martedì 29 dicembre 2015
Omniavulnerant: Secret escapes parigine
Omniavulnerant: Secret escapes parigine: Gli accordi di Parigi, stesi e sanciti nell’ambito della Conferenza sul Clima, hanno dato il via ad una ulteriore tappa nel processo...
lunedì 28 dicembre 2015
Secret escapes parigine
Gli accordi di Parigi, stesi e sanciti nell’ambito della
Conferenza sul Clima, hanno dato il via ad una ulteriore tappa nel processo di
cooptazione della Cina. Ora la Cina può alzare il PIL portandolo un paio di
punti sopra il 7% (suppongo) assicurando così un ritmo di crescita globale tollerabile
per il resto del mondo. In termini di potenzialità essa potrebbe andare
tranquillamente sopra il 15%, ma questo distruggerebbe l’occidente e le sue
scorte petrolifere.
Su tutto ciò si possono fare però solo supposizioni perché
va di moda (come nel caso del TTIP) giocare la partita globale solo a carte
coperte.
Penso, e spero, che ci saranno prossime mosse in sede WTO capaci di dare maggiore trasparenza alla situazione, ma per l’intanto non lasciamoci
scappare i segnali in tralice.
Ma Renzuschino non vede bene i provvedimenti
che penalizzano il mercato dell’auto perché, dopo avergli regalato l’abolizione
dell’articolo 18, si aspetta da Marchionne un contenimento della
delocalizzazione anche nel 2016.
Con i nuovi ritmi di crescita auspicati in sede parigina i
prezzi del petrolio potrebbero riprendere la salita e non avendo investito
(tranne qualche finta) nelle alternative, tornerebbero comodi un po’ di
inceneritori di rifiuti, almeno uno ogni due regioni. L’incenerimento termovalorizzato
aumenterebbe l’autoproduzione di energia elettrica, ma porta un sacco di rogne
civiche. Il punto è che anche gli inceneritori emettono polveri sottili e
microparticelle, inquinando l’aria e soprattutto scaldandola.
Questi sono i primi segnali del dopo Parigi. Nel frattempo la
propaganda anti ISIS sta mostrando il rovescio della medaglia con un turismo
asfittico che preoccupa gli albergatori al punto da ricorrere ad una campagna
pubblicitaria che mostra la possibilità di utilizzare gli alberghi di lusso
come alberghi ad ore (secretEscapes ecc.).
E’ evidente che se si vuole un vero rilancio del PIL bisogna
finirla con le sanzioni anti Putin e chiudere davvero i conti con ISIS. Ma l’ambiguità
di chi ha creato questa guerra (Lobbies saudite, qataroemiratine e turche,
sotto la direzione politica di McCain e Erdogan) impedisce la vera
pacificazione militare per perseguire il vero obiettivo che è quello
insostenibile sui tavoli legali, della caduta di Assad.
Ubi opes, ibi amici.
domenica 27 dicembre 2015
Caro Aldo Moro... stai Sereno.
L'11 Dicembre u.s. è stata pubblicata la relazione della ennesima commissione Moro.
I
giornali la presentano senza tanta enfasi, come approdo conclusivo di un lavoro
svolto con unanime intento di ricerca della verità e altrettanto unanime
risultato.
In realtà le oltre 180 pagine che troviamo agli atti sul sito del
Parlamento scandiscono un lavoro di ricerca e acquisizione di documenti che non
risolve per niente il caso. Chi e perché abbia voluto la morte dello statista
rimane un quesito del cono d’ombra, e la verità è ancora lontana.
Con ciò non intendo
criticare un lavoro che permette indiscutibili passi avanti, anche se solo
sull’agguato e alcuni primi spostamenti dopo la cattura. Per il resto rimane da
fare un sacco di lavoro ulteriore. E le conclusioni della Relazione ne indicano la traccia: Il DNA di via Gradoli; il falso di Chicchiarelli (e la rapina Securmark);
le tracce sulla R4.
Su questi punti lo sviluppo del lavoro è possibile lavorando su nuovi reperti come luminol, DNA ecc. (dopo che sarà stabilito chiaramente chi paga). Pare che sia soprattutto la Guardia di Finanza a lavorarci sopra.
Su questi punti lo sviluppo del lavoro è possibile lavorando su nuovi reperti come luminol, DNA ecc. (dopo che sarà stabilito chiaramente chi paga). Pare che sia soprattutto la Guardia di Finanza a lavorarci sopra.
Poi c’è tutto un lavoro di revisione delle conclusioni precedenti.
Ad esempio le vere date e il vero ruolo di Senzani con la ricostruzione della
vicenda Superclan/Hyperion.
Infine ci son molti documenti stranieri da acquisire e una
bella rogatoria per Casimirri e Lojacono.
Speriamo che non ci sia uno stop. Ma ho l’impressione che
prevalga l’idea di mettere in tasca ciò che si è acquisito fin qui e nel
frattempo ripensare ad una nuova Commissione che coopti anche il principale
partito di opposizione (M5S). Meglio che nessuno esca vergine da questa partita...
Nelle scorse settimane gli ex grillini (nel senso che si
stanno sganciando dalla relativa grillo-dipendenza mediatica) hanno partecipato
al varo del pacchetto sicurezza. Ciò per una Italia appena entrata in guerra
costituisce un segnale di via libera alla loro definitiva legittimazione.
Cambia l’atteggiamento mediatico e la polemica contro di loro entra nella
normale dialettica tra i partiti. Ciò non significa ancora che avremo Di
Battista alla presidenza del COPACO, ma quasi. L’importante per l’establishment
sovranazionale è solo che l’Italia rimanga in guerra.
E un’Italia che indaga sulle passate intromissioni illegali degli alleati (USA e Israele) mentre è in guerra assieme a loro, tra l’altro con compiti di leadership
per la parte libica, non mi pare realistica. Meglio
accantonare tutto in attesa di tempi migliori…
Potrebbe essere questo il vero approdo dei lavori…
In the last weeks the parliamentary commission over Aldo
Moro affair, (an italian big mystery since 1978), concluded its work.
