Settant’anni fa Valdagno era alle prese con uno dei suoi
passaggi storici più importanti. WW2 era appena finita lasciando, com’è ovvio,
un sacco di debiti ed una economia distrutta.
Lo storico Ernesto Brunetta, in una delle sue sempre
appezzabili pubblicazioni divulgative dedicate alla storia veneta, definisce il
1945 un anno “spezzato in due”.
Nell’Italia del Nord, infatti, il secondo
semestre, seppur rianimato dalla liberazione, fu più duro del primo.
“L’esercito tedesco era
stato mantenuto dalla RSI con una cospicua indennità d’occupazione cui il
governo fascista aveva in gran parte fatto fronte emettendo moneta”; …al
sud invece gli eserciti alleati avevano introdotte le “Amlire” moneta
assolutamente virtuale senza alcun controvalore. Inflazione pura; economia di
guerra appunto. Il pericolo economico più grave era quindi che l’enorme
inflazione dell’Italia liberata si estendesse ora al territorio ex RSI. Si
cercò di impedire la circolazione monetaria nella vecchia linea gotica, ma già
a settembre essa era aumentata di oltre 47 milioni di lire. Mercato nero.
Rispetto al 1938 i prezzi medi erano aumentati di 38 volte al sud e, sempre a
settembre 1945, nel Nord di 24 volte.
E per tutti lo spettro angosciante era la disoccupazione.
Brunetta cita una relazione della Camera di commercio di Venezia datata 28 Giugno
nella quale, oltre ai dati suddetti, si esamina la situazione delle scorte
concludendo che la ripresa è praticamente impossibile per mancanza di energia e
pezzi di ricambio necessari all’apparato produttivo.
Ora, in questo contesto generale a Valdagno si stava un po’
meno peggio perché venne scongiurata la fermata degli stabilimenti nonostante
magazzini vuoti e altre difficoltà. Pietro Marzotto avrà occasione di
ricordare, in una lettera del 1969, che allora Valdagno “si alimentava
materialmente con le scorte provvidenziali costituite dalla Marzotto”. Ma era
comunque dura.
Gaetano Marzotto nell’Agosto del 1945 era assente da Valdagno
da più di un anno. I suoi interessi erano diretti da Masci, storico direttore
dei lanifici che abitava nella attuale Villa Serena, e le altre attività di cui
era presidente, come la Marmi di Chiampo, avevano i lavoratori senza stipendio per
oltre due mesi. Il suo problema era rientrare a Valdagno e riprendere possesso
degli stabilimenti, i quali si trovavano ancora sotto il controllo dei
partigiani del CLN dopo che in Aprile li avevano salvati dalla distruzione
tedesca.
Era in corso il processo di epurazione. Il clima era
convulso, ma destinato, come spiega bene Brunetta a risolversi entro il mese di
Novembre quando, con la caduta del Governo Parri si può anche datare la fine
del consenso popolare ai CLN. La crisi aveva già determinato uno scollamento
tra i cittadini e la nuova classe dirigente uscita dalla Resistenza.
Il 20 Giugno, quasi due mesi dopo il 25 Aprile, su iniziativa
del vescovo Zaffonato, Sergio Perin, Bruno Gavasso e altri rappresentanti del
CLN valdagnese avevano firmato a Vittorio Veneto un accordo che assicurava a
Gaetano Marzotto che non ci sarebbe stato alcun procedimento politico contro di
lui in cambio di una cospicua serie di benefici sociali per gli operai valdagnesi
e le loro famiglie nonché l’impegno a capitalizzare una cooperativa di consumo.
Tale accordo venne sconfessato dal Clnp, ma poi lentamente riassorbito senza
che a Gaetano Marzotto venisse mosso alcun addebito.
Ora in questo arco di tempo due date sono importanti per la
storia valdagnese. Una è appunto il 7 Agosto quando avvenne a Vicenza
l’incontro tra il CLN provinciale e i rappresentanti valdagnesi del CLN in una
riunione che si concluse senza muovere alcun addebito a Gaetano Marzotto;
l’altra il 10 Settembre quando Gaetano Marzotto tornò Valdagno accolto da banda
e manifestazioni.
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