L’articolo del New York Times di venerdi scorso non descrive
una buona situazione per l’Italia. Il nostro paese viene descritto male
mettendo al centro in prima pagina una foto del quartiere Tamburi di Taranto,
un quartiere la cui skyline non è particolarmente accattivante.
Lo scopo dell'articolo, che porta la firma di Peter S.
Goodman, dovrebbe essere quello di chiarire al pubblico anglofono lo scenario
italiano alla vigilia del voto, ma in realtà lo confonde scegliendo un punto di
vista, le acciaierie di Taranto, che risulta triste ed umiliante per poi
proseguire sulla crescita, il debito, la disoccupazione e la inaffidabilità
della classe politica. E cosi, sfiorando la denigrazione, anziché chiarire,
oscura l’immagine del nostro paese fin dal titolo.
In quest’Italia i giovani non hanno fiducia. Sono
disoccupati o precari e vedono una economia ossificata con una classe politica
che ha fallito il tentativo di rilanciarla. Tra i segnali di ripresa in Puglia
alcuni timidi successi, come la pasta Divella, vengono oscurati dalla
catastrofe delle acciaierie che inquinano e sono destinate al fallimento. A tal
proposito le difficoltà sanitarie della Puglia occupano un paio di colonne al finale
dell’articolo. E in questo quadro si riaffaccia Berlusconi il quale,
riabilitato dopo essere caduto in disgrazia per evasione fiscale e “sex-filled bachanals” (gozzoviglie piene
di sesso) riemerge dalla selva oscura per diventare kingmaker.
Gli analisti, scrive Goodman, dubitano che i 5 Stelle
prendano seggi sufficienti a formare un nuovo governo ma esiste la remota
possibilità che essi si alleino con la Lega (che qui viene chiamata ancora Northern League saltando quello che è in
realtà un passaggio chiave della recente evoluzione politica ovvero il nuovo
ruolo lepeniano di Salvini) una alleanza che potrebbe far crepitare i mercati
finanziari.
Insomma la tesi di fondo dell’articolo è che in Italia
un’economia moribonda e un disprezzo per la politica si aggiungono alle
preoccupazioni del continente. La mia opinione non è molto lontana da questi
giudizi ma ciò nonostante provo un senso di tristezza e ingiustizia nel
leggerli sul New York Times. E mi rammarica pensare che ci sia un po’ di
strumentalità da parte di un giornale che dopo aver attaccato Trump per un anno
ora si mette a sostenere le sue politiche protezioniste.
Non può sfuggire infatti che l’articolo appare in prima
pagina lo stesso giorno in cui gli USA annunciano dazi su alluminio e acciaio
in un nuovo quadro di ostilità commerciali (vedi Jeans Levi’s) contro l’Europa.
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