Many details have been defined but much work remains to do
in order to reach the truth. Particularly referring to the role played by the secret
services at the time. Especially those americans and israelis.
I hope that there will be not a stop for this important
inquest, but I’m not confident because of the international situation. The
ISIS-Lybian war needs a more frendly climate between the allies and for this
reason we do not get the truth.
sabato 26 dicembre 2015
Gufatina di santostefano
Il discorso tenuto oggi da Pope Francis all’Angelus ha un
sapore sincretico.
Il primo richiamo fondamentale è quello del MARTIRIO e il
concetto è stato ripreso dal TG nazionali associandolo alle vittime cristiane
del medio oriente. E’ stato fatto pertanto un uso strumentale delle parole di
Francis a favore della guerra in corso.
Come si può infatti vedere dal testo
integrale tale collegamento non c’era. E pensare che il TG2 si è spinto fino a
mischiare la notizia con un fantomatico bombardamento di una chiesa da parte
del jet russi. Le TV berlusconiche non si sono spinte a tanto. Ci sono
certamente vittime cristiane dell’integralismo JIHADISTA, e ad esse penso
spesso con rammarico, ma non credo proprio che ci sia nessun jet russo che bombarda
cristiani in quanto tali.
Quello che sta avvenendo invece è che in vista degli
accordi di Ginevra la posizione Assad-Putin si sta rafforzando parecchio grazie
ai risultati sul campo. E si rafforza anche in occidente l’idea di una piena
collaborazione con loro.
°°°
Il secondo concetto dell’Angelus è la stretta correlazione
tra Stefano, il protomartire, e San Paolo. Costui, che era un cittadino romano,
non un giudeo, come si può desumere dal Atti degli Apostoli, non solo fu
presente, ma diresse la lapidazione di Stefano, ne fu carnefice. Ma, sempre
secondo gli atti, fu da Stefano perdonato sotto i colpi delle pietre. Francis
lo invoca come esempio di perdono (il massimo del dono) e perciò, anche se oggi
non ha mai invocato la parola PACE, ha mandato un messaggio non violento.
Se è così quei giornalisti che oggi si sono fatti megafono
distorto dell’aggressione occidentale alla Siria dovrebbero non solo cambiare
mestiere, ma chiedere scusa e dedicarsi ai servizi sociali.
°°°
Stefano, secondo il Da Varazze, fu il primo dei sette diaconi ordinati dagli
apostoli. Egli era pieno di grazia e fortezza e faceva prodigi in mezzo
al popolo, ma la cosa generava invidie presso i giudei che lo
martirizzarono mediante lapidazione. Nella sua ricostruzione il Da Varazze
oltre alle Scritture, fa riferimento ad Agostino ed afferma che Stefano venne
lapidato il 3 Agosto dello “stesso anno in cui Gesù ascese al cielo”.
Meno noto, anche se il Da Varazze lo scrive, è che sulla scena del martirio e
quindi presumibilmente tra coloro che lanciarono almeno una pietra, c'era anche
Saulo di Tarso, colui che diverrà poi Paolo lungo la via di Damasco.
Il prete Luciano negli ultimi giorni dell’anno 415 d.C.
scrisse una lettera che costituisce una delle fonti principali su Santo
Stefano. Egli fissa a data della traslazione delle reliquie a Gerusalemme al 26
Dicembre 415 (e penso che sia con questo che si spiega la sua posizione nel
Martirologio). Egli racconta che nonostante la desolante siccità il passaggio
del suo corpo portava la pioggia abbeverando finalmente a terra…
Al giovane campione di ballismo televisivo che oggi ci guida
nel deserto, voglio ricordare, nel giorno di sanstefano, il verso di Fabrizio
de André:
“c’è chi aspetta la
pioggia/per non piangere da solo.”
domenica 22 novembre 2015
WW2: Norimberga e SPECTRE
Il Fatto Quotidiano del 20 Novembre, in occasione del settantesimo
dall’inizio del processo di Norimberga (1945), ripubblica un
eccellente articolo di Massimo Fini che era già uscito su L’Europeo il 6
settembre 1986.
In tale articolo Fini esamina criticamente la validità reale,
nei suoi termini storico-giuridici, di tale “processo” e produce argomentazioni
che trovo assolutamente valide e condivisibili.
...
Con i processi di Tokio e Norimberga i vincitori, per la
prima volta nella storia, giudicarono i vinti. Ma chi ha dato loro tale
diritto?
A pochi giorni dall’inizio del processo, il 1^ Dicembre del 1945, il
settimanale The Nation pubblicava le
riflessioni di un illustre penalista americano (Rustem Vambery) il quale
osservava che con quei processi venivano reintrodotti principi e nozioni
discutibili come la retroattività, la presunzione di reato futuro, la
responsabilità collettiva di gruppi politici o razziali ecc. che nella storia del
Diritto penale erano stati progressivamente esclusi con lungo travaglio.
Benedetto Croce in un successivo discorso presso l’Assemblea Costituente, aveva
parlato di “tribunali senza alcun fondamento di legge” e Massimo Fini commentando
tali osservazioni precisa che non si mette in discussione la “potestà dei
vincitori di punire i vinti” bensì la pretesa di farlo nel nome del diritto.
Il fatto è che il processo di Norimberga, a giudizio di Fini,
fu una “creatura largamente americana” e ne esprime “tutta la strisciante
ipocrisia”. Con esso infatti venivano scardinati fondamentali principi come la
irretroatività della legge penale, ovvero il principio in base al quale nessuno
può essere punito per fatti commessi quando non erano considerati reati, e
inoltre si faceva coincidere il diritto con la forza, quella del vincitore.
Per capire il fondamento di questa critica occorre ricordare
che i capi di imputazione mossi a giapponesi e tedeschi non preesistevano al
processo; essi sono: “cospirazione contro la pace”, attentati contro la pace e
atti di aggressione” e poi “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità”.
… … …
E’ curioso osservare che tali accuse, se applicate al
contesto delineato dal film SPECTRE nelle sale in queste settimane, sono
pienamente ascrivibili al potere illegale sovranazionale ivi rappresentato e
impegnerebbero pertanto le potenze giudicanti di Norimberga a perseguirlo,
giudicarlo e punirlo.
