L’iter che
ha portato alla definitiva datazione della Giornata Internazionale (per i
Diritti) della Donna sembra aver trovato conclusione con la Assemblea Generale
delle Nazioni Unite tenutasi il 6 Dicembre del 1977. In tale occasione, con una
apposita risoluzione, vennero invitati i paesi aderenti ad individuare negli
anni successivi il giorno in cui collocare le iniziative dedicate al tema.
Negli anni successivi vari paesi ottemperarono scegliendo in larga maggioranza
la data marciana. Un successivo atto assembleare ONU ha recepito e collocato l’indicazione
di data.
Lungo tale percorso
sono state tolte dal nome proprio della ricorrenza due parole di fondamentale
attualità: diritti e pace. Nel ’77 infatti la risoluzione
32/142 usava la dicitura United Nations Day for Women's Rights and
International Peace", mentre oggi si usa correntemente l’espressione International
Women’s Day e, in Italia, la più gioiosa espressione Festa della Donna.
L’Italia è
stata molto solerte in tale processo anche perché aveva già una lunga, e ormai
consolidata, tradizione. Una storia che, ci ricorda un articolo di Eliana Di
Caro oggi su IlSole24ore di oggi, risale alle prime leggi per la tutela della
maternità.
Bene. Ancor
oggi l’Italia è solerte tanto che ieri al Quirinale c’è stata una apposita
cerimonia con varie ministre, cavaliere e commendatore la cui sicurezza è stata
garantita da una Guardia d’Onore tutta al femminile.
Haimè.
Le donne
soldato esprimono, nell’era dell’immagine, il concetto di emancipazione
femminile in modo molto efficace ed esplicito. Anche Geddafy aveva scelto
questa via per mostrare al mondo il processo di emancipazione della Libia, ma
evidentemente non era sufficiente visto che gli abbiamo rovesciato sopra una
cascata di bombe e missili per liberare il suo popolo dall’oppressione…
Evidentemente
quando si dimentica la parola Pace si finisce per distruggere anche la libertà.
E allora c’è poco da festeggiare, perché la libertà delle donne è la prima a
sparire.
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