Lo storico Giovanni Mantese nel suo libro sulla storia di
Schio uscito nel 1955, scrive:
“La popolazione
scledense stentava a mettersi sul piano di guerra. Dopo il 1848 non aveva più
sentito sparare il cannone ed era assai lontana dall’immaginare le terribili
conseguenze di una guerra moderna…
Spuntò il tragico 1916
che doveva seminare la morte e la strage su tutta la nostra fronte vicentina,
oltre ad un terribile panico tra la popolazione, sulla quale incombeva lo
spettro della invasione nemica.”
Situazione dopo il ’15.
I primi sette mesi di guerra erano stati caratterizzati soprattutto
dalle battaglie sull’Isonzo. E tra il 23
giugno e il 2 dicembre gli italiani scomparsi erano già 280.000 tra morti,
feriti, dispersi e prigionieri. Come reagiva il paese? Ernesto Brunetta nel suo
libretto dedicato al Veneto nel 1916 ne fa il punto (1916 Veneto Zona di
Guerra, EDITORIALE PROGRAMMA, Treviso 2015).
Quando lo Stato incaricò i Reali Carabinieri di procedere ad
una indagine sulle famiglie dei soldati defunti per stimare il fabbisogno in
termini di sussidi venne fuori ancora una volta l’estrema povertà del Paese. In
un rapporto dell’Arma osserva soprattutto il fatto che l’indigenza pervade il
mondo contadino. Gli operai sono in buona Parte esentati dal servizio per poter
essere utilizzato in particolare nelle fabbriche ausiliarie. Un operaio
metallurgico guadagnava 120 lire al mese, una bidella 54, un professore di
scuola tecnica 363,90.
Il sussidio corrisposto alle mogli dei soldati, esteso poi
alle vedove, venne portato a 60 centesimi al giorno.
I Calmieri.
I Prefetti erano incaricati di stilare il calmiere dei
prezzi. Ma dall’inizio del 1916 nelle zone militari, quale era stata dichiarata
Valdagno, la competenza sui prezzi dei generi alimentari passò ai comandi di
Corpo d’Armata. Il nostro aveva sede a Schio e prevedeva per il latte prezzi
più bassi di quello prefettizio. Precisamente 22 contro 25 centesimi al litro (vedi
Maurizio Dal Lago “Valdagno e i Marzotto 2009).
Il comune di Novale non era
stato dichiarato zona di guerra e pertanto nel suo territorio il latte poteva
essere venduto a 25 centesimi. La questione generò una disputa amministrativa
che si risolse con l’adeguamento da parte dei militari del prezzo del latte innalzandolo
da 22 a 25 centesimi al litro con delibera del 7 Giugno. Nei mesi di mezzo i
nostri produttori si astenevano dal portare il latte al mercato di Valdagno,
preferendo venderlo a Novale.
Al giorno d’oggi, a prima vista, sembrerebbero cose da poco,
ma G. Brunetta (pg 18) ci fa un esempio che ci riporta alla miseranda realtà di
cento anni fa.
Vicino ad Udine un chilo di pane calmierato costava da 48 a
60 centesimi di Lire, la farina da polenta 38 a chilo, il latte 25 centesimi a
litro mentre la legna da ardere costava 40 centesimi al miriagramma (10 chili).
La moglie del richiamato poteva quindi comprare poco: rinunciando al pane
poteva prendere un po’ di legna, polenta e latte.
Il rapporto dei Carabinieri inoltre prevede il rischio di
andare al regime di razionamento per controllare il mercato dalle speculazioni,
cosa che avverrà nel 1917. Inizia anche una politica di risparmio e
contenimento dei consumi.
Con l’anno nuovo quindi arrivano le ristrettezze alimentari e
il malcontento si somma alla miseria endemica del Veneto contadino. Nelle zone
di guerra, come Valdagno e Schio, le famiglie operaie, pur nel quadro di
ristrettezza, beneficiano di qualche attenzione.
Ezio Maria Simini, nel suo bel libro “il nostro signor capo”
uscito nel 1980, riporta alcuni passi della relazione al bilancio
dell’esercizio 1916 della Lanerossi ove vi è traccia degli aiuti e dei sussidi
predisposti dall’industria per le famiglie degli operai profughi “… anche a costo di ridurre – in un’annata
già così critica – gli utili del capitale…”
Morale e licenze
Il rapporto dei carabinieri citato da Brunetta (16 Febbraio
1916) dice quindi che gli operai stavano meglio (si fa per dire) ma non nega
però il drastico mutamento di clima che caratterizza il nuovo anno.
Si denuncia un preteso disfattismo di qualche sacerdote (il
nuovo papa Benedetto XV aveva preso posizione dura contro la guerra) e il basso
morale della popolazione come fatti causati dai discorsi sentiti dai soldati
ritornati dal fronte in licenza. E la risposta cadorniana, ovviamente, sarà
quella di ridurre le licenze.
Cadorna aveva già iniziato a contenere le licenze in Ottobre,
ma ora aumenta la frenata e il 4 Maggio del ’16 i prefetti intervengono sui
sindaci per restringere i criteri di valutazione quando certificano l’esistenza
di gravi problemi in famiglia per coloro che chiedono licenza.
Ma anche senza licenze a determinare il nuovo clima ci furono
le lettere dal fronte. Ce ne sono vari
esempi in letteratura (non ultimo il recente libro di Aldo Cazzullo, La guerra
dei nostri nonni) ma per coglierne il sentimento a me basta questa frase:
”Vigliaco d’un governo
Itagliano diun traditore asasino sarebero caso … di fucilazione cominciare da
quel vecchio schifoso di Cadorna e fino ai suoi schifosi deputati e tutta la
Camera, delinquenti.”
(27 Settembre 1916, un veneziano alla sua famiglia.)
°°°
Nel suo diario il tenente Attilio Frescura si congeda
dall’anno 1915 con queste parole:
“1915: anno di guerra! Eppure se io vi ripenso,
il carro oltre passò
col carco di fieno
e ancor ne odora la
silvestre via…”
Era ancora ottimista, seppur nel suo cinico scetticismo, ma
lo sarà ancora per poco…
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