giovedì 30 luglio 2015

Strong Solidarity




Martedì 28 si è riunito il Consiglio Nord Atlantico su richiesta turca per esaminare la situazione al confine turco/siriano. Gli ambasciatori dei 28 paesi alleati hanno alla fine rilasciato una dichiarazione che esprime un impegno di "strong solidarity with Turkey".

Il problema sta in quello "strong".


                                                         




Se ho capito bene questa settimana la NATO si è prestata a coprire l’aggressività turca verso la Siria. Anche in questo caso essa rivela la propria natura offensiva e il “terrorismo” si rivela una semplice scusa per i piani di espansione occidentali.

Lo dice bene Abou KHAZEN vicario apostolico di Aleppo:


                                                https://youtu.be/SQUtlo7u6TM 


E’ il segnale di cambiamento politico che ci si poteva attendere dopo le ultime elezioni parlamentari (7 Giugno). Erdogan ha perso la maggioranza assoluta e deve negoziare il sostegno di una nuova maggioranza mista. Nel nuovo parlamento inoltre è entrata per la prima volta una forza kurda la quale presumibilmente è alternativa al PKK e chiede di farlo fuori in cambio di voti alla maggioranza parlamentare. Erdogan in tal modo dovrà allinearsi alla prospettiva americo-saudita e mollare definitivamente le partnership filoputiniane.


Ancora una volta gli americani, che hanno sostenuto finanziariamente i nuovi partiti in gioco, manipolano lo scacchiere in funzione WW3.


Nel Febbraio scorso avevamo visto una provocazione turca dal carattere premonitorio. Nella notte tra sabato e domenica 22 /2 infatti forze armate turche erano entrate in Siria per 35 Km compiendo poi un gesto simbolico: lo scippo del feretro di Osman I (o forse la salma di suo nonno, non ho ben capito) fondatore dell’impero ottomano. 

Formalmente non era stata una grave violazione perché in base al trattato Francia/Turchia del 1921 la tomba si trovava in una enclave territoriale presidiata legalmente da militari, appunto, turchi. Ma in realtà per raggiungerla le forze armate turche hanno attraversato Kobane e la Siria aveva emesso per l’occasione un comunicato incazzatissimo che definiva il fatto una “palese aggressione”.




Nei mesi precedenti tra Washington e Ankara era stato firmato un memorandum per l’addestramento militare congiunto di un esercitino antisiriano (penso che c’entrino anche i droni e le nuove tecnologie). Si tratta di un documento importante perché tale accordo è firmato anche da Arabia Saudita e (pensa un po’) Qatar. 

Mi pare chiaro che, nel pantheon di una simile “triplice” islamica, le spoglie di Suleyman Shah hanno un forte valore simbolico. Pertanto quella potrebbe essere stata una chiara dichiarazione di potenza all’interno del mondo islamico una sorta di messaggio simbolico che fa della Turchia il gran difensore dei sunniti.


Nel commentare tali fatti Marco Ansaldo, inviato vaticanista e docente Luiss, scriveva su LiMes di Marzo che: “Se l’occupazione turca di due ettari di Siria sia un primo passo verso un espansionismo futuro, è un gioco che si scoprirà presto.”




                                                  




Ora l’abbiamo tutti chiaro.







martedì 28 luglio 2015

WW1 secondo Frescura: il 30 maggio 1915



Frescura fu interventista e nel dopoguerra, da giornalista e direttore del Resto del Carlino, polemizzò più volte coi socialisti. Sarebbe quindi ingiusto per la sua memoria autentica farne un pacifista. Egli scrisse più volte che la guerra è necessaria, ma di ciò che scrive è un testimone, non un retore. Perciò leggo il suo diario con passione e mi ripropongo di farne una traccia personale di lettura lungo il centenario.





Egli si definisce “un combattente mediocre, un uomo che fu più piccolo degli avvenimenti”. In realtà egli fu decorato con medaglie al valore d’argento e bronzo. E la guerra la fece davvero. Perciò le sue osservazioni caustiche ed ironiche sono la migliore e la più onesta critica a WW1. E mi piace molto.


All’alba del 30 Maggio le truppe si mossero: il confine era passato nella notte. Alle case di Vezzena una mina ci dette i primi feriti e il primo morto: il soldato Salvatore Randazzo. 

Quei feriti e quel morto turbarono lo stato maggiore, che credette di aver sostenuto una grande battaglia. Il comando, esausto, diede l’ordine di sospendere l’<<avanzata>>.


