La disciplina
di guerra è richiamata dalla circolare del 24 Maggio 1915, la numero 1 del
generale Cadorna. Essa invoca “estreme misure di coercizione e di repressione”
e di “inesorabile severità verso gli infingardi, i riottosi e i pusillanimi”
perché “distruggere sul nascere i germi dell’indisciplina, scongiura mali
peggiori e talvolta irreparabili” …
Qualora si
volesse vedere in queste parole una visione “etica”, ammesso che una parola
così aulica si addica, occorre sapere che i nostri reparti non erano preparati
alla guerra industrializzata; nella testa dei nostri ufficiali era stata
inculcata la vecchia visione ottocentesca dello scontro eroico prescindendo da
novità che si riveleranno sconvolgenti come le mitragliatrici e il filo
spinato.
E infatti
dopo pochi mesi l’atteggiamento delle truppe sarà già molto diverso.
“La prima
esecuzione capitale” (autolesionismo)
Un giovane
di 23 anni in servizio presso Passo Cirelle si era già procurato una ferita con
lesioni gravi alle dita della mano destra. Medicato venne rimandato in linea.
In Agosto, di vedetta, si sparò un nuovo colpo sopra la precedente ferita,
impedendosi definitivamente il servizio militare. Il comando della IX armata lo
arrestò e processò condannandolo alla pena di morte secondo il codice militare
di guerra. La sentenza venne eseguita il 20 settembre del 1915 con un plotone
d’esecuzione comandato dal tenete Arturo Andreoletti.
Il giovane
si chiamava Angelo De Battista e fin dalla fase istruttoria del processo rese
dettagliata confessione. Egli era nato in Germania, figlio di immigrati
italiani e, riporta la sentenza, “aveva perfino osato affermare, in presenza
dei suoi compagni, di non avere nessun dovere verso l’Italia.
La vicenda
ebbe ampio riscontro tra le truppe e non si può escludere un intento esemplare
nell’eseguire tale sentenza che invece sarà la prima di una lunga serie. Un
apposito manifesto con un sunto della sentenza venne redatto e diffuso tra le
truppe.
Il 28
Settembre 1915 il generale Cadorna emise una circolare “a larga diffusione”
particolarmente retorica la quale, evidentemente, risponde ad un nuovo impulso
propagandistico motivato dalla preoccupazione che tali pratiche si diffondano.
In essa si leggono frasi che definiscono i superiori del soldato come fratelli
e padri, fratelli e padri che però hanno il dovere di “passare immediatamente
per le armi i recalcitranti e i vigliacchi”.
In faccia al
nemico, scrive Cadorna, vi è una sola via: quella dell’onore, e anche colui il
quale tentasse “ignominiosamente” di arrendersi o retrocedere ebbene costui
sarà raggiunto “prima che si infami” dalla giustizia sommaria del piombo.
Quello dei carabinieri qualora non quello dell’ufficiale.
In pratica
in questo documento si sancisce il concetto di giustizia sommaria, ovvero
quella che viene eseguita immediatamente sul campo di battaglia. Mentre si
precisa che per coloro che dovessero sfuggire a tale “salutare” forma di
giustizia subentrerà INESORABILE, ESEMPLARE, IMMEDIATA quella dei tribunali
militari “.
Infine tale
concezione di giustizialismo retorico ed assassino raggiunge il massimo laddove
la circolare recita che:” Anche per chi vigliaccamente arrendendosi riuscisse a
cader vivo nelle mani del nemico, seguirà immediato processo in contumacia E LA
PENA DI MORTE AVRA’ ESECUZIONE A GUERRA FINITA.”
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una messaggio al museo della Guerra del 4 Aprile u.s. ha ricordato che la memoria per le sofferenze e i sacrifici dei soldati "non consente di lasciare in ombra alcune pagine tristi e poco conosciute di quegli anni di guerra. Pagine che riguardano anche il funzionamento dei tribunali militari e la cosiddetta "giustizia sommaria".
Spero che il messaggio sia giunto nel cuore dei sindaci e delle associazioni d'arma.
E' un segnale che ci dice di abbandonare defiitivamente la retorica e rivalutare le vittime di quella visione criminale che portò a 4.028 condanne.
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