lunedì 31 agosto 2015

Le diatomee della contessa





Il caso Vacca-Agusta viene “ripescato”, è il caso di dire, dal libro di Lucarelli e Picozzi uscito nel 2005 La Scena del Crimine. (Mondadori)
Vi si riporta, con alcune bevi considerazioni, la traduzione del rapporto redatto dal giudice istruttore Isabelle Delande del Tribunale di Tolone. Picozzi e Lucarelli sono interessati solo agli aspetti forensi, ma la lettura mi spinge a ritornare su alcune considerazioni annotate all’epoca.


Appunti. La vicenda ha l’aspetto del mistero perché è connessa con aspetti ereditari. In pratica: L’Agusta è una azienda molto importante nel mercato internazionale degli armamenti. Craxi si occupò di importanti transazioni e forniture dalle quali avrebbe ricavate ricche tangenti per il partito e/o il suo proprio potere politico. Una ricchezza che giornalisticamente viene chiamata “tesoro di Craxi” (forse 2,5 milioni di dollari). Francesca Vacca è vedova, nonché erede, del conte Agusta, titolare della fabbrica di elicotteri morto nel 1980. Costei è stata a lungo amante e compagna di Maurizio Raggio il quale fu collaboratore molto stretto di Craxi e, faccendiere alquanto scaltro, potrebbe aver trovato la strada per imboscare il tesoro mettendolo al riparo da tasse e rischi di confisca. La morte della vedova potrebbe quindi aver messo a rischio l’accessibilità al tesoro da parte dell’entourage craxiano in quanto invischiato nella vicenda relativa all’asse ereditario.
In questo quadro la definizione delle circostanze relative alla morte della contessa diventa quindi fattore critico per poter dirimere i contenziosi ereditari e non perdere patrimoni e tesori.
In caso di suicidio cade la validità di eventuali polizze e assicurazioni sulla vita. Per cui amanti e persone care non sposate alle quali potessero essere intestati i benefici delle assicurazioni resterebbero asciutti.
Diversamente, in caso di disgrazia (no suicidio e no omicidio), costoro potrebbero beneficiare indipendentemente dall’attribuzione finale dell’asse ereditario.
In caso di omicidio l’asse ereditario, come in ogni successione che si rispetti, potrebbe essere oggetto di un lungo contenzioso da parte di rami diversi della famiglia. Inoltre un eventuale erede omicida condannato potrebbe perdere i diritti riproporzionando i rapporti quantitativi di suddivisione del patrimonio.
Se le circostanze di morte non vengono stabilite con certezza si apre pertanto un grande margine di trattativa tra gli aspiranti eredi per trovare un accordo extragiudiziale non più impugnabile, soddisfacente e definitivo.

Se si assume quest’ottica appare chiaro che tanto l’entourage craxiano quanto i portatori di legami non legalizzati hanno interesse alla soluzione extra giudiziale. Mentre i parenti legali hanno interesse una soluzione giudiziaria con o senza sentenza anche suicidiaria.
Un punto fermo però sta nel fatto che la magistratura francese ha aperto l’indagine per OMICIDIO e solo dopo l’identificazione del cadavere, avvenuta grazie all’intervento italiano, si è parlato di suicidio.
Le condizioni del corpo esclusero con certezza l’annegamento, per cui è certo che Francesca è finita in acqua dopo morta. Altrettanto certo è che il cadavere è finito in acque italiane, lo dicono le diatomee (alghe microscopiche) che non sono compatibili con quelle francesi. Quindi il cadavere di una donna ricchissima, anche di soldi non suoi, finita in mare dopo una morte violenta tra il terrazzo e la scogliera, è stato trasportato dalle correnti fino alle coste francesi dopo una quindicina di giorni durante i quali è stato devastato al punto da impedire il riconoscimento di eventuali segni di violenza omicida.