Forse è proprio per questo che la cultura ipocrita dominante
espressa quotidianamente nel mainstream mediatico nega sistematicamente l’esistenza
di una SPECTRE. Quando non si vuole perseguire un reato la strada principale da
seguire è quella di negarne l’esistenza.
Quando in Italia non si voleva perseguire la Mafia la classe
dirigente (dai vescovi ai politici) ne negava l’esistenza. E lo stesso vale per
la corruzione e il mercato illegale di armi.
venerdì 20 novembre 2015
WW1, cento anni fa sull'Isonzo
Cento anni fa Gorizia veniva bombardata nell’ambito delle
operazioni per la battaglia dell’Isonzo. Si tratta della quarta tra le undici
offensive ostinatamente volute da Cadorna nell’illusione di arrivare presto a
Trieste e di lì al cuore dell’impero: “Saremo
a Vienna per Natale” disse il Gen. Porro.
Il Corriere della Sera, nel suo sforzo propagandistico, non
trovò di meglio che ricorrere alla pubblicazione di una intervista raccolta a
Berlino da un giornalista americano. In tale intervista l’arciduca Giuseppe
esprime apprezzamenti per la qualità dei nemici, cioè i soldati italiani.
L’articolo esplicita fin dal titolo il proprio intento
puramente retorico:
“Stupendo omaggio dal
campo austriaco all’eroismo delle truppe italiane”
Quell’articolo, apparso Domenica 21 Novembre 1915, contiene
alcuni passaggi dell’inviato nei quali vengono descritte le condizioni del
campo di battaglia, vale la pena ricordarle:
“Da due settimane è
piovuto a torrenti. Nella bassura lungo l’ISONZO vi è un mare di fango che
sovente giunge all’altezza dei fianchi dei soldati mentre le trincee tagliate,
forate meccanicamente nella roccia o prodottevi per mezzo di mine lungo le erte
pendici, si trasformano durante i diluvi in veri torrenti di montagna. E’
contro questo caos che le batterie italiane pesanti grandinano dalla pianura
proiettili e shrapnels dando alle alture e alle trincee l’apparenza di vulcani.”
E ancora, più avanti, sulla difesa di Gorizia:
“La chiave non soltanto
di Gorizia, ma dell’intera fronte austriaca dell’ISONZO è il Monte San Michele…
Ad ora incredibilmente mattutina … ci recammo verso le pendici ripide del San
Michele, parte delle quali erano ricoperte da un macabro tappeto di cadaveri in
stato di decomposizione.”
Più avanti l’inviato americano chiede all’arciduca, (il quale
in quei mesi dirigeva dal comando generale tutte le operazioni del fronte
isontino), “come combattono gli italiani?”
ottenendo la seguente risposta (così tradotta dal corrispondente italiano
Stefani):
“Dapprima sembravano timidi,
ma ora combattono bene; ogni giorno sempre meglio. Avanzano con tremendo
slancio. L’impeto loro è assai maggiore delle cariche russe; ma se resistiamo
alla prima scossa, gli italiani tornano indietro, mentre i russi avanzano lentamente,
ma persistono sinché non sono falciati dal fuoco. Il temperamento e l’impulsività
degli italiani si rivelano dal loro modo di combattere.
Gli assalti sono quasi
sempre eseguiti da truppe fresche. Quelli che hanno fatto la carica e sono
stati respinti vengono inviati dietro la fronte dove hanno modo di riposarsi.
Questo è un sistema che Cadorna può mettere in pratica perché dispone di un
numero di truppe tre volte superiore al mio. Io, disgraziatamente, non posso
imitarlo”.
L’epopea relativa alle battaglie svoltesi su questo monte è
entrata nella letteratura postbellica grazie ai versi di molti soldati poeti;
innanzitutto Ungaretti il quale paragona la Pietra del San Michele fredda, dura
e disanimata, al proprio pianto per concludere che “La morte si sconta vivendo”.
Anche il poemetto di Vittorio Locchi Sagra di Santa Gorizia, famosissimo tra i reduci del primo
dopoguerra, descrive efficacemente la mota rossa delle pietraie seminate di
morti che “guardano il cielo sotto la
pioggia, sotto la bora”.
Non v’è dubbio che leggendo le memorie dei protagonisti,
dotti o non dotti che fossero, ma certo capaci di scrivere, vi fu abnegazione
ed eroismo tra le truppe, ma eravamo ancora nella fase iniziale di una tragedia
che solo su quel monte produsse 112 mila caduti italiani morti o feriti nel
tentativo di conquistare il monte.
Dall’ottobre del 1915
fino all’Agosto del 1916 – scrive Marco Mondini nel suo bel libro sui luoghi della Grande Guerra - il
Monte San Michele fu preso e ripreso cinque volte: alla preparazione della
artiglieria italiana, che poteva durare ore o giorni seguiva l’immancabile
balzo delle fanterie che espugnavano la cima. Il giorno dopo, o anche con un
intervallo di poche ore, gli austro ungarici tornavano all’assalto,
travolgevano immancabilmente gli italiani esausti e riprendevano possesso delle
proprie posizioni.
Una “sanguinosa giostra
impressionante” che il comandante Giuseppe Personeni ci ricorda nel suo
libro “La guerra vista da un idiota”
uscito nel 1922, con le seguenti parole:
“I migliori soldati
dell’esercito erano sciupati in attacchi inutili che non avevano altro compito
che di mostrare al nemico che gli italiani sapevano morire.”
Ecco qundi il vero senso delle citazioni riportate nell’articolo
del Corriere della Sera del 21 Novembre del 1915.
mercoledì 18 novembre 2015
Omniavulnerant: Dopo Parigi, temendo il panico
Omniavulnerant: Dopo Parigi, temendo il panico: Dopo Parigi Il quinto giorno dopo l’attacco metropolitano a Parigi, rivendicato da ISIS e contemporaneo al G20 in Turchia, la sta...
