Quarant’anni fa in questi mesi stava prendendo corpo uno
degli esperimenti di contropotere criminale integrato più importanti nella
nostra storia. Si tratta dell’organizzazione passata alle cronache col nome di
Banda della Magliana (BdM). Ma non era una banda criminale, fu oggettivamente il
braccio armato di un sistema di potere molto ampio ed efficiente. Un sistema
del quale i banditi borgatari fecero più o meno consapevolmente da “STANZA DI
COMPENSAZIONE”; secondo una definizione presente negli atti parlamentari.
Il rapimento e l’assassinio del Duca Massimiliano Grazioli
Lante della Rovere è il decollo della Banda della Magliana. Procurerà entrate
per un miliardo e mezzo
Il rapimento prende avvio, dopo circa un mese di
preparazione, il 7 Novembre 1977 e si conclude il 4 Marzo 1978 quando
Giuseppucci consegna ai complici i soldi del riscatto. Egli viene informato
solo in tale circostanza dell’avvenuta uccisione del sequestrato e possiamo
osservare che tale conclusione repentina del sequestro costituisce occasione
fortuita perché permette di evitare tutte le complicazioni legate al sequestro
Moro che avrà inizio solo 12 giorni dopo.
Il Giuseppucci, detto anche “er negro” oppure “er
fornaretto”, è la figura più autorevole della banda ed è colui che ha
concepito e pianificato il sequestro portando a termine le trattative.
Il giudice Fernando Imposimato, al quale vennero da subito
affidate le indagini, ricostruisce nel suo libro “l’Italia dei sequestri”, alla
luce dei suoi ricordi e delle dichiarazioni rese nel 1992 da Maurizio Abbatino,
il ruolo avuto all’epoca da Giuseppucci. Come è noto la spartizione del
malloppo avviene tra i componenti della Banda con il criterio della “stecca
para” coinvolgendo i componenti di un’alta banda (Montespaccato) nella gestione
del rapito.
Il giudice Imposimato intuì già all’epoca un possibile collegamento
tra BdM e sequestro nonostante le modalità operative dei rapitori si rivelassero
diverse, sconosciute e meno superficiali di quelle usate dagli altri soggetti
dell’epoca come i marsigliesi.
La sede “legale” della Banda era infatti situata in via del
Gesù n 62 e risultava affittata a Domenico “Memmo” Balducci noto usuraio che si
rivelerà successivamente anello di congiunzione con Pippo Calò. Ad affittarla a
tale personaggio era stato un esponente dello stesso casato del rapito, il
marchese Vittorio Grazioli Guglielmi Lante della Rovere (il proprietario dello
jacht dove Vittorio Emanuele di Savoia sparò a Dirk Hamer). E pertanto
Imposimato si accinse da subito ad indagare negli ambienti familiari alla
ricerca di tracce che rivelassero un possibile basista.
Egli trovò reticente il figlio Giulio Grazioli e ne
approfondi la figura scoprendo che frequentava un “brillante coetaneo”, tale
Enrico, gestore di una sala corse avente come guardia del corpo “er Negro”
(Franco Giuseppucci appunto). Per questa via (Giuseppucci-Enrico- Giulio) erano
trapelate le informazioni relative al fatto che il Duca aveva ricevuto un lauto
risarcimento per l’esproprio di terreni sulla via Salaria ove sarebbe nata
un’autostrada. Era da questa informazione che partiva la stessa idea del
sequestro …
Il figlio Giulio comunicava via Enrico con Giuseppucci,
condusse la trattativa dribblando la polizia, ridusse l’entità del riscatto
passando dai 10 miliardi della prima richiesta a 1,3 della consegna. Con la
morte del padre egli ereditò i beni, compresi i miliardi rimanenti dopo l’indennizzo
per esproprio. Quest’ultimo dettaglio Imposimato non lo dice, ma spiega
chiaramente di aver seguito la pista finanziaria per tutto il periodo
successivo creando molto disturbo nell’ambiente finanziario romano, quello per
capirci che porterà negli anni successivi alle tragedie Sindona e Calvi.
Giuseppucci organizzò per compartimenti la gestione
dell’operazione, un modello caratteristico delle organizzazioni clandestine di
lunga durata. Organizzazioni cioè che vogliono resistere alle controffensive
dello Stato. Ma potrebbe anche avere solo preso in prestito il modello per
applicarlo occasionalmente. Sta di fatto che la compartimentazione ha
funzionato al punto tale da tagliare fuori lui stesso da una decisione chiave
dell’operazione, ovvero quella di sopprimere il rapito.
Ma la storia della Banda della Magliana si caratterizza perché
lo Stato, nella sua parte occulta (servizi e poteri) viene in realtà cooptato
in un rapporto osmotico al cui interno avviene lo scambio tra la banda e i portatori
di trame illecite.
In pratica gli specialisti della BdM fanno i dirty triks e in
cambio lo Stato fornisce tutele occulte.
Inoltre la BdM adottò fin dall’inizio una politica di integrazione
con Mafia, ‘Ndrangheta e Camorra, ma anche con Vaticano, finanza criminale, NAR
e Servizi Segreti. Una politica che verrà poi progressivamente sviluppata da
Danilo Abbruciati e Renatino De Pedis., Tanto che dopo la morte di Giuseppucci,
nei primi anni ottanta l’integrazione sarà totale.
Le prove sono molte. Innanzitutto il deposito di armi degli
anni d’oro: i sotterranei del ministero della Sanità. In quella parte che
confina con il territorio formalmente appartenente allo Stato Vaticano. Da lì
provenivano le stesse pallottole usate per omicidi riconducibili a regolamenti
interni BdM, ma anche Pecorelli e Chicchiarelli due eliminazioni funzionali
alla copertura di trame occulte. Poi abbiamo gli incontri sistematici con
Semerari, il quale teneva seminari sull’eversione nera ove venivano pianificate
azioni dei NAR. Semerari agiva per conto dei servizi segreti e forniva servizi
di tutela giuridica a criminali organizzati e comuni comprese perizia lautamete
pagate da organi dello Stato. Infine la clamorosa e azione armata compiuta da
Danilo Abbruciati contro il vicepresidente Rosone del Banco Ambrosiano durante
la vicenda Calvi. Una gambizzazione realizzabile solo da qualcuno in contatto
con Mafia e Servizi, una azione dal tutto estranea agli scopi e agli interessi
della BdM.
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