Secondo alcune ricostruzioni dell’epoca Francesca Vacca Agusta era malata ormai terminale e, in assenza di eutanasia nella legislazione italiana, potrebbe aver fatto coprire la propria decisione di morire con un trattamento tale da rendere impossibile stabilire le cause di morte e permettere così una soluzione extragiudiziale per la successione dei propri averi.
In molti casi, nel mondo dei mercenari, i cadaveri vengono affidati, ritardando il ritrovamento ufficiale, a dei professionisti che rendono impossibile l’accertamento delle cause di morte. Le assicurazioni finiscono sempre per pagare, a volte rinegoziando i termini con i beneficiari. Contenti loro, contenti tutti.

Il 10 Marzo 2001 sono stati celebrati i funerali di una donna sfortunata, i suoi resti sono stati cremati, le ceneri disperse in Messico, il paese che lei aveva amato più di ogni altro.  (pg 64)



martedì 25 agosto 2015

Traversare la Manica.



Centoquarant’anni fa, nella notte tra il 24 e il 25 Agosto 1875, dopo 21 ore e 45 minuti di nuoto il capitano di Marina Matthew Webb posò i piedi nella sabbia di Calais. Era partito da Dover, in Inghilterra, il giorno precedente.


Egli era così riuscito in una impresa mai realizzata prima fiaccando vari tentativi tra i quali quelli effettuati da lui stesso. In particolare aveva fallito due settimane prima quando, su una rotta diversa, le correnti lo avevano deviato di quasi dieci miglia, inducendolo a rinunciare. Ma questa volta con uno studio delle correnti realizzò la traversata grazie ad una grande zeta: nuotò prima verso est, poi a meridione e quindi ancora ad est. Aveva capito che non era solo un problema di forza fisica. Bracciate lente e poderose, testa ben fuori dall’acqua. Questa volta le correnti le aveva sfruttate lui.


Aveva 27 anni e per preparare l’impresa si era allenato duramente, anche risalendo il Tamigi per 21 miglia. Seguiva una dieta: no tè, no caffè, no alcool. Mangiava molta carne grassa, che prendeva con insalata due volte al giorno. A letto presto, vita all’aria aperta.


L’impresa venne commentata come un fatto ricco di senso e non solo sportivo, ma addirittura antropologico ed ebbe molta notorietà. Webb ricevette premi e riconoscimenti, sia francesi che inglesi anche in denaro, ma per guadagnarsi la vita negli anni successivi dovette andare in America ad insegnare nuoto.



Egli morì “sul lavoro” otto anni dopo tentando un nuovo record: le cascate del Niagara. Nessuno era mai riuscito a nuotare tra le furiose rapide di Whirpool ed anche lui, l‘eroe della Manica, dovette soccombere dopo otto minuti di lotta impari. Il suo corpo venne ripescato dopo diversi giorni di ricerca.

Solo nel 1934 la traversata a nuoto da Dover a Calais realizzata dal londinese Edward Temme migliorò il suo record. A tutt’oggi il record appartiene all’australiano Trent Grimsey il quale tre anni orsono ha saputo realizzare la traversata in solitaria, senza assistenza, in sole sei ore e 55 minuti.






La storia, si sa, è spietata e rovescia le cronache. Oggi la traversata della Manica si può fare in un’ora e 55 minuti senza nuotare. Ma è solo un miraggio per migliaia di persone che, provenienti dall’Africa, tentano di raggiungere ogni giorno l’Inghilterra dalla Francia. Il senso è inverso e anzi, per chi ci muore, il senso non c’è proprio.












domenica 23 agosto 2015

J.Volpi il memoriale dell'inganno





Una delle letture più interessanti, nonché impegnative di questo periodo è certamente il romanzo 
“MEMORIALE DELL’INGANNO” 
edito da MONDADORI e fatto uscire nel Maggio scorso.









Si presenta come un romanzo scritto da tale J. Volpi nel quale si narra un memoriale, una confessione, di un inganno.