Dopo Parigi, temendo il panico
Dopo Parigi
Il quinto giorno dopo l’attacco metropolitano a Parigi,
rivendicato da ISIS e contemporaneo al G20 in Turchia, la stampa cattolica
italiana(Avvenire) titola sul tema dell’unità con la Francia; da intendersi non
come solidarietà (concetto già espresso dal mainstream di ieri) ma come
appoggio europeista allo sforzo difensivo.
La stampa massonica (International NYTimes) punta sulla
dichiarazione di guerra di Hollande come se riguardasse la Francia in primis.
La voce dell’opposizione laica invece fa il punto su Pandora TV con
Giulietto Chiesa, il quale focalizza l’upgrading strategico del progetto WW3.
È chiaro che il contesto occidentale è in difficoltà a causa
dell’ossessivo tatticismo.
L’editoriale dell’Avvenire infatti accanto a titolo
politically correct espone una tesi contraria all’escalation, ovvero contraria
ad Hollande che punta tutto sul rilancio bellico in termini di intelligence e
corpi speciali. Gli americani invece (linea Obama) sono fermi sulle loro
posizioni di No Boots on the ground e
puntano sul rilancio bellico in termini di tecnologie globali (dove peraltro
sarebbero egemoni). Il punto pertanto non è guerra si o guerra no, (su questo
sono già tutti d’accordo, anche il vaticano), ma COME armare l’Europa per il
rilancio bellico.
ISIS è stata creata dall’occidente per rendere inevitabile lo
scontro bellico, ma ora l’occidente è diviso in vari modi, trasversali,
geopolitici, religiosi ecc. e ciascuno vuole approfittare opportunisticamente
del rilancio. Ci sarà quindi un maggior volume di investimenti security ma dopo
una rinegoziazione del livello di debito.
Hollande ha già chiesto l’ulteriore sfondamento dei parametri
Maastricht, Renzi vuole un ulteriore sconto sul rapporto deficit/PIL e
soprattutto l’aggiramento delle sanzioni anti Putin per un maggiore rilancio
del PIL. La GB vuole invece tenersi ben compartimentata la security anche i
funzione anti ISIS, ma senza Putin ed Assad.
Tutte queste contraddizioni si sono manifestate nei
maldipancia del G20 davanti ad un Putin vincitore sul campo siriano.
...
Mi interessa ora annotare la sintesi di G. Chiesa perché è
lapalissiana:
Coi fatti di Parigi siamo in una nuova fase di stretta
antidemocratica che caratterizzerà la storia europea. Cambierà la vita dei
cittadini i quali verranno immersi in un metal detector permanente. E’ la
guerra, checchè ne dica Gentiloni.
L’Italia è certamente a rischio anche per il Giubileo. No lo
si può negare, ma il pericolo sta nel mainstream che insiste sugli esecutori, i
killer, senza mai denunciare i mandanti. In tal modo si attizza l’odio agli
immigrati, i quali invece non c’entrano niente.
Hollande bombarda Raqqa in una strana rappresaglia contro
coloro che sono stati addestrati a far la guerra da noi e che ora hanno deciso
di farla contro chi vogliono rivoltandosi. Si monta una campagna per la ricerca
dei killer i quali invece sono già tutti morti. Uccisi perché non parlino.
Ma non dice la cosa più importante per i cittadini e cioè che
i mandanti stanno anche in Europa e tutto è cominciato armando i ribelli che
volevano abbattere Assad.
Nessuno nel G20 ha alzato la voce contro Erdogan il quale è
il principale responsabile di questa situazione assieme a sauditi e americani.
Come se Assad centrasse qualcosa col massacro parigino quando sono stati
proprio suoi nemici a fare tutto questo. Spostare quindi il tiro dei
bombardamenti da Raqqa a Damasco potrebbe quindi essere il nuovo fronte di
scontro con la Russia, che non lo permetterebbe mai.
In tale situazione i cittadini europei, intontiti dal
mainstream rimarranno ancora per molto vittime dei caos creato proprio dai loro
governanti.
…
Questo è il commento di Giulietto Chiesa, ora vediamo quello
di Luigino Bruni su Avvenire:
Da sempre pochi ricchi colpevoli mandano molti giovani poveri
ed innocenti a morire in guerra per la difesa dei propri interessi. Siamo
dentro un nuovo tipo di guerra mondiale incomprensibile nei propri termini di
inizio e fine. Gli interessi e gli interessati che sono in gioco sono
invisibili. Ma ciò non deve esimerci dal pensare e dal combattere le tesi false
e ideologiche. Soprattutto quelle che ci piovono addosso ora, nel dopo Parigi.
L’Islam non è intrinsecamente violento: NEL CORANO il fratricidio tra Caino e
Abele viene narrato in termini diversi dalla violenza che c’è invece nel
racconto biblico ebraico-cristiano. Abele viene ivi rappresentato come il primo
non violento della storia laddove egli muore per non diventare egli stesso
assassino (Al Maidah Sura 5,28).
Ma oggi il settarismo fa del Corano il laccio di una trappola
in mano al cacciatore di martiri. Gli amanti della vita devono aiutare l’Islam
a guarire da questa malattia.
Non dimentichiamo che i terroristi belgi vengono dalla
povertà e che la prima guerra del golfo (1991) non fu certo originata dal
fondamentalismo.
Ma il punto importante sono le armi. Occorre parlarne e
denunciare. Pochi giorni fa da Cagliari -
scrive Bruni – sono partiti i missili per la SIRIA prodotti e venduti
dalle imprese italiane. (Qui manca una chiara allusione alle manovre NATO che
hanno coperto il gran trasporto) E i politici che piangono e dichiarano lotta a
terrorismo sono gli stessi che non fanno niente per ridurre l’export armigero.
In nome del PIL e dei posti di lavoro.
Non si può nutrire il male che si vuol combattere, occorre
una moratoria internazionale armi.
Holland – dice ancora Bruni – sbaglia quando usa la parola
“VENDETTA”, se invece gridassimo a milioni a parola PACE nelle piazze, nei
social e nei parlamenti daremmo grande eco alle parole di Francesco contro i
bassi interessi economici che dominano il mondo.
