Il 19 Aprile del 1968 alla sera, dopo una giornata di manifestazione sindacale con sciopero e presidio delle portinerie, il monumento a Gaetano Marzotto senior è stato abbattuto tra le 20 e 45 e le 21.
Una corretta ricostruzione storiografica della giornata del
19 Aprile 1968 non può che passare attraverso l’esame di alcuni documenti. In primis
il documento il rapporto del Commissario alla Pubblica Sicurezza. SI tratta del
DOCUMENTO ALLEGATO alla denuncia per reati commessi da 42 persone in stato di
arresto con altre cinque a piede libero.
I responsabili delle forze dell’ordine in quella giornata
furono il vice questore dr. Vincenzo Patania e il comandante della tenenza dei
carabinieri ANDREA FOTI.
Cronaca:
Venerdì 19 Aprile 1968. Stabilimento Marzotto Valdagno
(largo Margherita 1)
ore 5,00 – un plotone di carabinieri prende posizione sugli
scalini della portineria e con dei cordoncini viene allestito un passaggio che
ha lo scopo di garantire la libertà di ingresso a funzionari, impiegati e
dirigenti durante il previsto sciopero. Dieci giorni prima in un analogo
sciopero gruppi di impiegati erano andati al lavoro e gli operai organizzatori
avevano annunciato pubblicamente che non avrebbero più consentito l’ingresso
allo stabilimento a nessuno.
ore 6,00 gli operai che escono dal turno di notte si fermano
sulla scalinata per costituire il picchetto di sciopero sindacale.
Ore 7,00 si crea un sempre maggiore assembramento su tutta
la scalinata e progressivamente sul piazzale. Il tenente Foti ordina
ripetutamente lo sgombero della scalinata ma non viene ascoltato e quando i carabinieri
cominciano a spingere fisicamente alcune persone iniziano i primi tafferugli
con urla ed insulti. Il rapporto riferisce del primo ferimento di un
carabiniere da parte di una donna che lo colpisce con la borsa. I carabinieri
sono totalmente accerchiati e di fatto immobilizzati da una folla che supera
già il migliaio di persone. Le scalinate sono irraggiungibili a chiunque si unisca
all’assembramento.
Ore 8 - 8,30 arrivano
progressivamente frotte di giovani delle scuole medie superiori in solidarietà.
La folla li applaude e li lascia passare su piazzale. Fonti sindacali parlano
di trecento studenti. Il rapporto di polizia dice che essi siano stati
fomentati a partecipare allo sciopero davanti ai cancelli delle scuole da
soggetti “estranei a Valdagno”.
Ore 8.30 – 9 arrivano funzionari di polizia che però non
sono messi in grado di raggiungere i carabinieri intrappolati. Si riaccendono i
tafferugli sulla scalinata, alcuni dimostranti aggrediscono e picchiano con
calci e pugni il tenente Foti. A questo unto i cordoncini dell’inutile
passaggio lungo la scalinata sono spariti.
Ore 9 – 9.30 arrivano altre forze di polizia. I funzionari
di polizia ordinano la prima carica. E’ in questo momento che la massa operaia,
composta da migliaia di valdagnesi reagisce inaspettatamente contro le forze di
polizia. Ogni ordine di assembramento viene disatteso con fermezza e la carica
non sortisce effetto.
L’assembramento rimane per tutta la mattinata con una lenta
diminuzione che però si ricostituisce tra le ore 13 -13,30 in vista del secondo
turno di lavoro.
Ore 14.30 un assembramento di oltre 500 persone presidia
ancora la portineria, i carabinieri mettono in atto una “manovra di alleggerimento del servizio” ma “un gruppo di facinorosi” li assale “alle spalle” con violenza. Seconda carica di polizia.
L’obiettivo dichiarato dal vice questore Patania è quello di
“strappare dalle mani dei violenti alcuni
militi” e il rapporto afferma che “i
funzionari riconoscono con certezza alcuni studenti di sociologia di Trento e
alcuni iscritti al PSIUP DI VICENZA”.
Vi sono qui i primi due fermi che riguardano Savi Luciano e
Massignani Guido i quali non sono né studenti né militanti del Psiup. L’accusa
è quella di “oltraggio e violenza alla
forza pubblica”.
Questa notizia re-innesca un terzo progressivo assembramento
di valdagnesi davanti alla fabbrica con una dimensione ancora più grande della
mattinata, che raggiunge l’ordine delle migliaia alle ore 17. A costoro si aggiungono
vari rappresentanti del Consiglio Comunale ed esponenti del commercio e delle
botteghe del centro. Intervengono il vice sindaco Visonà e il Professor Sergio
Perin. Il loro discorso sulla scalinata contiene anche accenni di rimostranza
verso le forze dell’ordine. Ma soprattutto contiene l’impegno a coinvolgere il
Comune nella trattativa per comporre la vertenza e richiede il rilascio dei due
fermati.
Il professor Perin e il Commissario di Pubblica Sicurezza
con la confusa presenza di sindacalisti intavolano una trattativa nei locali
della portineria per il rilascio dei fermati e lo sfollamento della piazza. Ma
l’assembramento, lanciato con il passa parola, non si scioglie.