Da quel che si capisce nella quarta di copertina l’autore J. Volpi è l’ebreo newyorkese nato nel 1953 che ha fondato la JV Capital Management dopo aver lavorato per J.P. Morgan occupandosi di derivati. Accusato di frode, vive in luogo sconosciuto.



Ma è esattamente qui che comincia l’inganno, nella quarta di copertina. Il lettore avveduto infatti comincia a capire che qualcosa non quadra quando si legge il nome del traduttore, Bruno Arpaia il quale traduce dallo spagnolo (Zafòn, Cercas ecc.). Ora
Se lo squalo di Wall Street J.LVolpi esistesse davvero e scrivesse davvero il memoriale di un colossale inganno finanziario per raccontare al mondo la verità lo farebbe certo in lingua inglese e allora perché questa è una traduzione da spagnolo?
Ecco quindi la prima sfida del volume: chi l’ha veramente scritto?



La lettera “J”, primo carattere del volume, come noto non esiste nell’alfabeto italiano. Essa invece è fondamentale per l’alfabeto spagnolo castigliano dove campeggia impronunciabile per un italiano. E’ impronunciabile perché richiede il suono gutturale tipicamente arabo che da bambino producevo quando preparavo lo sputo. E di sberle ne ho prese più d’una per imparare a non farlo mai.

Ebbene tale suono, “hota” in spagnolo e “gei” in americano, da un lettore italiano verrà quasi sempre letto all’americana associandolo facilmente a nomi come “gei pì morgan” o John Fitgerald Kennedy. Quindi il lettore italiano, in assenza di sussidi esterni, difficilmente arriverà a capire che in realtà si tratta di Jorge (Giorgio) Volpi, scrittore messicano di gran talento, nato nel 1968 e da quindici anni in gran carriera letteraria. Questo giovane scrittore è anche amico e collaboratore di Bruno Arpaia.


Il romanzo quindi porta il copyright di Jorge Volpi ed era già uscito in lingua spagnola per i tipi di Alfaguara a Madrid nel 2014. 

Per capire qualcosa di più sull’autore ho consultato via internet l’archivio del quotidiano spagnolo El Pais ricavandone informazioni interessanti su quello che viene presentato fin dal 2000, nell’ambiente letterario ispanico, come un promettente scrittore messicano, nato nel 1968, dal temperamento malinconico e tendenze sinistrorse. Si tratta di un vero talento, uno che scrive con precisione, efficacia e maestria.

Il segno del nostro tempo è stato l’inganno, elevato al massimo possibile, io ho fatto lo stesso”.


La recensione spagnola del suo ultimo libro Memorial del engaῆo spiega che lo scrittore in questo romanzo ha creato una macrometafora della Grande Bugia su più livelli dei quali il primo è la grande bolla finanziaria che ci sta ancora ingannando e il secondo è dato dal fatto che in questo romanzo è il narratore stesso a costituire un inganno per il lettore. Non sarebbe la prima volta perché già nelle sua prima opera (in cerca di Klingsor, Mondadori 2000) l’autore aveva usato il proprio nome per creare un personaggio.


E’ esattamente così ed io aggiungo che è scritto (e tradotto) così bene che il lettore preferirebbe che John Volpi esistesse davvero così si potrebbe credere anche a tutto il resto: la bolla, i derivati, Il Fondo Monetario Internazionale, J. M. Keynes e lo spionaggio sovietico.


In pratica il personaggio narratore del romanzo è John Volpi mentre l’autore è Jorge Volpi, entrambi hanno il nome che comincia con la lettera J la qual essendo il primo carattere impresso nella copertina del libro ingenera fin da subito un inganno. Coerentemente col titolo.

