domenica 18 aprile 2021

il diciannove aprile di Valdagno

 


Il 19 Aprile del 1968 alla sera, dopo una giornata di manifestazione sindacale con sciopero e presidio delle portinerie, il monumento a Gaetano Marzotto senior è stato abbattuto tra le 20 e 45 e le 21.





Una corretta ricostruzione storiografica della giornata del 19 Aprile 1968 non può che passare attraverso l’esame di alcuni documenti. In primis il documento il rapporto del Commissario alla Pubblica Sicurezza. SI tratta del DOCUMENTO ALLEGATO alla denuncia per reati commessi da 42 persone in stato di arresto con altre cinque a piede libero.

I responsabili delle forze dell’ordine in quella giornata furono il vice questore dr. Vincenzo Patania e il comandante della tenenza dei carabinieri ANDREA FOTI.

Cronaca:

Venerdì 19 Aprile 1968. Stabilimento Marzotto Valdagno (largo Margherita 1)

ore 5,00 – un plotone di carabinieri prende posizione sugli scalini della portineria e con dei cordoncini viene allestito un passaggio che ha lo scopo di garantire la libertà di ingresso a funzionari, impiegati e dirigenti durante il previsto sciopero. Dieci giorni prima in un analogo sciopero gruppi di impiegati erano andati al lavoro e gli operai organizzatori avevano annunciato pubblicamente che non avrebbero più consentito l’ingresso allo stabilimento a nessuno.

ore 6,00 gli operai che escono dal turno di notte si fermano sulla scalinata per costituire il picchetto di sciopero sindacale.

Ore 7,00 si crea un sempre maggiore assembramento su tutta la scalinata e progressivamente sul piazzale. Il tenente Foti ordina ripetutamente lo sgombero della scalinata ma non viene ascoltato e quando i carabinieri cominciano a spingere fisicamente alcune persone iniziano i primi tafferugli con urla ed insulti. Il rapporto riferisce del primo ferimento di un carabiniere da parte di una donna che lo colpisce con la borsa. I carabinieri sono totalmente accerchiati e di fatto immobilizzati da una folla che supera già il migliaio di persone. Le scalinate sono irraggiungibili a chiunque si unisca all’assembramento.

Ore 8 -  8,30 arrivano progressivamente frotte di giovani delle scuole medie superiori in solidarietà. La folla li applaude e li lascia passare su piazzale. Fonti sindacali parlano di trecento studenti. Il rapporto di polizia dice che essi siano stati fomentati a partecipare allo sciopero davanti ai cancelli delle scuole da soggetti “estranei a Valdagno”.

Ore 8.30 – 9 arrivano funzionari di polizia che però non sono messi in grado di raggiungere i carabinieri intrappolati. Si riaccendono i tafferugli sulla scalinata, alcuni dimostranti aggrediscono e picchiano con calci e pugni il tenente Foti. A questo unto i cordoncini dell’inutile passaggio lungo la scalinata sono spariti.

Ore 9 – 9.30 arrivano altre forze di polizia. I funzionari di polizia ordinano la prima carica. E’ in questo momento che la massa operaia, composta da migliaia di valdagnesi reagisce inaspettatamente contro le forze di polizia. Ogni ordine di assembramento viene disatteso con fermezza e la carica non sortisce effetto.

 

L’assembramento rimane per tutta la mattinata con una lenta diminuzione che però si ricostituisce tra le ore 13 -13,30 in vista del secondo turno di lavoro.

Ore 14.30 un assembramento di oltre 500 persone presidia ancora la portineria, i carabinieri mettono in atto una “manovra di alleggerimento del servizio” ma “un gruppo di facinorosi” li assale “alle spalle” con violenza. Seconda carica di polizia.

L’obiettivo dichiarato dal vice questore Patania è quello di “strappare dalle mani dei violenti alcuni militi” e il rapporto afferma che “i funzionari riconoscono con certezza alcuni studenti di sociologia di Trento e alcuni iscritti al PSIUP DI VICENZA”.

Vi sono qui i primi due fermi che riguardano Savi Luciano e Massignani Guido i quali non sono né studenti né militanti del Psiup. L’accusa è quella di “oltraggio e violenza alla forza pubblica”.

Questa notizia re-innesca un terzo progressivo assembramento di valdagnesi davanti alla fabbrica con una dimensione ancora più grande della mattinata, che raggiunge l’ordine delle migliaia alle ore 17. A costoro si aggiungono vari rappresentanti del Consiglio Comunale ed esponenti del commercio e delle botteghe del centro. Intervengono il vice sindaco Visonà e il Professor Sergio Perin. Il loro discorso sulla scalinata contiene anche accenni di rimostranza verso le forze dell’ordine. Ma soprattutto contiene l’impegno a coinvolgere il Comune nella trattativa per comporre la vertenza e richiede il rilascio dei due fermati.

Il professor Perin e il Commissario di Pubblica Sicurezza con la confusa presenza di sindacalisti intavolano una trattativa nei locali della portineria per il rilascio dei fermati e lo sfollamento della piazza. Ma l’assembramento, lanciato con il passa parola, non si scioglie.

