Il 1968 in Italia fu lanciato mediaticamente dai fatti di
Valle Giulia; fatti che ancora oggi lo rievocano. In realtà era già da oltre un
anno che gli studenti praticavano le nuove forme di contestazione ed occupavano
le università chiedendo un mondo nuovo.
Come insegna oggi la Storia si trattò di un fenomeno globale,
non di un fatto domestico come invece viene ricordato in questi giorni dal
dibattito giornalistico. Tra gli studenti di quegli anni si stava diffondendo
un modello di comportamento di tipo spontaneistico, che si opponeva di fatto
allo statuto disciplinare vigente nei collegi universitari. Si affacciavano
infatti all’età adulta le nuove leve demografiche in parte cresciute all’insegna
delle pedagogie tolleranti. E l’episodio rivelatore risaliva al 1964 quando a
Berkeley era nato il Free Speech Movement. In tale occasione studenti che,
insolitamente, si erano sedizosamente adunati dentro il perimentro del parco
universitario, sotto i colpi della polizia a cavallo si rifugiarono nel giardino
del free speech ove, anche secondo il vecchio regolamento universitario, si
poteva parlare liberamente. Ma la polizia non si curò di quel dettaglio
regolamentare e manganellò brutalmente per ore quegli studenti in giacca e
cravatta.
Anche a Valle Giulia, quattro
anni dopo, la polizia intervenne brutalmente, ma ciò che avviene quel giorno
risulta tutt’oggi significativo perché produsse la polarizzazione politica del movimento contestativo generazionale.
Nasce lì la contrapposizione tra destra e sinistra del movimento giovanile, in
particolare ad opera del MSI che, con Almirante, intervenne e innescò gli
scontri.
C’era molta polizia e vennero scattate molte foto e girati molti
filmati.
L’esistenza di tale materiale a
sua volta costituisce una delle ragioni di persistenza dell’interesse
giornalistico per quella giornata. Tra gli aneddoti più famosi c’è la sequenza
in cui viene lanciato un tavolo – o una panca, non ricordo - dal piano superiore sulla scalinata piena di
studenti ferendo il giovane Oreste Scalzone. Oppure quello in cui il vice questore
Venditti comanda la carica contro gli studenti tra i quali c’è suo figlio e
quindi approfitta del megafono per avvisarlo: “Antonello non fare il coglione, vai a casa!”
Sia Scalzone che Venditti
diventeranno famosi negli anni successivi. Ma con loro c’erano altre decine di
personaggi destinati ad assumere un ruolo da testimonial sessantottino. E di
questa anagrafica un po’ nostalgica si occupa la monografia di MicroMega uscita
il mese scorso.
Buona lettura
Oggi, dopo cinquant’anni, da
parte delle redazioni perbeniste e conservatrici, come ad esempio quella del
TG1, sI ricorda Valle Giulia più che altro per richiamare le parole di Pasolini
il quale allora criticò gli studenti. Ma
in realtà risulta spregevole ed illusorio usare le parole di un intellettuale
di sinistra per criticare tutto il sessantotto. Pier Paolo Pasolini infatti
pubblicò quella sua riflessione sei mesi dopo, non a caldo come viene citata, e
lo fece a pochi giorni dalla sua fortissima contestazione intellettuale del
festival del cinema di Venezia. Fu il suo modo di prendere le difese di chi il
sessantotto protesse e portò sulla scena politica: i lavoratori. Fossero essi
in fabbrica o in divisa.
Nessun commento:
Posta un commento