domenica 16 novembre 2014

G 20 o G five?

La retorica di questi giorni sul venticinquennale della caduta del muro di Berlino non ha dato all’intervento di Gorbacev lo spazio che avrebbe meritato. L’obiettivo propagandistico del mainstream occidentale era quello di rivitalizzare il ricordo dell’evento che simboleggerebbe la vittoria della guerra fredda. Ma se quella guerra fosse finita ci sarebbe oggi la pace, mentre invece non è affatto così. C’è inoltre un ostinato conformismo mediatico, sempre più schiavo della propaganda militare occulta, che rischia di fare il peggio.

Il New York Time col suo inserto a pagamento ha pubblicato questa settimana una intervista a Gorbacev. Si tratta di un supplemento che spiega direttamente le posizioni russe senza mediazioni più o meno strumentali della stampa occidentale; un foglio di quattro pagine che ci permette di conoscere un punto di vista alquanto oscurato.



I nostri telegiornali hanno in particolare messo in ombra le chiare critiche di Gorbacev all’inadempienza occidentale con riferimento alla Carta di Parigi per una nuova Europa. Un documento sottoscritto da tutti i paesi europei, gli Stati Uniti e il Canada nel 1990. Esso all’epoca costituì un fattore di affidabilità nei confronti dell’occidente da parte dei sovietici perché ad esempio prevedeva la creazione di un Consiglio di Sicurezza per l’Europa, ma non fu poi realizzato. Fu lasciato cadere lasciando il posto al processo di espansione della NATO che prese corpo nel decennio successivo. Questa inadempienza sta alla base della incomprensione attuale, con il rischio di ricadere in una nuova guerra fredda.


La NATO, che si è espansa ad est dalla Lituania alla Polonia, ha assunto una funzione di apripista per l’allargamento dei mercati globali imponendo standard tecnologici ed infrastrutturali tali da rendere irreversibili, una volta adottate, le misure commerciali dei paesi aderenti.
Pertanto la discussione e gli stessi principi che caratterizzano l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) ne viene fortemente condizionata nella speranza, tutta nordamericana, di conservare il vantaggio competitivo. In questo quadro la Russia, quand’anche adottasse irreversibilmente l’ideologia liberale sulle dinamiche di mercato, si troverebbe in una inaccettabile competizione svantaggiata. In ciò consiste a mio avviso la ipocrisia dell’occidente, laddove propagandando principi di libertà impone svantaggi strutturali ai competitors.


Il G20 di Brisbane avrebbe avuto l’ovvia priorità di cercare un nuovo impulso al mercato globale, ma anziché predisporre una agenda mirata ad affrontare le questioni mondiali ha visto il gruppo del G7 tentare di imporre una agenda che riguardasse al massimo la congiuntura dei 20 paesi più ricchi del mondo.
Quindi la lente distorta dei media occidentali ha imposto i temi di un dibattito fuori agenda. Stando a questo maistream a Brisbane il mondo, scandalizzato dall’invasione russa dell’Ucraina, ha isolato e condannato Putin che se ne è andato prima con la coda tra le gambe.
I nostri strapagati giornalisti, quelli che usano abbeverarsi a Washington, hanno fatto la loro parte con pieno senso della disciplina. Complimenti.



Peccato che la realtà sia ben diversa: a Brisbane un Obama definitivamente delegittimato dalle elezioni di medio-termine, una UE inconsistente rappresentata da un ragazzino delegittimato dalla proprie piazze e una Merkel cortesemente odiata da Francia e Inghilterra hanno nascosto il proprio pantano finanziario dietro una falsa polemica antiputiniana che ha fatto ridere i cinesi, gli indiani i sudafricani e i brasiliani.






MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...