Allo stesso modo J.P.Morgan e JV Capital Management sono due grandi investitori in derivati uno esistente nella realtà e nella fiction di Volpi, l’altro solo nella fiction. Ma anche qui si potrebbe notare che l’acronimo JV esiste ed è usato nel mondo finanziario perché significa Joint Venture ecc. Insomma l’intreccio, l’inganno, pervade l’intera opera e presuppone la complicità del lettore. Non c’è inganno senza “buona fede” cioè complicità di fatto, dell’ingannato. E questa è un po’ la filosofia di J.Volpi, il quale a pagina 268 infatti scrive:” I mercati cospirano sempre contro i deboli”. E non è un fatto oggettivo, ma interamente soggettivo: una cospirazione, appunto.



Ora veniamo alla trama che è molto densa e complicata.


J. Volpi scrive la propria autobiografia da un luogo segreto per evitare di fare la fine di Madoff e la manda alla più importante agenzia letteraria. Essa viene pubblicata anche per aiutare le vittime dei suoi crimini. Egli infatti, oltre che noto mecenate dell’opera lirica, è il creatore di un fondo di investimento fallito nel 2008 truffando gli investitori per 15 milioni di dollari e, qualora catturato, passerebbe il resto della sua vita in galera.

La ricerca del padre

La narrazione si snoda su più storie che si intrecciano in ogni capitolo. La più importante di esse riguarda il lungo lavoro di ricerca della vera identità biografica di suo padre Noah Volpi, morto in circostanze dubbie nel 1953 lasciando incinta sua madre. 

Tale ricerca, che si svolge tra le carte degli archivi dei processi maccartisti, viene realizzata soprattutto dalla giovane ricercatrice Leah Levitt che diventerà sua seconda moglie. Essa si avvale nell’ultima parte di documentazioni ex sovietiche, che vengono acquisite da Volpi corrompendo ambienti ex KGB durante l’era Elsin, e queste carte aggiungono nuove verità alla storia dei processi Maccartisti del dopoguerra americano.
Volpi è figlio di un funzionario del Tesoro che fu assistente di Henry Dexter White, il principale interlocutore di John Mainard Keynes negli anni che videro la nascita del Fondo Monetario Internazionale con gli accordi di Bretton Woods. E a mano a mano che la storia si ricompone mettendo a fuoco il loro ruolo negli anni dal ’34 al ’53 prende sempre più consistenza l’accusa subita dal padre Noah Volpi assieme a molti altri dello staff fino allo stesso Dexter White, di essere stati comunisti o comunque aver spiato in favore della Unione Sovietica di Stalin. 

La verità ovviamente emerge alla fine in modo toccante.



Bretton Woods


Una seconda storia è dentro a quella della ricerca e costituisce un giallo politico perché mette in rilievo lo scontro sotterraneo tra White e Keynes sui principi e le premesse da dare alla futura architettura della finanza mondiale. In quegli anni i comunisti, o meglio i sovietici erano alleati da sfruttare non solo nella guerra contro nazismo e fascismo, ma anche nelle manovre tattiche per le trattative di Bretton Woods (1946). E si scopre che i sovietici erano tutt’altro che sprovveduti.

Questa parte del romanzo, che è di fatto storiografica, è molto suggestiva per chi ama la storia economica ed è molto difficile capire se è vera o finta, perché è certamente verosimile.




il manoscritto autobiografico.

Dev’essere stato scritto nel 2010 per finire sul tavolo dell’agente letterario nell’Aprile 2011. L’agente letterario è tale A.W. nel romanzo, iniziali che potrebbero corrispondere a Andrew White, noto agente reale anche di Jorge Volpi.

Tra l’Aprile 2011 e Dicembre 2012 il manoscritto è stato consegnato alle autorità come elemento utile per la cattura di JV in quanto criminale finanziario. Il giudice federale stabilì che il manoscritto era da considerarsi parte del patrimonio Volpi e pertanto poteva essere sequestrato per risarcire le vittime. Un successivo accordo tra la seconda moglie e la figlia di Volpi ha quindi permesso che i prevedibili diritti editoriali venissero utilizzare per finanziare il fondo per il risarcimento ai danneggiati.



