La quinta domenica del primo mese 2021 chiude sia il mese
che la settimana più noiosa degli ultimi tempi. Il mainstream è stato dominato
da una crisi politica tanto inutile quanto ipocrita nonché da un andamento
meteorologico altalenante e deprimente. A rendere tutto incerto e poco
entusiasmante è soprattutto il persistere del Covid-regime che falsa la
percezione popolare del calendario. Ad organizzare la vita familiare non è più
la situazione meteorologica. Non si decide più se uscire o meno a seconda se
piove, nevica o fa bel tempo, ma a seconda del colore sanitario della regione.
Gli indici e i parametri che regolano i diritti di mobilità urbana sono oscuri
e ignoti al comune cittadino e ciò lo rende dipendente dagli annunci televisivi
limitandone il grado di libertà e autonomia nella vita quotidiana. Se a ciò si
aggiunge che la stessa comunicazione televisiva è scarsamente professionale e
alla fine inattendibile il cerchio si chiude: siamo in regime costrittivo,
stiamo pagando da un anno un umiliante prezzo di libertà individuale. In Cina,
il grande competitor dell’Occidente, questa pena è durata meno di tre mesi e
solo in una piccola parte minoritaria del paese. Il Lockdown cinese ha
interessato una porzione di territorio che sarebbe come se in Italia il Covid
avesse sacrificato solo l’Abruzzo. Le mascherine, il distanziamento sociale e
il martellamento vaccinocrate hanno fatto il resto frustrando l’intero Paese
alterando e deprimendo la percezione del senso di vita collettiva. Non parliamo
della chiusura delle scuole che risulta estenuante per gli infanti e per gli
adolescenti oltreché difficilmente comprensibile e soprattutto stressante per i
genitori.
Ora, difronte a questi sacrifici reali e quotidiani, permane
dopo un anno anche l’idea che il virus non fosse molto più letale delle vecchie
influenze e che i governi e le multinazionali ci abbiano ricamato sopra per
introdurci tutti ad una “nuova normalità” più consona alla nuova era
tecnologica. E difronte a questa timida e ombrosa sensazione l’unico argomento
della comunicazione mainstream è stata l’accusa di complottismo! Figuriamoci. Come
se al pensionato cui manca la partita di carte e l’abbraccio dei nipotini
interessasse cospirare contro il Great Reset e ci fosse un’emergenza ordine
pubblico da gestire a causa dei perfidi social. No. Non è così. Questo è solo
il senso di colpa del regime culturale indotto dalla comunicazione ansiogena
che ha imbevuto ormai tutta la classe dirigente. E’ solo un effetto della
cocaina dell’élite.
Questo per quanto riguarda il sentimento della popolazione
comune.
Vediamo invece la crisi vera, quella di cui si accorgono
solo gli addetti ai lavori e i mitomani come me, fanatici del pensiero critico.
Quelli che sono stati corrotti da giovani dal sessantotto e che non sono stati
con le Br (quelle vere, quelle dal ’69 a ’74; le altre erano solo un esercito
di pupazzi del regime) solo perché non sapevano a chi rivolgersi. Ebbene
costoro vedono l’inutile e strumentale aggressività della campagna Covid nei
confronti del ceto medio dei borghi cittadini, l’attacco alle botteghe del
centro, ai tassisti, ai ceti piccolo borghesi ecc. Hanno visto gli eccessi e le
esasperazioni speculative delle delocalizzazioni antioperaie effettuate
nell’ultimo decennio. Vedono un attacco allo stile di vita uscente che ha come
unico scopo quello di fare spazio alle multinazionali globaliste per introdurre
i nuovi modelli orwelliani di organizzazione sociale e del consumo. Vedono i
governi, il ceto politico dell’omologazione globale arroccati in un castello di
balle ed affannosamente impegnati a nascondere l’avvento del nuovo mondo di
Huxley. Lo vedono con chiarezza e si chiedono: “e se anche fosse”? Se il
sistema democratico volesse aprire la porta a questo tipo di futuro? Nel mondo
di Huxley gli abitanti sono sereni, non hanno angosce e vivono tale condizione
come uno stato di felicità, accettano e seguono il Grande Fratello con piena
convinzione. Facciamocene quindi, se lo vuole il popolo, una ragione…
Ma il problema è che non è così. Il popolo non lo vuole. Lo
vuole solo un ceto politico corrotto mentalmente e moralmente perché ha
accettato il ricatto esiziale del mito modernista. Lo vuole la malafede di chi
ha venduto il futuro dei nostri figli e nipoti alla suggestione della finanza
creativa, ai derivati, alle bolle dell’arricchimento speculativo. Lo vuole chi
non crede più nell’Uomo, nell’umanità ma si affida ormai alla mistica
transumanista. (Però. Buona questa)
Lo vogliono loro perché lo vogliono i loro pupari, i falsi
filantropi del dominio globale. Lo vogliono quelli dell’uno percento contro il
novantanove, quelli che non votano perché non hanno passione politica, che non
hanno mai giocato a carte al bar e che non si accontentano del sorriso dei
propri nipotini.
Io penso che le scelte vadano fatte quando c’è cognizione di
causa, quando si sa cosa si vuole e cosa si può fare. E che se c’è un ricatto
ebbene quello non è il momento di scegliere, quello è il momento di combattere.
Penso anche che sia a questo che ha pensato Pope Francis con
la proposta della giornata dei nonni. Che forse è il caso di rispettare il
pensiero di chi sa quanto conta il sorriso dei nipotini.
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