ORE 19 Il sindacalista della UIL Manfron e Sergio Perin riprendono la parola dalla scalinata e annunciano la definitiva conclusione della giornata di lotta invitando i cittadini e i lavoratori a tornare a casa. I due fermati, essi affermano, sono stati rilasciati.

C’è un leggero sfollamento ma molti rimangono. La questura parla di seicento persone che lanciano “grida di sedizione” contro le forze dell’ordine.

Tra le 19 e le 19,30 avviene il secondo salto di violenza della giornata perché parte una fitta sassaiola che si abbatte anche sulle finestre della sala mensa. La situazione si rivela non più governabile e il vice questore Vincenzo Patania ordina la terza carica che questa volta è molto pesante con rinforzi della Celere giunti da Padova, l’uso del gas lacrimogeno e il sopraggiungere dell’oscurità.

Lungo le vie d’accesso iniziano i caroselli dei carabinieri con pestaggi e fermi. Vengono divelti pezzi di travertino dal ponte degli operai, la villa di Paolo Marzotto, oggi sede del centro Villa Serena, viene fatta oggetto di incursioni nel giardino. Altri atti di violenza vengono segnalati nelle ville dei dirigenti.               Vi sono anche accensioni di falò, uno dei quali davanti al cancello della villa di Gaetano jr oggi sede del Centro Anziani Villa Margherita. Fino a notte inoltrata continuano le violenze e gli arresti arbitrari in varie parti della città e saranno soprattutto queste a colpire la stampa locale e nazionale dei giorni successivi.

Ma per descrivere questa parte della giornata, la più scomposta e violenta la cosa migliore è ricorrese alla descrizione che ne fece il professor Giuliano Zoso, poi onorevole. Costui scrisse al ministro degli Interni quanto segue:

“ In merito ai gravi incidenti avvenuti a Valdagno, venerdì 19 Aprile 1968, in occasione dello sciopero dei dipendenti della Marzotto … si richiama l’attenzione sua, Signor Ministro, … sul comportamento delle forze dell’ordine in occasione dei sottoindicati eventi:

a)      tra le  19,45 e le 21.00 circa, una ventina di dimostranti infrangevano i vetri della mensa aziendale;

b)      tra le 20,45 e le 21,00, a meno di un kilometro di distanza veniva abbattuto il monumento a G. Marzotto;

c)       tra le 22 e le 23 venivano compiuto atti vandalici contro il Magazzino della Lana, il Jolly Pasubio e il Ponte del Tessitore. Testimoni oculari hanno dichiarato che si trattò sempre di piccoli gruppi, che potevano facilmente essere dispersi.

Le forze dell’ordine, invece, rimasero arroccate dentro allo stabilimento e in caserma, mentre sarebbero state in numero sufficiente per un’azione dimostrativa in grado di sedare sul nascere ogni tumulto.

Tenendo presente che i primi scontri della sera cominciarono verso le ore 19,00 e che la polizia agì su larga scala solo dopo le 23.00 risulta che Valdagno rimase senza adeguata protezione per più di quattro ore.

Nel frattempo carabinieri e polizia difesero esclusivamente la Portineria del Lanificio e la Caserma, nei pressi della quale i carabinieri operarono alcuni fermi di giovani tra i 14 e i 21 anni, verso le ore 19, tre di questi venivano picchiati e malmenati prima che fossero loro richieste le rispettive generalità. Solo in un secondo tempo furono rilasciati perché manifestamente estranei agli incidenti. I rastrellamenti cominciarono dopo le ore 23. Tale ritardo implicò l’arresto indiscriminato di persone che a quell’ora erano casualmente per strada.

Questo spiega perché sono state fermate, tradotte in prigione e denunciate persone che non avevano partecipato agli atti commessi in precedenza. […]”

 

 

Il testo prosegue poi evidenziando un giudizio di “manifesta disorganizzazione” ed incapacità dei carabinieri dal quale egli, a nome del Movimento Giovanile D.C. trae “motivo di gravi perplessità sul modo con cui viene impiegata la forza pubblica.

Ma l’affermazione più significativa viene fatta nel capoverso successivo laddove egli scrive:

Infatti, al di là dell’iniziale manifesta disorganizzazione, e pur tenendo conto dell’attiva presenza di alcuni elementi estranei all’ambiente tesi a strumentalizzare in senso eversivo una vertenza strettamente sindacale, si fa strada e prende corpo il dubbio che polizia e carabinieri siano al servizio più dei privati che della comunità …”.

E conclude con una serie di considerazioni finali a supporto della richiesta che siano prese “adeguate e severe misure affinché simili azioni non abbiano a ripetersi.”

La lettera porta la data del 27 Aprile 1968. I privati qui citati non possono essere altri che i Marzotto e i loro dirigenti.

 



 

La stampa dei giorni successivi e i Marzotto si accaniranno sul concetto delle ingerenze estranee ma se anche ciò fosse stato come risultato di azioni e provocazioni infiltrate dalla polizia ciò riguarderebbe i vandalismi dell’ultima parte della giornata. Tutto ciò che è avvenuto nella giornata, compreso l’abbattimento della statua di Gaetano Marzotto sr lo hanno fatto i valligiani.









 


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