La grande truffa

La storia più gettonata tra quelle contenute nel romanzo riguarda il crack finanziario globale. Varie recensioni e presentazioni (molte delle quali su you Tube) 



                                            https://youtu.be/AYyqNzESI2U 



insistono su questa parte come contenuto narrativo principale. Ebbene essa è certamente quella che richiama di più il grande pubblico dei best sellers, ma è anche la più complicata. Infatti i vari episodi, capitolo per capitolo, vengono porti al lettore assieme a contenuti glamour per speziare il piacere della lettura. Ma in questo modo si finisce per seguire di più il cinismo e l’erotismo del protagonista anziché l’evoluzione finanziaria. 

Ad un certo punto infatti Volpi inserisce la storia di Charles Ponzi, autore dello schema omonimo, considerato il più grande schema di truffa finanziaria nella storia finanziaria.


Chi conosce quello schema si fa subito un’idea del tipo di truffa ideata e realizzata, in termini enormemente più complicati, da Volpi. Si crea un fondo di investimento che garantisce rendimenti immediati e a tassi più alti del mercato innescando una catena di adesioni che si autoalimenta. Ma il denaro che entra non viene investito, viene usato per pagare gli interessi degli investitori precedenti. Il gioco funziona fintantoché la base aderente si allarga apportando incassi maggiori rispetto agli interessi realmente pagati.


Nel caso di Ponzi questo durò fino al 1934, quando il Boston Post pubblicò una celebre analisi finanziaria che dimostrava l’insostenibilità dei profitti dichiarati. L’impossibilità di ripagare tutti gli investitori condusse rapidamente al fallimento. Ma quella truffa fece chiudere non più di cinque banche per un totale di 225 milioni di dollari e Ponzi se la cavò con cinque anni, mentre Madoff si è preso centocinquant’anni dopo aver frodato 65 miliardi di dollari. 

Quindi è evidente che l’accostamento tra la crisi globale del 2008 e Ponzi può essere solo simbolica. Ed è altrettanto evidente che spiegare questa è molto più complicato…


Fin dall’università Volpi elabora una visone alla Milton Fridman e si avvia alla carriera finanzaria di Wall Street. Dopo aver lavorato alla J.P. Morgan viene scelto dalla Long-Term Capital Management. Tale esperienza lo colloca  a pieno titolo nella elite finanziaria arrivista e spregiudicata che nei primi anni 90 inventa la “Permuta di Inadempienze Creditizie” (pg 113), nascono I Cds o Credit Default Swaps. 
Da lì arrivare al 2008 passando per l’undici settembre, Bush e i subprime è tutto un volo, una lettura fantastica, che insegna a guardare con distacco all’ipercapitalismo finanziario della nostra era.

Ottima lettura, a volte impegnativa, a volte emozionante, resa possibile dalla eccellenza di un autore e di un traduttore degni di nota.




Vai lettore smaliziato, lasciati ingannare. E’ questo il senso moderno del romanzo…










domenica 9 agosto 2015

WW2 settant'anni fa a Valdagno







Settant’anni fa Valdagno era alle prese con uno dei suoi passaggi storici più importanti. WW2 era appena finita lasciando, com’è ovvio, un sacco di debiti ed una economia distrutta.

Lo storico Ernesto Brunetta, in una delle sue sempre appezzabili pubblicazioni divulgative dedicate alla storia veneta, definisce il 1945 un anno “spezzato in due”. 

