Questa prima decade di Febbraio sta mostrando i limiti e le
contorsioni di una situazione internazionale ingarbugliata. Un occidente
teleguidato dalla propria élite finanziaria rischia di condizionare il resto
del mondo a causa delle proprie contraddizioni. Trump è stato ricattato dal
proprio deep state nel tentativo di costringerlo a svoltare politica in tema di
immigrazione. Soros in persona si è premurato di organizzare una colonna di
migranti dall’Honduras per mostrare che anche qualora venisse raggiunto un
accordo col Messico l’immigrazione continuerebbe lo stesso. Il vero problema è
che centri finanziari sovranazionali non reggono più il ritmo reale della
delocalizzazione e i PIL scende nelle principali economie europee e senza un
flusso sostenuto di immigrazione strutturale i titoli di debito di lungo
periodo non si vendono. Francia e Germania hanno a questo proposito mandato un
segnale chiaro di preoccupazione da Aquisgrana. Bisognerebbe che i Brics, con particolare
riferimento alla Cina, ci andassero più piano nella propria crescita per
permetterci di delocalizzare meno, ma la Cina non lo farà se Trump non cambia
atteggiamento. E Trump non lo farà se l’Europa non cambia il suo. Insomma un
bel nodo da sbrogliare anche perché l’UE non farà proprio niente fino a Maggio.
Intanto le due superpotenze nucleari hanno disdetto i vecchi
accordi di disarmo per aprire nuovi spazi di negoziazione che coinvolgano la
Cina e ciò sta addirittura favorendo la leadership di Kim Jong-Un e la sua legittimazione
internazionale. Vedrai che ce lo ritroveremo all’ONU.
Si è inoltre aperta la vertenza regime change per far fuori
Maduro e cambiare i rapporti di forza che determinano il prezzo del petrolio.
Un eccesso di offerta venezuelana abbasserebbe troppo il prezzo internazionale
e finché il prezzo medio è così basso le alternative americane come lo Shale
gas sono fuori gioco. Si sta quindi cercando la scusa per congelare quelle
riserve.
Con la prospettiva di sganciamento brexit la vertenza sulle
giacenze libiche, sia di petrolio che di immigrati, diventa sempre più un derby
italofrancese e in questa partita l’Italia sostiene il movimento gillet gialli,
che delegittima Macron, e la Francia scalda la testa alla nostra confindustria
con minacce sul capitale francese impegnato in Italia. Credit Agricol, BNP Paribas,
Alitalia ecc. potrebbero mettere in atto politiche distoniche per il sostegno
del nostro debito. E la cosa potrebbe diventare pesante quando non ci sarà più Draghi.
E il teatrino del mainstream casereccio prosegue contro Di Maio
e Salvini.
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