Proseguendo nel commento del generale Mini apparso su FQ del 5 Maggio u.s, si nota la gran differenza tra Israele e Corea del Nord in tema di non proliferazione atomica.
La Corea del Nord cercava da anni di
uscire dall’isolamento e il regime di sanzioni internazionali la
costringeva a farlo esportando armamenti. Esportava missili ma ciò non bastava
alla sua economia per sfamare, scrive Mini, e così la gente moriva di fame e il
regime non trovava via d’uscita. La stessa Cina trent’anni fa non prosperava e
tagliava gli aiuti. Cosicché la fame del popolo era dovuta all’isolamento più
che al carattere comunista del regime. Le fu proposto un regime di aiuti
economici in cambio della rinuncia ai reattori nucleari (civili) ma ciò avrebbe
significato meno energia per la produzione e non venne accettato. E nel
frattempo veniva militarizzata a manetta la Corea del Sud con massiccia
presenza americana anche nucleare. E tale influenza americana fu per decenni alla
base della politica sudcoreana contraria alla denuclearizzazione della
penisola.
A questo punto i nordcoreani si ritirarono dal trattato di non
proliferazione avviando i piani nucleari. Il regime puntava a trattare “alla
pari” il proprio disarmo. E qui sta la differenza che Mini rileva tra Corea del
Nord e Israele, entrambe fuori dal Trattato: mentre la Corea del Nord ha sempre
avuto interesse allo stallo nucleare nella regione, Israele ha sempre cercato
di evitarlo per trarne vantaggi strategici regionali.
Ora la Cina ha
convinto Kim Jong-Un ad accontentarsi del livello di nuclearizzazione
raggiunto. La Cona infatti essendo stata la garante dell’armistizio che mise
fine alla guerra tra le due coree nel ’54 ha l’autorevolezza internazionale per
poterlo fare e si è resa garante della sicurezza regionale. “Un gesto da grande
potenza” nota il generale Fabio Mini.
Ora nonostante questo quadro di lettura della crisi coreana
sia coerente e persuasivo il mainstream occidentale narra che il merito
andrebbe a Trump che, forte delle sue ferme minacce, avrebbe costretto Kim alla
ragione.
Ma non è ancora detto che la crisi sia chiusa definitivamente perché il
Giappone non si sente sicuro. Vedremo. Intanto cerchiamo di capire cosa sude con l'Iran.
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