…
TEMENDO IL PANICO
Vediamo ora Paul Krugman su NYTime:
Come tutti ho seguito le news parigine mettendo da parte le
altre cose. E’ certo una reazione naturale davanti al terrore, ma attenzione: è
esattamente la reazione che vogliono i terroristi. E non tutti sembrano
capirlo.
Prendiamo ad esempio la dichiarazione di Jeb Bush: “Si tratta
di un attentato organizzato per distruggere la civiltà occidentale”. No, non è
così. E’ un attentato organizzato per mostrare panico, il che non è esattamente
la stessa cosa.
Anzi, dichiarazioni come questa rafforzano la causa
jihadista.
La Francia ha i suoi problemi, ma ha anche una robusta
democrazia e una profonda legittimazione popolare; il suo budget per la difesa
è piccolo in confronto al nostro, ma esso non mangia le risorse per rafforzarsi.
L’economia della Francia è circa 20 volte quella della Siria
e ISIS non sta muovendo alla conquista della Francia. Distruzione della civiltà
occidentale? No, non è una opzione.
Che cosa è stato quindi l’attacco di venerdì?
Uccidere a casaccio gente al ristorante o al concerto è solo
una strategia che riflette la debolezza fondamentale di chi la porta avanti. E
non stabilirà un califfato a Parigi, rimarrà solo il tentativo di dare il nome
di guerra a ciò che è solo terrorismo.
Il punto però non è quello di minimizzare l’orrore; quanto
piuttosto quello di non sbagliare la risposta. Ad esempio illudersi su una
pacificazione con ISIS in alternativa ad un unico contrasto congiunto da parte
delle democrazie. Senza però perdere di vista che il terrorismo è solo uno dei
tanti pericoli di questo mondo e non dobbiamo lasciarci distrarre. Ad esempio quando
Obama descrive il cambiamento climatico come minaccia globale primaria ha perfettamente
ragione.
Pertanto che fare in risposta a questo terrorismo?
Parigi può aver cambiato alcuni calcoli precedenti, come
l’accoglienza dei rifugiati, ma l’obiettivo dei terroristi resterà solo quello
di ispirare terrore perché è l’unica cosa di cui sono capaci. E la miglior cosa
che possiamo fare in risposta è quella di evitare il panico.
lunedì 16 novembre 2015
PER TUTTO L’ORO DEL MONDO è l’ultimo di Carlotto
L’ambientazione ci riporta nel Nord Est, qui dalle mie parti,
con le sue interazioni croato-adriatiche. C’è anche una puntatina a Bruxlelles
dove, anche per la criminalità minore, si prendono sempre più le decisioni
importanti.
Il nostro Marco Buratti, ispirato dalle tipiche cronache che
si leggono con lo spritz, non sopporta la mancanza di etica professionale con la
quale agiscono le nuove generazioni di criminali. Ed in particolare le rapine
alle villette della bassa lo fanno incazzare. Lo fanno incazzare per la loro
violenza, quando i rapinatori per ottenere la combinazione della cassaforte
massacrano di botte, torturano ed uccidono.
So per esperienza che quando si commenta il Gazzettino,
sempre tra uno spritz e l’altro, oppure il Giornale di Vicenza con l’ombra
(vino bianco fermo per pensionati) il pensiero va ad est, in particolare contro
gli albanesi. Ma questa volta è proprio dai nostri orafi che bisogna guardarsi e
gli immigrati sono solo un albi di comodo.
Ultimamente il tema è diventato uno dei capitoli più
avvincenti anche nelle campagne elettorali dei sindaci veneti, i quali cavalcano
sempre più volentieri l’idea che i cittadini debbano accogliere a pallettoni i
ladri moderni.
… .
Ecco, Massimo Carlotto in questo suo ultimo romanzo si occupa di questo e lo fa col suo stile consolidato. Devo dire però che ce lo serve regolando i conti in una ventata di buonismo. Ma proprio stavolta che i nostri sono buoni e aiutano i bambini, l'ispettore Campagna e la nuova capa che viene dai servizi segreti, incastrano Marco il quale peraltro, come ben sanno o suoi lettori cult, non è l'utimo arrivato...
Ma la cosa più carina del libro è la storia con Cora, una infermiera che canta il jazz e, senza tante complicazioni all'uscita, la molla con passione.
..... .
This is the last Carlotto's novel.
The story is set in my region, the north east of Italy, where the croatian border attracts the crime of the former communist countries. But this time it will be the citizens of my country to become violent criminals under the guise of defending themselves against robbery at home...
In this novel Massimo Carlotto, the italian great cult writer, confirms his NOIRE style adding a touch of kindness... as a result you'll have a good reading!
..... .
This is the last Carlotto's novel.
The story is set in my region, the north east of Italy, where the croatian border attracts the crime of the former communist countries. But this time it will be the citizens of my country to become violent criminals under the guise of defending themselves against robbery at home...
In this novel Massimo Carlotto, the italian great cult writer, confirms his NOIRE style adding a touch of kindness... as a result you'll have a good reading!
giovedì 5 novembre 2015
Conspiracy gossip
Il numero di Giugno scorso della rivista Mistero pubblica un
articolo di Enrica Perrucchietti nel quale si sostiene la seguente teoria
cospirazionista.
La maggior parte dei rappresentanti mondiali è intrecciata da
legami di parentela genetica. Una ragnatela di parentele alla quale non
sfuggono neanche i presidenti USA.
David Ike ha evidenziato che i 44 presidenti che si sono
susseguiti da Washington ad Obama nascondono una sorta di dinastia reale di
tipo europeo. 34 discendono da Carlo Magno.
Durante le campagne elettorali del
1996, Clinton/Dole, e del 2000 Bush/Gore secondo la rivista specializzata
inglese Burke’s Peerage nelle contrattazioni più o meno riservate tra i
candidati avrebbero contato in modo decisivo i geni, più che la politica,
rivelando ad esempio numerose parentele genetiche tra i Bush e le famiglie
reali decadute europee. Al Gore, cugino di Nixon, discende da Edoardo I
d’Inghilterra.
