“Forse Torneremo Vivi”… Era lo slogan degli studenti per canzonare l’azienda del
trasporto pubblico extraurbano della mia provincia. Una azienda ricca di
storia, partecipata da Marzotto per il trasporto su rotaia della lana fin
dentro dritto allo stabilimento di Valdagno. Poi, nei primi anni settanta, quando
da decenni trasportava studenti e operai, venne ceduta interamente al settore
pubblico, l’Ente Provincia e alcuni comuni, per sgravarsi delle perdite. La
motivazione era legata al fatto che avendo essa una funzione sociale doveva
essere scorporata dalla società di produzione laniera per permettere la normale
ricerca del profitto in quanto società privata.
Era il segnale localmente più
significativo del nuovo corso marzottiano, e cioè un segnale chiaro per la
comunità, la quale doveva prendere cognizione di essere difronte ad un’impresa che
si voleva più attenta alla efficienza aziendale e meno condizionabile dalle
necessità sociali. Il vecchio conte Gaetano, l’ultimo paternalista del secolo
ventesimo, era morto nell’estate 1972. E verso il 1978 la dismissione di ogni
trasporto su rotaia era completata in favore del servizio su gomma.
Agli inizi degli anni settanta quindi la società di
trasporti assunse la denominazione di Società per l’Ammodernamento e la Gestione
delle Ferrovie e Tramvie Vicentine, FTV appunto, successivamente SpA, dalla
quale, aldilà delle battute, gli studenti, compresa mia figlia che l’ha utilizzata
ogni giorno per cinque anni, sono sempre tornati vivi.
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Lo spunto per questa riflessione mi sovviene ripensando al
fatto che un anno fa, il 27 gennaio 2017 a Noventa ha preso fuoco, bruciando
alla grande, un pullman doppio della nuova società di trasporti, la SVT
(Società Vicentina di Trasporti) che ha incorporato la vecchia FTV. Nessun ferito,
ma segnale di grave stato e mancanza di sicurezza dei mezzi di trasporto.
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Il dubbio scaramantico di restare vivi o meno sui mezzi di
trasporto pubblico non è dovuto a malafede o pessimismo, ma alla triste realtà
dei fatti. Il più grave dei quali risale al 1956 quando sulla “strada dei Re”,
ora dismessa, tra Campogrosso e Pian delle Fugazze precipitò nel vuoto un
pullman tipo Leoncino determinando la morte di oltre quindici turisti. L’autista,
il giovane Giuseppe Girotto, figlio dell’ex capo dei vigili di Valdagno, venne
condannato a cinque anni e passa di prigione.