Nell’Italia del Nord, infatti, il secondo semestre, seppur rianimato dalla liberazione, fu più duro del primo.
L’esercito tedesco era stato mantenuto dalla RSI con una cospicua indennità d’occupazione cui il governo fascista aveva in gran parte fatto fronte emettendo moneta”; …al sud invece gli eserciti alleati avevano introdotte le “Amlire” moneta assolutamente virtuale senza alcun controvalore. Inflazione pura; economia di guerra appunto. Il pericolo economico più grave era quindi che l’enorme inflazione dell’Italia liberata si estendesse ora al territorio ex RSI. Si cercò di impedire la circolazione monetaria nella vecchia linea gotica, ma già a settembre essa era aumentata di oltre 47 milioni di lire. Mercato nero. Rispetto al 1938 i prezzi medi erano aumentati di 38 volte al sud e, sempre a settembre 1945, nel Nord di 24 volte.

E per tutti lo spettro angosciante era la disoccupazione. Brunetta cita una relazione della Camera di commercio di Venezia datata 28 Giugno nella quale, oltre ai dati suddetti, si esamina la situazione delle scorte concludendo che la ripresa è praticamente impossibile per mancanza di energia e pezzi di ricambio necessari all’apparato produttivo.

Ora, in questo contesto generale a Valdagno si stava un po’ meno peggio perché venne scongiurata la fermata degli stabilimenti nonostante magazzini vuoti e altre difficoltà. Pietro Marzotto avrà occasione di ricordare, in una lettera del 1969, che allora Valdagno “si alimentava materialmente con le scorte provvidenziali costituite dalla Marzotto”. Ma era comunque dura.


Gaetano Marzotto nell’Agosto del 1945 era assente da Valdagno da più di un anno. I suoi interessi erano diretti da Masci, storico direttore dei lanifici che abitava nella attuale Villa Serena, e le altre attività di cui era presidente, come la Marmi di Chiampo, avevano i lavoratori senza stipendio per oltre due mesi. Il suo problema era rientrare a Valdagno e riprendere possesso degli stabilimenti, i quali si trovavano ancora sotto il controllo dei partigiani del CLN dopo che in Aprile li avevano salvati dalla distruzione tedesca.

Era in corso il processo di epurazione. Il clima era convulso, ma destinato, come spiega bene Brunetta a risolversi entro il mese di Novembre quando, con la caduta del Governo Parri si può anche datare la fine del consenso popolare ai CLN. La crisi aveva già determinato uno scollamento tra i cittadini e la nuova classe dirigente uscita dalla Resistenza.


Il 20 Giugno, quasi due mesi dopo il 25 Aprile, su iniziativa del vescovo Zaffonato, Sergio Perin, Bruno Gavasso e altri rappresentanti del CLN valdagnese avevano firmato a Vittorio Veneto un accordo che assicurava a Gaetano Marzotto che non ci sarebbe stato alcun procedimento politico contro di lui in cambio di una cospicua serie di benefici sociali per gli operai valdagnesi e le loro famiglie nonché l’impegno a capitalizzare una cooperativa di consumo. Tale accordo venne sconfessato dal Clnp, ma poi lentamente riassorbito senza che a Gaetano Marzotto venisse mosso alcun addebito.



Ora in questo arco di tempo due date sono importanti per la storia valdagnese. Una è appunto il 7 Agosto quando avvenne a Vicenza l’incontro tra il CLN provinciale e i rappresentanti valdagnesi del CLN in una riunione che si concluse senza muovere alcun addebito a Gaetano Marzotto; l’altra il 10 Settembre quando Gaetano Marzotto tornò Valdagno accolto da banda e manifestazioni.










martedì 4 agosto 2015

WW1: avanti Savoia!




Cento anni fa, in queste settimane di Luglio/agosto, la situazione al fronte tra lo Stelvio e la Carnia era relativamente calma e sull’altopiano Frescura annota nel suo diario aspetti ironici dei superiori.

In particolare se la prende con un capitano di grossa stazza che lui chiama Tartarin il quale, col suo italiano militaresco e fortemente venetizzato, tiene conferenze di addestramento.



