L’11 Marzo 1970, un Mercoledì, era una giornata di sciopero
provinciale dei tessili indetto dalle segreterie di Cgil, della Cisl e della
Uil per sostenere il negoziato sul nuovo contratto. Il padronato dell’epoca
considerava lo sciopero non come un diritto del lavoratore ma come una offesa
personale, un attacco al proprio legittimo potere di comando. Inoltre c’era
sempre il sospetto che in realtà fossero i comunisti a fomentare gli scioperi
per abolire la proprietà privata. Nelle grandi fabbriche c’erano le “guardie” e
alle acciaierie Valbruna poco tempo prima c’erano stati scontri fisici tra
operai e guardie culminati in un vero e proprio sequestro di due lavoratori
all’interno della fabbrica.
Si era quindi sviluppato un clima molto conflittuale nel
quale gli operai vicentini si erano molto motivati, soprattutto i giovani, a
lottare per far valere i diritti e il rispetto anche dentro la fabbrica. La
notizia del fatto aveva generato varie iniziative di sciopero in tutta la
provincia.
In questo clima ad aggravare le tensioni si aggiunse un caso
clamoroso ai cancelli di una fabbrica di Schio: il caso Chioccarello.
Giuseppe Chioccarello era un piccolo imprenditore che si era
fatto da sé. Era stato partigiano ma poi si era avvicinato alla destra
candidandosi anche nelle liste comunali del MSI. Aveva costruito la “Filatura e Cardatura di
Torrebelvicino” con un parco macchine di seconda mano e vi lavorava sempre in
prima persona con la moglie, il figlio più grande e altri nove operai e sei
apprendisti.
Il fatto
Alle otto di mattina davanti al cancello un gruppo di
attivisti sindacali chiamano i lavoranti allo sciopero. Ci sono anche persone
del vicino Maglificio Rosabel. La moglie del titolare esce e rimbrotta i
dimostranti argomentando che in quanto artigiani non hanno niente a che fare
con lo sciopero. Ma l’argomento non persuade e viene preannunciato un ritorno
in massa dopo il comizio in Piazza Statuto a Schio. E così avviene un paio
d’ore dopo verso le 11 quando arrivano ai cancelli più di quaranta persone tra
le quali Angelo Fiorilli (UIL) e Teresiano Rudella (CISL).
I Chioccarello padre e figlio reagiscono imbracciando due
Breda automatici calibro 12 precedentemente caricati con sei colpi nel
caricatore e uno in canna. Partono i primi colpi in aria seguiti da spari ad
altezza d’uomo per un totale di otto. Rudella viene colpito in modo lieve
mentre Fiorilli riceve la rosa di pallini rinforzati a Nichel all’emitorace,
alla gamba sinistra e all’anca. L’operaio Guerrino Dalla Riva viene invece
raggiunto in pieno viso mentre Mario Comparin, Domenico Dal Zotto, Domenico
Dalla Guarda, Cesare Baldin, Dario Bernardi, Veneriano Brunale e Silvano
Filippi rimangono feriti meno gravemente.
Partono i soccorsi e arriva la Forza Pubblica che trova i
due Chioccarello ancora coi fucili in mano ricaricati. Tra le sirene delle
ambulanze essi vengono disarmati e portati alla stazione dei Carabinieri di
Schio.
Le manifestazioni
Ma nel frattempo la voce si è sparsa suscitando molta
impressione nel deflusso dei cortei e tra gli studenti in uscita dalle scuole.
In quell’occasione le strutture sindacali si sforzarono di
mantenere la calma ma alle 14 e 30 di quel Mercoledì risultavano già occupati i
municipi di Schio e Torrebelvicino. Lo sciopero si estese nel pomeriggio anche
alla Marzotto e alla Recoaro. E il giorno dopo ci fu una fermata nazionale di
15 minuti in tutte le fabbriche.