E lo stesso Obama, sul cui certificato di nascita vi sono molti
autorevoli dubbi, potrebbe essere di discendenza reale. Non si sa se è nato ad
Honolulu o in Kenya e l’attuale certificato considerato valido è saltato fuori
solo nel 2012.
giovedì 15 ottobre 2015
WW1: Comitato di Assistenza Civile valdagnese
Cento anni fa Valdagno era pienamente coinvolta nel clima di
guerra e si dava da fare per l’assistenza civile e la solidarietà coi soldati
al fronte.
La scrittrice Annalisa Castagna, esperta in WW1, in un suo articolo del 2008 scrive che “la città, come tante altre realtà italiane, cercava di attivarsi per i suo figli, in guerra e in prigionia, attraverso dei comitati nati appunto per alleviare la pena di chi si trovava al fronte e per dare a chi si trovava in prigionia la speranza di riabbracciare la propria terra”.
Di quella attività proprio in questi giorni cominciavano ad
arrivare i primi riscontri. Bairati nel suo libro “il filo di lana” racconta ad esempio che il 15 Ottobre 1915 il valdagnese G.V. (potrebbe benissimo essere
uno dei tanti Giuseppe Visonà) esprime riconoscenza verso il “nobile comitato” per il pacco ricevuto.
Esso conteneva un berretto, un paio di guanti, un paio di gambali e un paio di
calze.
Il 19 Maggio del 1915 (5 giorni prima della entrata in guerra
dell’Italia) era nato il Comitato di Assistenza Civile, diretto da esponenti
delle eminenti famiglie valdagnesi quali: Marzotto, Dalle Ore, Zanuso, Gajanigo
ecc. Esso aveva per iscopo, come recita l’articolo 2 dello Statuto, di mitigare
i danni causati dalla guerra, in particolare l’assistenza alle famiglie dei
richiamati, l’assistenza ai soldati, l’assistenza ai prigionieri e ai profughi.
Tale comitato assunse in sé anche il compito di Ufficio Notizie, che fece da tramite tra le famiglie e lo Stato per le informazioni in particolare sui dispersi e prigionieri.
Tale comitato assunse in sé anche il compito di Ufficio Notizie, che fece da tramite tra le famiglie e lo Stato per le informazioni in particolare sui dispersi e prigionieri.
Le donne confezionavano guanti di lana, passamontagne,
sciarpe e coperte. Queste venivano inviate a Vicenza e quindi al fronte.
Il ministero della Guerra aveva in proposito emanato precise
disposizioni sulle caratteristiche e i modelli di sciarpe e guanti, mentre per
i prigionieri esistevano circolari restrittive sul tipo di beni da spedire. Il
criterio ispiratore del ministeri della Guerra a proposito di prigionieri si
dimostra alquanto sospettoso.
Mentre la Francia organizzava treni speciali scortati con
viveri e vestiario, l’Italia emetteva circolari che limitavano la quantità di
pane da spedire, imponeva l’uso delle tessere, vietava la spedizione di scarpe
di cuoio e precisava che l’invio di latte condensato era permesso solo per i prigionieri
degenti negli ospedali.
L’unica cosa non regolamentata per i prigionieri era il
tabacco.
Il risultato fu che i prigionieri italiani morti in prigionia
furono circa 100.000, mentre quelli Francesi furono circa 20.000.
domenica 11 ottobre 2015
Fatti della settimana
Sul Fatto Quotidiano del 9 Ottobre a pagina 10 appare un
articolo di Guido Gazzoli che attacca Horacio Verbitsky. Costui è uno scrittore
argentino noto soprattutto per aver denunciato i voli della morte, ovvero la
tecnica utilizzata dalla marina argentina negli anni del golpe al fine di
liberarsi dei prigionieri. Si tratta dei desaparecidos finiti in fondo
all’oceano.
L’articolo apre al revisionismo nei confronti della
narrazione consolidata sugli anni settanta nel cono sur. E contiene una
intervista a Ceferino Reato, giornalista del Clarin, autore, tra l’altro, di un
libro-intervista a Videla, capo dei militari golpisti.
Si sostiene nell’articolo che Verbitsky fu collaborazionista
dei militari golpisti del 1976 e si fa riferimento ad un libro (Doble Agente di
Gabriel Levinas) che ne ricostruisce la biografia attingendo a nuove fonti.
La dittatura colpì
spietatamente i Montoneros, estremisti armati peronisti, e il loro mondo venne
interamente smantellato dai militari. Apparirebbe quindi strano che il montonero
Verbitsky sia rimasto in piedi e in buoni rapporti con la Marina.
Da tempo, scrive Gazzoli, si assiste ad un processo di
revisione sugli anni settanta e si dimentica che già prima del golpe, tra il
’73 e il ’76, era in atto una lotta armata che aveva già prodotto oltre mille
morti. Si sono dimenticate le argomentazioni religiose di quegli scontri. I Montoneros
infatti erano di origine cattolica movimentista e Videla stesso riteneva,
provocando la morte di migliaia di argentini, di compiere una doverosa missione
divina. La Chiesa stessa non ha fatto autocritica su quei tempi e non si parla
più di tanto delle sue responsabilità politiche. Essa era presente e attiva
all’interno di entrambe le parti dello scontro. V’erano preti che consigliavano
(e assolvevano) i militari ed altri preti che consigliavano (e assolvevano) i
guerriglieri.
Viene ridimensionato anche il numero dei desaparecidos; la
versione nota li stima in 30.000 mentre Reato sostiene che essi siano 6.415.
Gli esiliati in Europa avrebbero gonfiato i numeri per creare consenso.
Mi interessa segnarmi l’articolo perché esso praticamente
introduce e sostiene un punto di vista assolutorio, o quantomeno
giustificatorio, dell’operato militare argentino negli anni settanta, quando
Bergoglio era capo dei Gesuiti a Buenos Aires. Ma questo elemento, il ruolo di
Bergoglio in quegli anni, non viene richiamato.
Anche Verbitsky stesso era stato oggetto di tutt’altro
trattamento in articoli FQ e costituiva un mito per i sostenitori della verità
e giustizia argentina…
Il suo lavoro di denuncia però era diventato un problema dopo
l’elezione di Bergoglio a papa. E sosteneva infatti in uno dei suoi libri che
Bergoglio era compromesso coi militari.
