lunedì 8 settembre 2025
Volonterosi o belligeranti?
ll conflitto in Ucraina e il ruolo degli Stati occidentali
1. Il conflitto in Ucraina continua a rappresentare una frattura profonda nelle relazioni internazionali contemporanee. Le posizioni dei diversi attori globali e regionali, unite alla complessa stratificazione storica e geopolitica, evidenziano le difficoltà di un percorso diplomatico verso una pace stabile. Il presente contributo analizza le dichiarazioni e le strategie dei cosiddetti “volenterosi”, il ruolo della Federazione Russa, le posizioni degli Stati europei e le prospettive legate alla corsa al riarmo.
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2. La posizione russa e le preoccupazioni di sicurezza
La Federazione Russa ha ribadito più volte che una pace duratura è subordinata a due condizioni: l’arresto dell’espansione della NATO in Ucraina e l’impossibilità che armamenti occidentali vengano dispiegati ai confini russi. Tali istanze, percepite a Mosca come minacce esistenziali, sono state poste al centro della giustificazione dell’azione militare avviata nel 2022. La prospettiva che eserciti occidentali si dispieghino nei pressi della Russia confermerebbe, secondo l’interpretazione russa, la legittimità delle proprie preoccupazioni originarie.
3. I “volenterosi” e le implicazioni della loro strategia
Un gruppo di trentacinque Stati, ventisei dei quali favorevoli a un intervento diretto, si è dichiarato disponibile a inviare truppe in Ucraina al cessate il fuoco. Tale posizione, tuttavia, solleva un paradosso: mentre gli Stati affermano di voler favorire la pace, le loro dichiarazioni rischiano di prolungare il conflitto. L’eventuale dispiegamento di contingenti occidentali verrebbe percepito come una provocazione, con il risultato di consolidare l’intransigenza russa e di allontanare la prospettiva di un accordo.
La proposta occidentale relativa ad una riduzione dell’età della leva ucraina obbligatoria a diciotto anni, svela l’intenzione di protrarre il conflitto fino all’esaurimento delle risorse umane ucraine, nella strumentale speranza di dare nel frattempo all’Occidente l’opportunità di rafforzare le proprie capacità militari.
4. Conseguenze sociali: l’esodo giovanile ucraino
Il protrarsi della guerra swta producendo un massiccio esodo della popolazione giovanile, in particolare nella fascia 18-25 anni. Questo fenomeno si aggraverebbe in caso di mancanza di uno status formale di rifugiato, aggravando ulteriormente le tensioni demografiche e sociali interne all’Ucraina e privando il Paese di una parte significativa della propria forza lavoro e della futura classe dirigente.
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5. Le posizioni dei principali Stati europei
5.1 Polonia
Varsavia ha escluso l’invio di truppe, richiamando la memoria dei massacri perpetrati dai nazionalisti ucraini in Volinia durante la Seconda guerra mondiale. L’intitolazione di monumenti e piazze a figure implicate in tali eventi mantiene aperte ferite storiche ancora sensibili nelle relazioni bilaterali.
5.2 Germania
La Germania manifesta una duplice posizione: da un lato, il leader Merz sostiene un consistente riarmo; dall’altro, permane una riluttanza all’invio di truppe, legata anche al peso simbolico della sconfitta subita con la bandiera sovietica issata sul Reichstag. Intanto, all’interno del Paese, cresce il dissenso, come dimostrato dall’attività politica di Sahra Wagenknecht.
5.3 Italia
L’Italia si mostra critica verso la linea europea prevalente e propone un modello di intervento legato ad una interpretazione restrittiva dell’articolo 5 della NATO. Roma rifiuta l’ipotesi di inviare contingenti, unità sminatrici o supporto aereo, distinguendosi nettamente dalla Francia, dove il governo deve fronteggiare il rischio di una mozione di sfiducia.
5.4 Francia
La Francia attraversa un delicato momento politico interno. Marine Le Pen, pur osteggiata da gran parte dell’opinione pubblica, ha rafforzato la propria base di consenso, al punto che l’elezione di Macron è stata possibile in gran parte grazie alla contrapposizione con la sua figura. Le dinamiche interne francesi influenzano dunque anche l’orientamento estero del Paese.
6. La corsa al riarmo
L’ultima strategia condivisa dagli Stati occidentali sembra consistere nel rafforzamento del processo di riarmo. Tuttavia, la Federazione Russa è in grado di produrre, nell’arco di tre mesi, una quantità di armamenti superiore a quella complessivamente realizzata in un anno da tutti i Paesi occidentali, inclusi gli Stati Uniti, con l’eccezione del comparto aeronautico.
Secondo il premier olandese Mark Rutte, la Russia non avrebbe una capacità militare superiore a quella del Texas; tuttavia, egli stesso ha osservato che persino l’Olanda non sarebbe in grado di prevalere in un simile confronto. Questo dato sottolinea come, anche nelle comparazioni più favorevoli, la Federazione Russa manterrebbe un vantaggio competitivo nella corsa agli armamenti.
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7. Conclusioni
L’analisi delle dichiarazioni e delle strategie dei volenterosi mostra come la retorica della pace rischi di tradursi, in realtà, in un prolungamento delle ostilità. La divergenza tra le posizioni dei singoli Stati europei, unite alle preoccupazioni storiche e identitarie, rende ancora più difficile la costruzione di un fronte coeso. La dinamica attuale sembra orientarsi verso una competizione industriale e militare che, almeno nel breve periodo, appare favorevole alla Federazione Russa, aggravando così l’incertezza sul futuro del conflitto e sulle prospettive di una pace sostenibile.=========================================================================================================================================================================================================================================================================================== The declarations of the “willing countries” ostensibly aimed at peace paradoxically contribute to prolonging the conflict. Divergent national positions within Europe hinder strategic cohesion, while Russia’s superior armament production capacity consolidates its advantage. Consequently, prospects for a sustainable peace remain uncertain, overshadowed by escalating militarization and geopolitical fragmentation.
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