ORE 19 Il sindacalista della UIL Manfron e Sergio Perin riprendono
la parola dalla scalinata e annunciano la definitiva conclusione della giornata
di lotta invitando i cittadini e i lavoratori a tornare a casa. I due fermati,
essi affermano, sono stati rilasciati.
C’è un leggero sfollamento ma molti rimangono. La questura
parla di seicento persone che lanciano “grida
di sedizione” contro le forze dell’ordine.
Tra le 19 e le 19,30 avviene il secondo salto di violenza
della giornata perché parte una fitta sassaiola che si abbatte anche sulle
finestre della sala mensa. La situazione si rivela non più governabile e il vice
questore Vincenzo Patania ordina la terza carica che questa volta è molto
pesante con rinforzi della Celere giunti da Padova, l’uso del gas lacrimogeno e
il sopraggiungere dell’oscurità.
Lungo le vie d’accesso iniziano i caroselli dei carabinieri
con pestaggi e fermi. Vengono divelti pezzi di travertino dal ponte degli
operai, la villa di Paolo Marzotto, oggi sede del centro Villa Serena, viene
fatta oggetto di incursioni nel giardino. Altri atti di violenza vengono
segnalati nelle ville dei dirigenti. Vi
sono anche accensioni di falò, uno dei quali davanti al cancello della villa di
Gaetano jr oggi sede del Centro Anziani Villa Margherita. Fino a notte
inoltrata continuano le violenze e gli arresti arbitrari in varie parti della
città e saranno soprattutto queste a colpire la stampa locale e nazionale dei
giorni successivi.
Ma per descrivere questa parte della giornata, la più
scomposta e violenta la cosa migliore è ricorrese alla descrizione che ne fece
il professor Giuliano Zoso, poi onorevole. Costui scrisse al ministro degli
Interni quanto segue:
“ In merito ai gravi incidenti avvenuti a Valdagno, venerdì
19 Aprile 1968, in occasione dello sciopero dei dipendenti della Marzotto … si
richiama l’attenzione sua, Signor Ministro, … sul comportamento delle forze
dell’ordine in occasione dei sottoindicati eventi:
a)
tra le 19,45
e le 21.00 circa, una ventina di dimostranti infrangevano i vetri della mensa
aziendale;
b)
tra le 20,45 e le 21,00, a meno di un kilometro
di distanza veniva abbattuto il monumento a G. Marzotto;
c)
tra le 22 e le 23 venivano compiuto atti
vandalici contro il Magazzino della Lana, il Jolly Pasubio e il Ponte del
Tessitore. Testimoni oculari hanno dichiarato che si trattò sempre di piccoli
gruppi, che potevano facilmente essere dispersi.
Le forze dell’ordine, invece, rimasero arroccate dentro allo
stabilimento e in caserma, mentre sarebbero state in numero sufficiente per
un’azione dimostrativa in grado di sedare sul nascere ogni tumulto.
Tenendo presente che i primi scontri della sera cominciarono
verso le ore 19,00 e che la polizia agì su larga scala solo dopo le 23.00
risulta che Valdagno rimase senza adeguata protezione per più di quattro ore.
Nel frattempo carabinieri e polizia difesero esclusivamente
la Portineria del Lanificio e la Caserma, nei pressi della quale i carabinieri
operarono alcuni fermi di giovani tra i 14 e i 21 anni, verso le ore 19, tre di
questi venivano picchiati e malmenati prima che fossero loro richieste le
rispettive generalità. Solo in un secondo tempo furono rilasciati perché
manifestamente estranei agli incidenti. I rastrellamenti cominciarono dopo le
ore 23. Tale ritardo implicò l’arresto indiscriminato di persone che a
quell’ora erano casualmente per strada.
Questo spiega perché sono state fermate, tradotte in
prigione e denunciate persone che non avevano partecipato agli atti commessi in
precedenza. […]”
Il testo prosegue poi evidenziando un giudizio di “manifesta
disorganizzazione” ed incapacità dei carabinieri dal quale egli, a nome del
Movimento Giovanile D.C. trae “motivo di
gravi perplessità sul modo con cui viene impiegata la forza pubblica.”
Ma l’affermazione più significativa viene fatta nel
capoverso successivo laddove egli scrive:
” Infatti, al di là
dell’iniziale manifesta disorganizzazione, e pur tenendo conto dell’attiva
presenza di alcuni elementi estranei all’ambiente tesi a strumentalizzare in
senso eversivo una vertenza strettamente sindacale, si fa strada e prende corpo
il dubbio che polizia e carabinieri siano al servizio più dei privati che della
comunità …”.
E conclude con una serie di considerazioni finali a supporto
della richiesta che siano prese “adeguate
e severe misure affinché simili azioni non abbiano a ripetersi.”
La lettera porta la data del 27 Aprile 1968. I privati qui
citati non possono essere altri che i Marzotto e i loro dirigenti.
La stampa dei giorni successivi e i Marzotto si accaniranno
sul concetto delle ingerenze estranee ma se anche ciò fosse stato come risultato
di azioni e provocazioni infiltrate dalla polizia ciò riguarderebbe i
vandalismi dell’ultima parte della giornata. Tutto ciò che è avvenuto nella
giornata, compreso l’abbattimento della statua di Gaetano Marzotto sr lo hanno
fatto i valligiani.
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