lorenzo Tosa riassume aspetti meno noti dello scenario
retrostante alla trattativa Iran-USA sulla sicurezza nucleare. In particolare
gli articoli si riferiscono a allo scontro cibernetico iniziato ne 2006 da G.W.
Bush dando vita alla Operazione Olympic Games.
Si tratta di
un “ciclo di attacchi digitali” aventi per obiettivo le centrifughe nucleari
iraniane. Il centro fisico degli attacchi era la centrale di Natanz sulla quale
si sono scaricati i tentativi di penetrazione con virus di tipo malware che
ebbero alla fine successo attraverso il PC di un tecnico nel 2010.
Gli iraniani
se ne accorsero quando la diffusione nella propria rete era già avanzata grazie
ai collegamenti internet, grazie ad una azienda di consulenza informatica
bielorussa. Edward Snowden confermò nel 2013 l’esistenza di un piano
israelo-americano addossandone la responsabilità a Foreign Affairs Directorate
e successivamente Washington ha accusato Israele di modifiche sul virus in
senso molto più aggressivo.
Gli iraniani
non sono stati fermi e hanno attaccato – sempre per via informatica - la Jp
Morgan e altre banche ed hanno evoluto molto rapidamente la qualità dei loro
attacchi al punto da preoccupare seriamente Washington e indurla ad accelerare
la ricerca della pace informatica. Da qui la trattativa ed il suo esito
anticipato nel Febbraio scorso dalla pubblicazione di prove documentali che
dimostrano e ricostruiscono tutta la cyber war di questi anni.
L’articolo mi
rimanda all’analisi di Roberto Toscano, ex ambasciatore in Iran, pubblicata
nell’autunno del 2013 su LiMes. L’apertura della trattativa era stata
annunciata ufficialmente dai due discorsi tenuti da Obama e Rohani alla
Assemblea Generale delle Nazioni Unite Martedì 24 Settembre 2013.
Tali
discorsi furono un segnale potente per una fase di disgelo reale nel quadro
complessivo dei rapporti tra USA e IRAN. E la individuazione del nucleare come
tema da cui partire diede conferma alle speranze. Inoltre nel suo discorso
Obama aveva annunciato anche una esplicita esclusione ad una politica di regime
change.
Ora
sappiamo, grazie agli articoli New York Times cui si ispira l’articolo di Tosa,
che a sostenere le aperture di Obama sottese a quel discorso c’era anche lo
scontro con Israele. Il falco Nethanyahu, infatti, ingannando la stessa
Washington, aveva sferrato un duro attacco informatico alle centrifughe d
arricchimento nucleare iraniane.
Iran e Stati Uniti, in rotta da trent’anni,
hanno già collaborato militarmente nel 2001 durante l’attacco all’Afghanistan quando
gli iraniani scambiarono informazioni e ospitarono atterraggi dell’aviazione
USA sul terreno iraniano. Ma il successivo avvento della fase conflittuale
Bush/Khatami aveva azzerato ogni aspettativa. Alla base del rilancio delle
reciproche ostilità vi era la “illusione unilateralista” di Bush, ovvero l’idea
di poter imporre una egemonia unilaterale nella regione grazie alla superiorità
militare.
Per noi
occidentali oggi è facile incolpare Bush, ma il vero problema delle relazioni
USA/IRAN è Israele e la politica dei suoi falchi. La possibilità del nuovo
accordo nucleare di stabilizzarsi dipende tutta da costoro, e la vittoria elettorale
di Nethanyahu non promette nulla di buono.