4 Agosto


Oggi, in piazza d’armi, egli ha sguainato la sciabola, che nessuno porta più perché è diventata un arnese inutile e decorativo per le retrovie. Ha dato un formidabile <<attenti!>> e quindi ci ha annunciato le sue teorie tattiche con veneta dolcezza:

… Fare atensione! Quando suonerò il fischieto voi vi metterete in ordine sparso … caminare curvi per evitare di scoprirsi se no il nemico ci fulmina tuti! ... quando suonerò due fischi Frrrrrrit! Frrrrrit! Alt! Piombare a terra! Also, seicento metri! Puntare bene! Nel combatimento non si devono sprecare cartuce! Ogni colpo dev’essere un uomo morto… “

…”faremo un piccolo asalto a la baioneta che è l’arma italiana … Andare adagio perché io devo esere sempre in testa a tuti! Al mio grido di : ala baioneta! Rispondere con un forte urlo: Savoia! …”



Frescura scrive varie pagine con vari aneddoti, tutti di questo tenore. Ricordarli oggi è significativo. 

Si vede da queste istruzioni quale fosse la vera concezione di Cadorna: la battaglia manovrata esiste solo in teoria, la pratica invece esige l’urto frontale della più gran massa di uomini.




                                                           




domenica 2 agosto 2015






IlSole24ore di oggi (domenica) fa i conti al governo Renzi, annuncia un indice di attuazione dei provvedimenti pari al 61% (è come dargli la sufficienza) e chiarisce che “l’impegno c’è, la svolta no”. Mi sovviene il motto degli insegnanti anni sessanta: “il ragazzo sarebbe intelligente, ma studia poco” … Seguono due paginone di analisi dei provvedimenti da realizzare, compresi gli arretrati Letta e Monti.
Il taglio è sempre quello del sostegno. Se lo coccolano anche se è impantanato fino al collo. Insomma niente di nuovo sotto Il Sole (24ore), l’importante è non votare perché vincerebbero i 5 Stelle… Ma ce la faranno i nostri industrialetti a tenerlo ancora in piedi? Il ragazzo comincia a dare segni di affaticamento…

Non escludo un Piano B con un attacco alla minoranza PD (la quale non fa un beato cazzo, salvo qualche sorridente leccatina di Damiano e qualche frecciatina di Gotor) con la stampella grembiulina di Verdini… Vabbè.
Intanto è arrivato il 35mo anniversario della peggior strage piduista e siamo lontani dalla verità alla faccia delle promesse renzuschine. Coi grembiulini ci siamo già scottati, meglio andar coi guanti…

Interessante l’articoletto, (nascosto in fondo a pg 7), di Paul Krugman il quale sostiene che la creazione dell’Euro è stata un errore. Egli polemizza con coloro che attribuiscono il successo della Finlandia all’Euro mentre in realtà si tratta di un successo della Nokia e la moneta unica non c’entra niente. Anche la Svezia infatti, la quale non ha voluto - con tanto di referendum - entrare nell’euro, è cresciuta nello stesso periodo.

L’ispirazione strategica del progetto europeo, ci ricorda Krugman, è quella di gettarsi alle spalle la guerra vivendo in pace e democrazia attraverso l’integrazione e la prosperità, ma quello che è successo nel cammino verso l’Europa è che, a differenza di quanto è avvenuto per la abolizione delle barriere doganali, le élite europee non hanno voluto vedere che la moneta unica era in pratica una pessima idea. I vantaggi dell’integrazione sarebbero superiori ai costi a breve si pensava, invece proprio la Svezia dal 2008 in poi è andata ancora meglio della Finlandia. Mah! Forse a Krugman il Nobel glielo hanno dato proprio per questo…

Un po’ di ottimismo arriva invece con Alberto Negri nella pagina dei “commenti e inchieste”, dove si analizzano gli scenari di opportunità Iran – Italia con la caduta delle sanzioni.

