Mi riferisco al recente libro di Paolo Mieli sulle verità sacrificate. Della trentina di casi narrati prendo spunto da
Scalfaro e il
SISDE (pg 107 – 113). Una verità indicibile.
Il presidente
democristiano che piacque alla sinistra ebbe scontri pesanti con uomini dei
servizi segreti soprattutto a ridosso di tangentopoli. In quel clima che vedeva
clamorose dimissioni di ministri e parlamentari per tangenti, dazioni e
finanziamenti illeciti, egli venne fatto oggetto di insinuazioni lesive della
sua correttezza personale. Infatti avvenne che indagando sul fallimento di una
agenzia di viaggi vennero arrestati uomini dei servizi con incarichi di
rilievo. Tra questi Galati e Malpica rispettivamente cassiere e direttore.
Costoro esternarono l’esistenza a partire da una legge del 1977, di un
tesoretto messo a disposizione di ogni ministro dell’Interno della Repubblica.
Una cifra consistente in cento milioni al mese. Egli, il presidente Scalfaro,
reagì facendo un discorso alla nazione a reti unificate nel quale lanciò le
famose parole “non ci sto”. Ma non negò di aver ricevuto quei soldi. Una
dazione peraltro legale. E successivamente al discorso sfidò chiunque a
dimostrare uso illecito di tale denaro. I magistrati in quel frangente
appoggiarono il Presidente Scalfaro e accusarono gli accusatori di attentato
agli organi costituzionali.
Ma Francesco Misiano, sostituto procuratore di
Roma, scrisse un libro nel quale contestava questa scelta attaccando i
superiori per aver salvato Scalfaro da un’indagine sull’utilizzo di una
montagna di soldi. Malpica pubblicò un libro nel quale diceva chiaramente che
“il signor Scalfaro quei sodi li ha presi” e, pur ricordando la proverbiale
onestà dell’uomo, ricordava che Fanfani da ministro dell’interno nel 1987 – 88
non attinse a quel denaro.
Ci fu in realtà
un’inchiesta promossa dal ministro dell’Interno Nicola Mancino che incaricò il
magistrato Filippo Mancuso. Costui certificò l’inesistenza di illeciti, ma nel
1995 divenne ministro della giustizia del governo Berlusconi e quando questo
cadde il Mancuso stesso da esponente dell’opposizione sotto attacco polemico,
fece pervenire alla stampa un nuovo attacco alla correttezza di Scalfaro,
accusandolo di essere a suo tempo intervenuto su di lui per forzarlo a
dichiarare pregiudizialmente tale assenza di illeciti. In pratica un’illecita
pressione censoria, un abuso di potere. Al punto che Mancuso quando Scalfaro
lascerà il Quirinale nel 1999 presentò un esposto giudiziario. Esposto che
venne archiviato dal Tribunale dei Ministri.
L’esistenza
tutt’oggi del dubbio sulla legittimità dell’operato di Scalfaro costituirebbe
la verità indicibile di questo caso.
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De minimis non curat praetor
(il pretore non si cura di cose di poca importanza ---)
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