I soldati, nuovi alla guerra, storditi, sbalorditi, tornarono alle trincee in cerca degli ufficiali e gli ufficiali, trafelati, corsero affannosamente in cerca dei reparti, nei quali era avvenuto un frammischiamento fantastico.
(pg 19 dell’edizione MURSIA)
  




sabato 25 luglio 2015

IRAN, it's a good deal








Sul trattato nucleare con L’IRAN Furio Colombo esprime un’opinione usando la sua rubrica sul Fatto Quotidiano del 17 Luglio u.s.

Egli prende spunto dalla lettera di un lettore filoisraeliano che si chiede cosa ci sia di buono anche per chi filoisraeliano non sia: perché accettare che ci sia un paese atomico in più?.

Egli parte richiamando le contraddizioni di un’area ove l’islamismo più combattivo, scrive Furio, vince facilmente le elezioni democratiche ma poi mette la sharia (che democratica non è). Nella foga adombra una legittimazione del golpe egizio (quello di Al Sisi) che avrebbe riportato la democrazia. Il regime militare infatti ci offre una immagine di affidabilità ed affinità tenendo a bada il terrorismo. Poi passa all’IRAQ, un paese che funzionava impedendo l’espansione iraniana e contenendo lo scontro continuo tra sciiti e sunniti, ma a causa di Bush non funziona più. L’Arabia saudita è estremista nella religione e nel costume, ma è alleata moderata nella politica esterea degli Stati Uniti. Il Libano non è più soggetto alla Siria, ma rischia il ricatto di Hezbollah mentre la Palestina è in disputa tra l’estremismo laico di Hamas e quello religioso dello Stato Islamico. Israele invece è un paese di tipo occidentale a struttura democratica.

Quindi passa al giudizio sull’accordo cogliendone la doppia connotazione di inclusività e controllo. Inclusività perché porta l’IRAN tra gli “amici dell’occidente” e controllo perché limita la libertà di azione di un paese potente. Ma Furio non crede molto all’amicizia iraniana e teme che duri poco, così come crede poco anche nella sua reale moderazione rispetto alle spinte islamiste. Perciò giustifica le preoccupazioni di Israele e arriva a concludere che quell’accordo allarga anziché restringere il conflitto dell’area.

Mi pare che, ferma restando ogni libertà di opinione, Furio rilanci il proprio sentimento, notoriamente filo israeliano, offrendoci una versione moderata della strenua opposizione di Netanyahu. Una opposizione pregiudiziale ed estremistica che disconosce il grande passo avanti geopolitico rappresentato da quest’accordo.




Gli articoli di Massimo Calabresi e di Joe Klein su TIME n.20 Luglio 2015, offrono invece una lettura molto più ottimistica. Evidentemente l’intellighenzia statunitense dopo oltre sei anni di Obama si sta smarcando dall’influenza israeliana più di quanto non avvenga nella sinistra italiana.






martedì 21 luglio 2015

Lybia




Torno da un giretto al mare senza contatti media e trovo, tra varie inutili notiziette di politichetta renzuschina, i rapimenti degli italiani in Libia. Non avendo visto come è stato gestito il lancio della notizia non sono in grado di farmi un’opinione precisa sul suo grado di strumentalità, ma sicuramente è un episodio della guerra in Libia che l’Italia è chiamata ad intensificare in particolare ora che per l’ENI si aprono scenari di rilancio in IRAN. 
Il Fatto Quotidiano di oggi con Rosaria Talarico ci ricorda che ENI si è recentemente assicurata nuove opzioni offshore tra Kenya e Somalia. L’IRAN dopo l’accordo sulla caduta delle sanzioni è lì che ci aspetta a braccia aperte…
Bp e Total si sono un po’ riproporzionate e ritengono che l’ENI non possa più farla da padrona come ai tempi di Geddafy per cui preferiscono invischiarci nelle sabbie mobili neo libiche al fine di impedirci di decollare in IRAN. Holland ci sta, anche perché gli brucia un po’ il successo dell’italiana Mogherini, e rilancia il gioco.

I rapimenti servono per finanziare i gruppi terroristici ai quali non si possono vendere armi neanche di nascosto; spero per i rapiti (che pare fossero semplici lavoratori, o almeno far credere questo mi pare che sia la priorità in queste ore) che l’Italia paghi in fretta. Peccato che quello bravo a far queste cose (Callipari) l’hanno già fatto fuori gli americani dieci anni fa.

L’Italia ha un mandato ONU e quindi una posizione delicata. Occorre allineare tutti gli attori in gioco sulle posizioni degli accordi firmati nelle scorse settimane. Se qualcuno è rimasto fuori va liquidato in fretta.





MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...