L'altro ieri sul Corriere il giornalista Bianconi, una firma che di solito non ha
retrogusti servili, illustrava i due rapporti d’intelligence usciti nei giorni
scorsi: la Relazione Annuale del Dipartimento Informazione e Sicurezza
(coordinamento servizi) e la relazione della Direzione nazionale antimafia e
antiterrorismo.
Quest’ultima è redatta da magistrati, non da dirigenti dei
servizi, e invoca una stretta internet. Il lancio via web ed anche la sola
“adesione a proclami jihadisti”, assieme all’incitamento di atti terroristici,
devono essere fatti oggetto di sorveglianza speciale sulla rete.
Oggi infatti, scrive la relazione secondo Bianconi, scrivere
proclami in rete non è espressione di opinioni, ma atto di guerra.
La Superprocura è oggi guidata da Franco Roberti il quale ha
elaborato un profilo dello Stato Islamico come Stato-Mafia.
Oltre alla pratica
della violenza terroristica questa organizzazione esprimerebbe infatti anche “imprenditorialità
criminale e dominio territoriale con proiezioni transnazionali”,
connotati tipici dell’associazione mafiosa. In effetti sotto tale dominio il
territorio viene sottoposto ad estorsioni. Inoltre il traffico di droga e di
migranti potrebbe essere ad essa ascrivibile.
E' evidente che i nuovi costi della guerra in Libia impongono tagli agli stanziamenti antimafia e occorre quindi cercare di integrare i due temi per poter attingere agli stanziamenti.
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Della minaccia migratoria se ne occupa di più la Relazione
2015 dei Servizi, i quali ridimensionano, sempre secondo Bianconi,
l’infiltrazione tra i barconi libici, ma enfatizzano i rischi della rotta
balcanica. Lì le provenienze sono siro-irachene e il transito di foreign
fighters è bidirezionale.
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