Il Fatto Quotidiano di oggi dà spazio alle considerazioni di Massimo Fini, commentatore di destra di indole indipendente, sul
25 Aprile.
Costui parte dalla considerazione che la festività non ha
avuto una particolare partecipazione almeno rispetto a varie occasioni
oceaniche del passato.
Può darsi che sia vero, ma non per la mia città, ovvero
Valdagno, medaglia d’argento della Resistenza. Ci sono foto e filmati che girano in
rete che lo documentano.
Detto questo Fini non dice cazzate, o quantomeno il suo non è
per niente uno sfogo rancoroso. Ma il limite della sua riflessione è che non
vede il tratto di continuità tra il 25 Aprile e la Costituzione. Come ho già
detto infatti non c’è l’una senza l’altra.
Tuttavia posso accettare la critica secondo la quale la
festività può essere stata caricata, in settant’anni di storia, di eccessi
retorici al punto da logorarla.
Il pensiero di Fini in sintesi è questo: la
Resistenza è stata uccisa dalla “asfissiante
e per niente innocente retorica di cui per decenni è stata caricata”. Essa,
scrive Fini, fu solo il riscatto morale di poche decine di migliaia di donne e
di uomini coraggiosi e non siamo stati noi a liberarci dal nazifascismo, ma gli
Alleati. E in Piazza Venezia i 10 Giugo del '40 a chiedere la guerra c’era l’Italia intera.
Quindi la retorica avrebbe asfissiato la memoria
falsificandola.
Ma questo negli anni golpisti è stato assolutamente
giustificato. E il 25 Aprile è stato un veicolo di trasmissione dei valori di
cui poi si è nutrita la storia della mia generazione (ho dieci anni di meno di
Fini). E questi valori sono proprio la libertà, la democrazia ecc. il cui uso
retorico, questo sì, piaceva tanto agli anticomunisti.
Il punto è che per tutto il dopoguerra il rischio neofascista
è stato sempre immanente e c’è sempre stato il conseguente rischio che la
retorica sostituisse la memoria.
Ma questo non è il rischio della generazione attuale. I
giovani d’oggi rischiano un deficit valoriale in ogni campo della loro vita,
non solo in politica.
Oggi i valori, come aveva profeticamente intuito Pasolini,
sono sostituiti dal consumismo. Un giovane d’oggi si sente bravo non quando rispetta
comportamenti etici, ma quando coglie abilmente le opportunità consumistiche,
edonistiche e tecnologiche. E questo non è colpa del 25 Aprile. Inoltre la
memoria della Resistenza non aggrava affatto tale problema, anzi, con queste
cerimonie si contribuisce ad una trasmissione valoriale che attua la
Costituzione e cioè la convenzione fondamentale per stare insieme e, se
volgiamo, per consumare, in pace. E questa non è retorica.
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