Syria
strike. The New York Time International Edition relega la notizia in quarta
pagina, più o meno quanto dedicato, nella pagina di fronte, alla situazione in
Nord Corea. Nessun richiamo al bombardamento in prima pagina dove il fondo di
Paul Krugman è dedicato alle contraddizioni interne di Tramp col suo partito,
all’obamacare e le tasse. Lo stesso articolo di fondo rinvia a pagina 10 dove
spicca un articolone sulla necessità di far fuori il dittatore nordcoreano.
Nessun accenno ad Assad.
Quindi
la lettura di NYT permette di cogliere che a Washingthon non c’è assolutamente
l’enfasi abnorme che invece si riscontra nella stampa italiana. E l’analisi di
David Sanger lo conferma.
Lanciando
il colpo militare a soli 77 giorni di amministrazione il Presidente Trump ha l’opportunità
di cambiare la percezione di disordine nella sua amministrazione. Evidenzia che
l’attacco prefigura l’incontro della prossima settimana tra il segretario di
stato Rex Tillerson e il Presidente Putin. Prima dell’attacco alla base siriana
di giovedì notte ci si aspettava che l’incontro sarebbe stato dominato dal tema
dell’attacco cibernetico che ha interferito nelle elezioni presidenziali. Invece
ora c’è l’opportunità per l’amministrazione americana di chiedere che il leader
russo ridimensioni il sostegno ad Assad. E’ stata infatti resa credibile l’ipotesi
che in caso contrario verrebbe intensificata l’azione militare americana.
Nel
2013 Obama, dopo aver tracciato la linea rossa che, in caso di superamento, avrebbe
causato l’intervento americano preferì accordarsi per uno smantellamento dell’arsenale
chimico siriano. L’Italia sa bene che l’accordo fu rispettato perché contribuì
ad attuarlo quando era ministra la Bonino. Le sostanze chimiche arrivarono da
noi sottacendo le proteste dei cittadini campani che vi si opponevano. Questa
impostazione fu saggia perché risolse il problema dell’equilibrio regionale
rafforzando la garanzia russa. Le armi chimiche erano state lasciate insediare
dalla comunità internazionale in territorio Siriano negli anni in cui Israele
si faceva la bomba atomica e c’era bisogno di un bilanciamento. Ora i costi del
loro smantellamento non avrebbe potuto essere caricato sullo stato siriano e fu
caricato appunto sulla comunità internazionale. Inoltre Obama non insistette sul regime change
miliare perché era consapevole che il collasso della Siria sarebbe stato un
paradiso per i terroristi islamici. Egli applicava infatti la lezione che il generale
Petraeus raccomanda di imparare dall’esperienza irachena è cioè che quando si
determina un vuoto di potere si fa esplodere una costellazione di estremismi. Vennero
quindi lasciate ai colloqui di Ginevra le istanze per una caduta di Assad. Ma
non ebbero seguito.
Quella
decisione venne però criticata durante la campagna elettorale da parte di Trump
come un segno di debolezza da non ripetere mai più. Ma era solo un argomento elettoralistico per
catturare gli elettori di McCain. Ora questo strike, che è poco più di un gesto
simbolico, può anche apparire come una promessa mantenuta.
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E’
possibile che la minaccia di intervento militare americano sullo scenario
siriano del dopo Isis sia ben vista più dalla UE che dagli stessi americani. E
ciò giustificherebbe l’enfasi. In particolare da parte degli stessi francesi i
quali, con le loro mire sulla Libia, vedrebbero bene un ridimensionamento del
ruolo russo nella regione. Ma vorrebbero che ciò avvenisse senza esporsi più di
tanto.
Infine
la NATO, che vorrebbe rilanciarsi ai confini est europei, non può tollerare il
legame turco con Putin in questa nuova fase e tenta di staccarli. Una caduta di
Assad potrebbe valere come contropartita per un rientro nei ranghi da parte di
Erdogan.
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Detto
questo nulla giustifica la violenza delle armi per opportunismi geopolitici. Ci
sono stati dei morti civili e forse anche qualche bambino. Ma stento a credere
anche a questa versone. I bambini ormai vengono messi in mezzo ad ogni
comunicato stampa che si vuole emotivo. L’opinione pubblica edonista
occidentale, che non fa bambini, si commuove e abbassa le difese.
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