Io non ricordo di essere stato informato quel pomeriggio ma
conservo ancora il volantino che venne distribuito da Lotta Continua (che si
era costituita ufficialmente da pochi mesi e aveva aperto una sede a Valdagno e
una Schio).
Il volantino
Si intitola LOTTA CONTINUA e contiene una breve analisi del
fatto definendolo come un episodio non isolato che mostra tutta la violenza del
sistema. In fabbrica, a scuola e nella vita di ogni giorno i grandi padroni
Agnelli, Pirelli, Cefis e Marzotto - recita il testo - non hanno bisogno di
prendere in mano un fucile perché hanno al loro servizio il parlamento, il
governo, i comuni, la stampa, la magistratura, la polizia, i sindacati e i
partiti. E le 14.000 denunce presentate dai padroni, polizia e magistratura
contro gli operai e gli studenti nell’autunno caldo confermano che si tratta di
una violenza che serve a reggere il sistema stesso. Ebbene essa va eliminata
una volta per tutte e chi dice che essa va respinta “da qualsiasi parte venga”
rispettando l’ordine e la legalità, in realtà vuole che essa continui e rimanga
indisturbata senza che chi la subisce faccia niente.
Venne redatto il giorno successivo e ciclostilato “in
proprio”, come recita l’apposita dicitura in calce. Tale pratica caratterizza i
volantini dell’epoca ma soprattutto quelli di Lotta Continua e Potere Operaio
che erano gruppi extraparlamentari tenuti a dichiararne la produzione e
mandarne copia in questura per non incorrere nel reato di “stampa clandestina”.
A Valdagno venne distribuito il venerdì successivo davanti
alla scuole nei dieci minuti di ricreazione e in piazza al mercato.
La lezione
Quindi di quel fatto, nonostante ne avesse accennato anche
il telegiornale delle 20 e 30 ricordo che me ne aveva parlato mio padre a cena
cogliendo l’occasione per trasmettermi un’idea e un sentimento di valore per il
sindacato. Credo sia stato un momento importante perché il volantino di Lotta
Continua oltre al padronato attacca anche i sindacati. Li accusa di aver
lavorato per smorzare la lotta e dividere gli operai dagli studenti. Ma le
parole di mio padre avevano fatto effetto su di me e all’assemblea studentesca
(ancora illegale e disciplinarmente sanzionabile) parlai a favore dei sindacati.
Il sindacalista Fiorilli ebbe una prognosi di 80 giorni
mentre il Dalla Riva perdette l’uso di un occhio.
Il processo
Nel successivo procedimento giudiziario il fatto che fossero
stati trovati otto bossoli sparati da due fucili diversi fu decisivo per
scalzare la prima linea difensiva degli imputati che tentava di sostenere che a
sparare era stato solo il padre, ma il fatto di aver utilizzato cartucce di
tipo Sidna con pallini numero 2 i quali difficilmente possono causare lesioni
mortali, portò a declassificare l’accusa da tentato omicidio a lesioni
personali gravi.
Le parti si troveranno in aula non prima del 4 ottobre 1973
quando nel frattempo i danneggiati erano stati risarciti con una quindicina di
milioni a testa lasciando quindi in piedi solo la causa penale. Una causa il
cui processo inizia solo il 15 Aprile del 1975 col padre Chioccarello giudicato
in contumacia.
La sentenza
La sentenza finale condannò a tre anni e tre mesi di
reclusione entrambi i Chioccarello e in essa venne riconosciuta l’aggravante
delle lesioni “gravi e continuative” data la perdita dell’occhio del Dalle
Rive.
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Nell’ambiente sindacale non vi fu alcun entusiasmo per la
sentenza; Teresiano Rudella era nel frattempo diventato segretario provinciale
dei tessili Cisl e non ha mai nascosto il timore che quella sia stata in realtà
una strage mancata. Ma è stato meglio così; anche perché di stragi riuscite in
quegli anni non ne erano proprio mancate.