Un anno fa il corrispondente numero di LiMes è stato dedicato
a WW1. Lo trovo attualissimo e in buona parte azzeccato.
Il concetto ispiratore della monografia è che quella guerra è
stata una sciagura distruttiva, un “suicidio europeo” e ha gettato le basi dei
conflitti attuali.
Tra i vari redattori un autore ispirato e qualificato è
certamente Hulsman del Centro Studi Strategici dell’AJA (http://www.hcss.nl/) il quale ci invita a considerare
l’apocalittica analogia tra il mondo attuale e il 1914. Se immaginiamo la Cina
di oggi come la Germania di allora e gli USA come l’allora Gran Bretagna,
possiamo mettere ben a fuoco i rischi che stiamo correndo.
Occorre una piena comprensione della tragedia WW1, dice
Hulsman, per non ripetere quegli errori e invoca la metafora biblica di
Apocalisse 6:8 (la Morte sul cavallo livido) per strutturare il proprio
articolo, breve ed efficace, sui tre fattori che a suo avviso possono generare
l’escalation bellica.
1 - Come per il mito
del Titanic, sembra dirci Hulsman, sia oggi che nel pre-14 il mondo è ritenuto
inaffondabile mentre invece esso si trova in uno stato di disequilibrio
multipolare e l’egemone di oggi, come quello di allora, è declinante. USA oggi
come GB ieri valgono sempre meno in termini di leadership e al tempo stesso non
sono più in grado di imporre il nuovo ordine da soli. Hanno bisogno degli
altri. A questo punto Hulsman vede la Cina come il Kaiser del decennio pre-14,
cioè come un pericolo di prospettiva, e auspica che gli Stati Uniti sappiano
dar miglior coesione al sistema di alleanze asiatiche.
2 – “La sconsiderata espansione ad infinitum della NATO” induce i poteri locali ex URSS a credere
che l’Occidente possa accorrere in loro aiuto. Ciò vale oggi per l’Ucraina come
per la Georgia del 2008. Sia Arsenio Arseniucco che Mikheil Saakashvili sono
stati fatti oggetto di un surriscaldamento di testa da parte americana. E qui
il riferimento è a quei centri di potere statunitensi che Hulsman chiama
“neoconservatori wilsoniani” (con riferimento, credo, a Woodrow Wilson) i quali
incoraggiano le forze anti Putin con un impulso propagandistico tale da indurli
ad esporsi come se fossero già protetti da un’alleanza NATO. Ma il risultato di
tali impulsi è quello di provocare il riposizionamento internazionale in barba
a Putin sottovalutandone la capacità di reazione, mentre abbiamo visto che costui
è perfettamente in grado di reagire stabilizzando la Georgia, prendendosi la
Crimea e forse anche l’est ucraino.
Il sistema delle alleanze fu il fattore di moltiplicazione
dei soggetti in conflitto nel 1914 ma potrebbe esserlo anche oggi perché implica
di fatto una cessione di sovranità in materia di guerra o pace. Secondo Hulsman
il Giappone di oggi potrebbe essere come la Serbia di ieri. Occorre quindi che
Washington vigili più attentamente su Pechino e Tokyo “affinché nessuna delle
due si arroghi il diritto di dettare tempi e modi della politica estera
statunitense”.
3 – Nel periodo prebellico 1914 si rivelò influente il libro
di Norman Angel La grande illusione. In
esso si riteneva improbabile ed economicamente sbagliato un conflitto bellico
tra Germania e Inghilterra visto il grado alto di integrazione commerciale. I
decisori dell’epoca si spingevano quindi avanti nelle reciproche provocazioni
forti di questa convinzione.
Ebbene oggi nel confronto con Putin è l’occidente ad
essere frenato dal grado di integrazione. Si pensi ad esempio al gas per il cui
approvvigionamento in Germania sono impegnati oltre 300 mila posti di lavoro.
Ma ciò non basta per escludere la possibilità di sbocchi conflittuali perché interessa
solo l’Europa e perché proprio il ’14 insegna che contano molto anche fattori
non economici come l’orgoglio nazionale, la politica interna ecc.
Questa considerazione di Hulsman mi fa pensare che egli sia
convinto della maggiore pericolosità di Putin rispetto agli Stati Uniti;
considerazione che non mi troverebbe d’accordo.
In conclusione, nell’ottica di Hulsman, per preservare la
nostra civiltà dal rischio WW3 occorre che gli Stati Uniti, potenza in declino
ma ancora egemone, sappiano indurre i paesi emergenti alla conservazione dell’attuale
world order “alzando sensibilmente il prezzo della sovversione senza però
cedere pezzi di sovranità a terzi che potrebbero approfittarne”.
Io sono alquanto perplesso su questo consiglio geopolitico perché
non vedo proprio quale sia l’interesse degli emergenti alla stabilità dell’attuale
ordine internazionale; un ordine che è stato la causa principale del loro
passato sfruttamento, ma condivido l’idea che il conflitto globale oggi è non
solo possibile ma potenzialmente probabile perché ce lo insegna analogicamente
la dinamica che portò a quello di cento anni fa.
E mi piacciono le parole di Hulsman nella sua conclusione: “Niente
è scritto, niente è predestinato. Sta a noi, qui ed ora sfidare l’ignoto e
trovare le soluzioni. E dobbiamo farlo con umiltà, ma con la coscienza che siamo
noi ciò che si interpone tra la civiltà e la catastrofe. E’ bene guardare nell’abisso
ogni tanto, se serve ad evitarlo”.
L’abisso ci rivela che la Morte è già sul cavallo livido, e cavalca
oscuro davanti noi…
Joseph William Turner, straordinario pittore romantico, ha
saputo rappresentare la forma allucinata del monito giovanneo contenuto in Ap
6:8.
E’ il nostro autocompiacimento, quello dell’occidente
alleato, il primo nemico da battere, questo ci insegna il centenario.