[Non fidandomi dei giornaloni, ho tradotto l'articolo dell'Economist. Soggettivamente, of course]
The Economist, 26 Novembre 2016
Il Paese richiede riforme di più vasta portata, non quelle
proposte.
L’Italia è stata a lungo la minaccia principale per la sopravvivenza
dell’Euro e della UE. Il suo Prodotto Interno Lordo è fermo ai livelli dei
lontani anni novanta. Il suo mercato del lavoro è sclerotico. Le sue banche sono
piene di prestiti inutili. Lo Stato è gravato dal secondo debito più alto, che arriva al 133 % del PIL, di
tutta l’Unione Europea. Sarà troppo impegnativo soccorrerla.
Questo è il motivo per il quale sul giovane Primo Ministro
Matteo Renzi sono state riposte così tante speranze. Egli pensa che il
principale problema italiano sia la paralisi istituzionale ed ha indetto un
referendum per il 4 Dicembre sui cambiamenti costituzionali che dovrebbero
sottrarre poteri alle Regioni e subordinare il Senato alla Camera dei Deputati.
Questo, assieme ad una legge elettorale maggioritaria darà a
lui il potere di far passare le riforme di cui il Paese ha disperato bisogno. O
almeno così dice lui.
Se poi il referendum fallisce il signor Renzi dice che si
dimetterà.
Gli investitori e molti governi europei temono che un voto
negativo possa dare il terzo colpo ad un ordine internazionale già vacillante
dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump. Ma noi dell’Economist ritieniamo
invece che il NO sia il voto giusto per gli
italiani.
Gli emendamenti costituzionali di Renzi non riescono a far
fronte al problema principale, ovvero la riluttanza italiana ad ogni riforma per
cui gli svantaggi superano sempre i benefici. Soprattutto il rischio che lo stop
a quella instabilità che ha fatto cambiare 65 governi dal 1945 a oggi dia vita
ad una leadership autoritaria. Questo infatti è il Paese che ha prodotto Benito
Mussolini e Silvio Berlusconi e che risulta particolarmente vulnerabile al
populismo.
Il peculiare sistema italiano di bicameralismo perfetto, nel
quale ambo le camere hanno gli stessi poteri, può certamente creare ingorghi e
in esso le leggi possono rimbalzare avanti indietro tra le due camere anche per
decenni. Perciò può apparire sensato che le riforme ridimensionino il Senato
riducendolo ad un ruolo consultivo su quasi tutte le leggi. Come per la Camera
alta in Germania, Spagna e Inghilterra. Tuttavia il progetto di renziano cozza
contro i principi democratici. Perché il Senato non verrebbe più eletto e al
contrario molti suoi membri verrebbero cooptati prendendoli tra i legislatori
regionali e i sindaci. Ma Regioni e Comuni sono più corrotti del Governo e i
senatori beneficerebbero della immunità. Ciò potrebbe trasformare il senato in
una calamita per politici inquisiti.
Allo stesso tempo il signor Renzi ha fatto passare una legge
elettorale per la Camera che assegna un potere immenso alla forza politica che
vince. Infatti, usando vari espedienti elettorali, si garantisce a chi prende più
voti il 54% dei seggi. Con ciò garantendo un mandato di cinque anni al
Presidente del Consiglio.
Questo avrebbe senso se quello di far passare le leggi in
Italia fosse il gran problema. Ma non lo è. Importanti misure, come ad esempio
una riforma elettorale, possono essere votate in un giorno. Ed in effetti l’Italia
legifera tanto quanto gli altri paesi europei. Se il problema fosse il potere
esecutivo la Francia col suo potente sistema presidenziale sarebbe perfetta,
invece, esattamente come l’Italia, anche la Francia è un paese perennemente
resistente alle riforme.
Il rischio dello schema Renzi è che il beneficiario sia alla
fine Beppe Grillo. Un ex comico oggi leader del Movimento 5 Stelle. Questa scombussolata
formazione politica che chiede il referendum per uscire dall’Euro sta già correndo
alcuni punti davanti ai democratici nei sondaggi e recentemente ha preso il
controllo di Roma e Torino. Lo spettro quindi di un signor Grillo Primo
ministro, eletto da una minoranza ma inchiodato al potere proprio dalle riforme
di Renzi, è una cosa che inquieta molti italiani e anche molti europei.
Una controindicazione del NO potrebbe essere quella che in
questo modo si finisce per rafforzare l’idea di una totale incapacità dell’Italia
a risolvere i molteplici e paralizzanti problemi. Ma è Renzi stesso che ha
creato la criticità della situazione mettendo a repentaglio il futuro del suo
governo collegandone il destino al risultato del test. Gli italiani non
dovrebbero essere ricattati. Sarebbe stato meglio per Renzi sostenere la necessità
di riformare l’ambiguo sistema giudiziario e migliorare il pesante sistema formativo.
Inoltre Renzi ha sprecato due anni armeggiando inutilmente sul sistema
costituzionale. Insomma, quanto prima l’Italia ritorna ad una vera riforma e
tano meglio per l’Europa.
Che dire poi del disastro che si determinerebbe se il
referendum fallisse? Le dimissioni di Renzi non sarebbero certo la catastrofe più
temuta dall’Europa. L’Italia potrebbe mettere insieme un governo tecnocratico
di scopo come ha fatto altre volte in passato. Se invace un referendum perduto
avesse come effetto quello di scatenare il collasso dell’Euro, allora vorrebbe
dire che la moneta unica è in realtà così fragile che la sua distruzione è solo
questione di tempo.
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