Che la rivoluzione di Lenin e Trotzkj sia
stata fatta in novembre è sempre stato chiaro agli occidentali. Lo spiegò subito
John Reed nel suo famosissimo testo Ten Days that shook the World del 1919.
Questo storico libro scritto dall’unico americano sepolto
sotto e mura del Cremlino si apre con la scritta che Lenin volle di persona per
raccomandarne “senza riserve” la
lettura a tutti i lavoratori del mondo, in quanto: “Vi sono esposti in forma vivida e precisa avvenimenti estremamente
significativi per comprendere che cosa sono in realtà la rivoluzione proletaria
e la dittatura del proletariato”.
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Il numero 1 della
rivista INTERNAZIONALE EXTRA uscito il 25 ottobre 2017 a cento anni dalla
rivoluzione, offre al lettore una corposa rassegna di articoli scritti
all’epoca.
Tra essi scelgo Trotzkj e il suo articolo su Novyj Mir del
12 Marzo 1917. Trotzky era appena giunto negli Stati Uniti nel Gennaio 1917 e,
ospitato dalla redazione della rivista degli esuli che allora era diretta da
Nikolaj Bucharin e Alessandra Kollontaj, pubblicò un articolo che descriveva la
situazione in Russia. Vi si legge che c’è la guerra come nel 1905 ma i
lavoratori vogliono pace, pane e libertà. Contro di loro il governo mobilita i
cosacchi e ancora una volta nelle strade si vedono i lavoratori rivoluzionari
affrontati dalle truppe dello zar. La guerra è arrivata quando in Russia era
già in fermento l’ondata rivoluzionaria, scrive Trotzkj, e ora le masse
affamate difronte alla repressione scendono in piazza. Quale dev’essere la
tattica della classe lavoratrice? Ebbene
caduta la maschera del nazionalismo patriottardo e al cospetto di questa “criminale anarchia dello zarismo
rasputiniano” il proletariato socialista della Russia abbandona le
posizioni nazionaliste che ammorbano l’Internazionale e ci esorta a non
mitigare anzi ad inasprire la lotta rivoluzionaria.
Questi eventi “forgiati nel fuoco”, scrive sempre Trotzkj,
ci fanno testimoni dell’inizio della seconda rivoluzione russa e molti di noi,
è la nostra speranza, vi prenderanno parte.
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Ora può risultare
molto curioso per un lettore valdagnese, osservare che mentre Trotskj scriveva
tali profetiche parole dagli Stati Uniti, il ventitreenne Gaetano Marzotto,
caporale della seconda Armata, fu uno di tali testimoni perché si trovava in
licenza in Russia, esattamente a Pietrogrado, albergo Astoria.
Era membro della delegazione italiana capitanata dalla
Camera del Commercio di Genova con l’obiettivo di tracciare le basi per un nuovo
piano commerciale Italia/Russia dopo la crisi della industria tessile tedesca e
la distruzione delle fabbriche polacche dovute ai tre anni di guerra
precedenti.
Lo racconta molto bene Piero Bairati nel suo libro SUL FILO
DI LANA edito da Il Mulino nel 1986 (pgg 140 – 150)
Il 12 Marzo 1917 la Duma (parlamento russo) si schierò con
la rivoluzione e il 15 Marzo lo zar abdicò. Ebbene nella notte tra il 13 e il
14 Marzo la folla rivoluzionaria occupò Palazzo Makinsky in Piazza Maria difronte all’Astoria e, dopo qualche fucilata
una delle quali raggiunse proprio la stanza di Gaetano Marzotto, fece irruzione
nella hall. La delegazione italiana con valige e bandiere si fece largo tra la
folla. Una folla che, stando al resoconto del presidente camerale Augusto
Jaccarino, non era affatto ostile verso gli italiani anzi “costituì
spontaneamente una guardia d’onore” (146) che permise ai nostri di raggiungere
l’ambasciata italiana. L’ambasciata che in quelle ore offriva asilo agli italiani,
era di fatto trasformata in un improvviso bivacco tanto che qualcuno del nostri
“trovò posto nella sala del bigliardo, sul panno verde”. Tale annotazione di
Bairati lascia pensare ad auspici commerciali per i panni di Marzotto, ma come
sappiamo dalla storia poi non fu così. Nei giorni successivi da quella
ambasciata partì una delegazione italiana che venne ricevuta dalla Duma per
sollecitare un riconoscimento ufficiale al nuovo governo, quello di Kerenskj
che verrà poi rovesciato dai bolscevichi nell’ottobre (Novembre) successivo.
***
Nel testo di John Reed viene introdotta una cronologia degli
avvenimenti del 1917 riferita ad entrambi i sistemi di datazione in vigore all’epoca:
quello del vecchio calendario giuliano russo e quello riferito al calendario
gregoriano.
Tra i due sistemi vi sono tredici giorni di differenza e
pertanto il momento apicale della presa di potere bolscevica porterà la date
del 25 e 26 Ottobre nei documenti autoctoni, ma 7 e 8 Novembre nelle
corrispondenze dei cronisti occidentali. I bolscevichi introdurranno la
datazione gregoriana pochi mesi dopo, precisamente il 14 febbraio del 1918, e John
Reed userà sempre l’espressione “Rivoluzione di Novembre”. E con tale dicitura
essa circolerà anche in Italia tra i comunisti clandestini nel ventennio
successivo. Tuttavia essa passerà alla storia come rivoluzione d’ottobre e anzi
la stessa parola “Ottobre” diventerà evocativa dell’idea stessa di rivoluzione
proletaria.
Molto di questo è dovuto al film di EJZENSTEJN Oktiabr’
presentato nel 1928 per il decennale della Rivoluzione. Può risultare curioso
osservare che tale film uscì con qualche mese di ritardo cioè appunto nell’anno
1928 anziché 1927, per eliminare le scene con Trotzkj, caduto in disgrazia.
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