Constato quindi a malincuore che inizia una fase nuova nel
trattamento mediatico di Pope Francis.
2 - Nel mio piccolo e
meschino mondo globalizzato la weekly news che più mi stuzzica è che lo sceicco
Abdullah bin Mohammed bin Saud Al Thani, amministratore del Fondo Sovrano del
Qatar ha perso 12 miliardi di dollari in una settimana. Ciò è dovuto al fatto
che esso controlla il 17 % della Volkswagen. I cinesi poi hanno ridotto gli
acquisti di materie prime con la conseguente perdita per l’emiro di un altro
27% sui mercati finanziari.
Qualche anno fa il fondo hedge della famiglia reale qatarina
ha acquistato la Valentino Fashion Group ovvero l’attività degli stabilimenti
Marzotto del Maglio di Sopra, la cui occupazione non ha ancora ricominciato a
crescere.
Ma non è questo che mi stuzzica il buon umore, quanto
piuttosto il fatto che ora ci sia qualche miliardo in meno per finanziare la
campagna anti Assad.
sabato 10 ottobre 2015
Due Marino, due tristezze
Dimissioni di Ignazio Marino, sindaco forse antipatico ma
certamente legittimo di Roma. Egli è un medico cattolico, luminare di
xenotrapianti, che professa il dissenso con la dottrina della Chiesa sul fine
vita. E’ stato costretto alle dimissioni da una pretestuosa e largamente infondata
campagna di sputtanamento mediatico.
Si tratta di una vicenda assolutamente
gonfiata perché il Vaticano non lo vuole.
Ma la più realistica ragione di questa exit strategy riguarda
la security urbana. L’atteggiamento intransigente di Marino costituisce infatti
un problema per i piani riservati di security. E’ chiaro che il livello di
sicurezza di Roma dovrà essere massimo. E la NATO per il suo upgrading WW3
richiede un salto di qualità che non era compatibile con la politica di rigore
e trasparenza sugli appalti.
L’imminenza del giubileo accelera e rende indilazionabile
l’adozione dei nuovi standard security antiterroristici. Ciò può essere
realizzato solo con politici tipo yes man.
C’è un altro Marino che mi interessa: Adolfo.
E’ il
giornalista di Pandora TV che ha realizzato il servizio secondo il quale Putin
ha sventato, attraverso attacchi missilistici, un piano turco-americano per
imporre sulla Siria una NO fly zone, intesa come precondizione per il colpo di
stato anti Assad.
Interessante anche, nel suo servizio, la cartina che mostra
come i missili russi possono arrivare, a colpo sicuro, in Siria partendo dal
mar Caspio e sorvolando Iran e IRAK a bassa quota.
L‘intesa di collaborazione bellica che ciò presuppone tra Iraq
e Russia preoccupa gli americani, i quali hanno definitivamente perso ogni influenza
reale sul governo iracheno.
Perciò essi mandano avanti gli italiani, i quali sono in
questo caso comodi piacioni inconcludenti.
--------------------- -----
Two Marino, two bad news
Two Marino, two bad news
1
Ignazio Marino, mayor of the City of Rome, has been forced to
resign by his political enemies. They also belong to his own party.
Against him there was a hard campaign of falsehoods since the
Vatican decision to hold a jubilee. Before beeing a politician, Marino was an authoritative catholic surgeon, but he rejects the official catholic doctrine concerning end of life.
2
Adolfo Marino is a TV journalist who shows the russian point
of vew about syrian crisis.
He argues that iraqui government could appreciate
russian counterattack against islamic state. For this reason U.S. are forcing an
italian intervention in the region. This could be ridicolous.
giovedì 8 ottobre 2015
Storia Illustrata, speciale mercanti d'armi
Stimolato dalle recenti dichiarazioni di Pope Francis sulla
necessità di porre fine al mercato delle armi per evitare WW3, ho ripescato una
interessante ricerca giornalistica di quarant’anni fa (estate 1975) pubblicata
in un numero speciale della mitica rivista STORIA ILLUSTRATA.
I redattori dell’epoca, da Maurizio Chierici ad Arrigo
Petacco e tanti altri tutt’oggi noti, erano di qualità indiscussa e il loro
approccio autonomo e critico. Essi dedicarono il numero di Luglio ad uno
speciale sul tema del “mercato delle armi dal west all’Africa nera”. Io ricordo
che in quei mesi il fatto di politica estera che veniva più discusso era la
democratizzazione del Portogallo, la cosiddetta “Rivoluzione dei Garofani”. Con
essa infatti si apriva una speranza per le ex colonie portoghesi, in
particolare la Guinea Bissau.
Nelle sale cinematografiche circolava con relativo successo
il film di Sordi “ Finché c’è guerra c’è
speranza”, parodia di un mercante d’armi milanese. Il film dava atto dei
rapporti meschini con i movimenti di liberazione africani. Analogo sfondo per
il nastro d’argento di Antonioni “Professione Reporter” con Jack Nicholson.
Nel suo insieme lo speciale metteva in evidenza la
preoccupante evoluzione del mercato armigero dagli interessi dei privati a quelli
di intere nazioni.
lunedì 5 ottobre 2015
Armageddon WW1: Zaharoff
Cento anni fa, durante WW1, il re dei mercanti d’armi era
Basil Zaharoff, un apolide di origine greca che con la sua occulta influenza
dominò l’Europa per quasi 60 anni, dal 1878 al 1936.
Nato in Anatolia da famiglia di piccoli commercianti
ortodossi, Basilio Michele Zaharoff (Zaccaria), poliglotta, inizia la sua
carriera nel 1873 quando, nonostante la scarsa importanza dell’episodio, la stampa
si occupò di lui dandolo per morto in una sparatoria che sarebbe avvenuta
durante un tentativo di fuga dal carcere londinese.
Ma egli non era affatto morto e giunse ad
Atene ove strinse amicizia con il futuro ministro degli esteri del governo
greco Skouludis. In breve divenne rappresentante per i Balcani della società d’armamenti
inglese Nordenfeldt.
