Il primo Agosto di cinquant'anni fa, di domenica
pomeriggio presso il Madison Square Garden di New York City, si tenne un evento
musicale globale dedicato a Bangla Desh. Originariamente il nome era scritto in
due parole. Ma che cos’era?
In primavera il Bengala orientale
aveva proclamato la propria indipendenza scatenando una violenta repressione da
parte dell’esercito pachistano. Ciò aveva determinato un notevole problema
umanitario per i rifugiati che si aggiungevano ad una popolazione già provata
da precedenti calamità naturali. Gli
organismi internazionali avevano quindi iniziato una campagna di mobilitazione
dell’opinione pubblica a favore, di fatto, degli autonomisti. Il punto più alto
di questa campagna fu questo concerto.
Gli autonomisti erano compatrioti
di Ravi Shankar il quale, sciolti i Beatles, era diventato guru musicale di
George Harrison. Costui aveva grande popolarità da quando, nel novembre del ’70
era uscito con produzioni da solista quali All Things Must Pass e My Sweet Lord
ed accettò di sostenere i patrioti di Ravi. Allo scopo creò anche un fondo per
l’Unesco.
L’evento ebbe grande successo sia
in termini di sensibilizzazione che sul piano della raccolta fondi che vennero
pertanto gestiti dalla UNESCO.
Nei mesi successivi ci fu una
escalation che culminò in un conflitto generale con una offensiva delle truppe
indiane contro il Begala e nel Cachemire. Il 15 Dicembre le truppe pachistane
si arresero a DACCA e venne creato lo Stato del Bangladesh (unica parola) con
Primo Ministro S.M. Rahman. E’ un primo processo in cui il conflitto politico
internazionale viene accompagnato da una gestione mediatica che usa la musica
giovanile e musicisti rock come testimonial. Parteciparono infatti Bob Dylan,
Eric Clapton e altri, oltre ovviamente a Ravi Shankar.
Il biografo Goldman racconta che
John Lennon bidonò George il giorno prima litigando con Joko e che in realtà
Clapton era appena stato vittima di un collasso da eroina tagliata con talco.
Ovviamente l’establishment
discografico mondiale imparò bene la lezione circa l’importanza di una
iniziativa che aveva trasformato l’alternativo George Harrison in un perfetto
strumento atto alla propaganda del sistema e dei suoi obiettivi.
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