Per tale società procurò contratti di fornitura armi ad Afghanistan
e Cile, allora in guerra con Bolivia e Perù. In queste esperienze Zaharoff
maturò la convinzione che poiché il commercio delle armi è illecito esso va
trattato con mezzi illeciti e passò rapidamente dalle forniture di fucili a
quelle di cannoni. Ma il salto grosso lo fece coi sottomarini.
Il 1885 fu l’anno in cui l’ingegner Nordenfeldt fece
conoscere alle grandi potenze dell’epoca, soprattutto Gran Bretagna e Germania,
il suo nuovo sommergibile. Ma Saharoff lo piazzò per primo in Grecia innescando
la successiva corsa al riarmo che lo arricchì e lo rese noto. Infatti già nel
1892, dopo che la Turchia aveva voluto due sommergibili, la Russia cinque ecc. i
cantieri Nordenfedt erano impegnati nella produzione di decine di sommergibili
bellici…
Altro passaggio decisivo della sua carriera fu il coinvolgimento
di Hiram Maxim, l’inventore della mitragliatrice, nella Maxim-Nordenfeldt Guns
Ammunition Company la quale, nonostante le successive spaccature, contribuì all’enorme
sviluppo della produzione di mitragliatrici in tutta Europa.
Qui Zaharoff, al momento della divisione della società,
decise di stare con Maxim per sfruttare meglio la sua fertile mente armigera e
saltò definitivamente nell’empireo armageddone. La sua posizione nel mercato
mondiale divenne primaria, il suo patrimonio personale si accrebbe di centinaia
di milioni di franchi fornendo armi a quasi tutte le guerre dell’epoca: Perù,
Cuba, Brasile, Colombia, L’Italia in Abissinia, la Spagna nelle Filppine, l’Inghilterra
in Sudan, l’insurrezione dei Boeri e la guerra greco/turca.
Ma non mancarono
ovviamente i Boxers in Cina, e la guerriglia antifrancese in Madagascar.
La sua ottica strategica lo portava a foraggiare di armi prima
le guerriglie per poi fornire il doppio ai governi per la repressione. Il suo
stile era quello di chi, anziché competere con i prezzi, triplicava i prezzi
investendo moltissimo nelle relazioni (leggi tangenti e corruzione). Maxim era
il consulente tecnico, lui la mente affaristica.
Ma veniamo al suo
ruolo in WW1.
Durante i cinquanta mesi della Prima Guerra Mondiale questo
personaggio ormai semi-mitico tra i guerrafondai contemporanei controllava col
metodo della partecipazione societaria indiretta quasi tutte le fabbriche d’armi
in Europa.
Per dare un esempio tragico e quasi incredibile del suo potere basti
sapere che egli fu contemporaneamente azionista (rappresentato in Consiglio di
Amministrazione) della austriaca Schneider e della francese Le Creusot, ebbe
grosse partecipazioni nella tedesca Loewe fon Gouttard e, attraverso una
società di comodo, fu membro della proprietà degli stabilimenti russi di Reval
e di Tzarizin …
Egli si impadronì di vari brevetti, in particolare tedeschi, tra
i quali detonatori di granate e il binocolo Zeiss-Zema.
A questo enorme livello di potere egli giunse grazie soprattutto
al lavorìo realizzato negli anni precedenti la guerra.
Tra il 1908 e il ’14 egli divenne commendatore nonché membro
della Legion d’Onore e alla vigilia dell’attentato di Sarajevo subentrò ad Alfred
Vickers nel Consiglio di Amministrazione della “Le Nickel” società francese di
cui faceva parte la famiglia Rothschild.
Con tale carica egli firmò una gran
botta di contratti per la fornitura d’armi, nonché l’acquisto del giornale
illustrato Excelsior, strumento di propaganda antitedesca. Il 31 Luglio 1914 il
governo francese gli conferì un’altissima decorazione per “servizi eccezionali”.
Poche ore dopo, a quarant’otto ore dallo scoppio della guerra,
Jean Jaures, socialista contro la guerra veniva assassinato in un caffè di Montmartre.
Alla fine del conflitto, dopo aver guadagnato circa venti milioni
di sterline, Clemenceau, Primo ministro francese, insignì Saharoff della Gran
Croce della Legione d’Onore mentre re Giorgio V d’Inghilterra fece altrettanto
con la Gran Croce dell’Impero Britannico. Infine divenne dottore honoris causa
della università di Oxford.
Questa biografia ci offre un quadro significativo di quale
sia la vera rete del potere sovra-nazionale e di come già cent’anni fa le
istituzioni nazionali ne fossero soggette. Ma non è l’unica; ne vedremo delle
belle nei prossimi posts.
Un apprezzamento a Giuseppe Mayda e il suo articolo su Storia
Illustrata di quarant’anni fa.
_________ __
This biography shows a meaningful
picture of the real multinational power network. Even a century ago, despite of
the national institutions, the real power was in the hands of weapons dealers.
Basil Zaharoff was one of them.
During WW1 he earned twenty milion pounds.
venerdì 2 ottobre 2015
Vulgus vult decipi, ergo decipiatur (Gere as a Big Brother's testimonial)
Time Out Of Mind è un film che parla dei derelitti homeless
tra le strade di New York. Un Richard Gere particolarmente invecchiato
interpreta il personaggio principale.
Il film mostra la dura situazione dei
senzatetto nella metropoli e le strutture di accoglienza, in particolare al Bellevue
Hospital.
Il tema richiama il dossier sull’accoglienza sociale, che sarà
particolarmente attuale in Europa nei mesi successivi all’uscita. La scelta di
Gere nel cast significa un investimento comunicativo non secondario. Il film è
annunciato dalla rivista TIME, con articolo di John Anderson.
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Time Out Of Mind is a film about
the homeless on the streets of New York. A particularly aged Richard Gere plays
the main character. TIME Magazine, with an article by John Anderson, announces
the project.
The film shows the harsh
situation of the homeless in the metropolis and his reception facilities, in
particular Bellevue Hospital. In my opinion, the theme recalls the social
dossier on reception, which will be particularly relevant in Europe.
The choice
to cast Gere shows a not secondary investment in communication.
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