Quando è scesa a Teheran la delegazione italiana dopo l’accordo di Vienna, ci racconta Negri, gli iraniani hanno spolverato le foto le Enrico Mattei e steso con gioia il tappeto rosso. Dal 2006 nel periodo sanzionatorio noi abbiamo perso 17 miliardi di export e l’Iran ha aperto al massimo con la Cina raggiungendo un livello di interscambio pari a 50 miliardi di dollari. 
Non potremo più recuperarli ma potremo tallonare bene i nostri concorrenti europei Francia e Germania. Ad aiutarci più di loro nella partnership iraniana potrà essere anche il tema dell’interscambio culturale, visto che l’Iran vede l’Italia come una sorta di ponte culturale tra oriente e occidente.

 L’articolo poi descrive varie bellezze iraniane e mi suggerisce l’idea che per cogliere queste nuove opportunità si stia aprendo una nuova competizione tra le prime tre nazioni dell’euro; cosa questa che non assomiglia per niente ad una integrazione. Uno sfruttamento in chiave nazionalistica delle opportunità iraniane sarebbe una pesante contraddizione tra gli europeisti, ma sarà quel che sarà…





Intanto speriamo bene e affidiamoci al sorriso della Mogherini.



sabato 1 agosto 2015

WW3 dopo il Consiglio NATO





Oggi su La Stampa abbiamo Molinari che ci dà la linea da Gerusalemme: “Terroristi ebrei uccidono con le fiamme un neonato palestinese”. Forse Netanyahu ha capito che fare solo il duro sul piano internazionale non paga e, anche per difendersi meglio dalle accuse di crimini contro l’umanità, ora vuole smantellare le organizzazioni dei coloni ribelli.


L’annuncio è chiaramente funzionale ad un maquillage dell’immagine di Netanyahu. Si vuol fare di lui un giusto che punisce gli estremismi e difende i bambini.  Questo ovviamente dopo dieci anni che a questi coloni egli ha lasciato mano libera e dopo che, poche settimane fa, ne ha preso i voti alle elezioni.


Leggendo il servizio all’interno infatti si capisce che le vere dichiarazioni impegnative sono state fatte dal Presidente israeliano Reuven Rivlin, ma tutto il fuoco dei titoli televisivi è stato concentrato sulla telefonata che Netanyahu ha fatto ad Abu Mazen per cercare, pare, collaborazione.


Ora Price Tag verrà dichiarata, pare, una organizzazione terroristica. Ma i palestinesi di Abu Mazen devono stare al gioco e dargli una mano. Come dire: anche voi (palestinesi) dovrete fare come noi e punire i vostri.

Con queste premesse nelle prossime settimane c’è solo da spettarsi un po’ di false flags per riattizzare la repressione di Hamas. Staremo a vedere, per l’intanto io spero di sbagliarmi…

         


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Ma quello che invece costituisce un serio segnale d’allarme è il sottostante commento a cura di Stefano Stefanini sul pericolo di guerra in Europa.

Il rischio di confronto militare tra Russia ed Occidente sul suolo europeo fa impallidire qualsiasi altro problema… Avendo anche a mente la presenza di armi nucleari tattiche negli arsenali di entrambe le parti, porsi la questione non è allarmismo, è realismo. La crisi dell’Ucraina è in un vicolo cieco…

Bastano queste frasi per capire il senso del commento: è un cripto annuncio di guerra. Un upgrading dello scontro russo/americano sul territorio europeo è infatti l’alternativa alla stagnazione dei rapporti tra le parti con un “presidente americano uscente”.


L’articolo va inquadrato nel fall-out comunicativo della riunione NATO dei giorni scorsi, dove si è stabilito il rilancio dei fronti Siria e Ucraina contro Assad e Putin e allo scopo il nostro abbeverato commentatore ci offre alcune perline propagandistiche come: “Siria e ISIS minaccia comune”, oppure “Proseguono i rinforzi russi ai ribelli” o meglio ancora” sul versante ucraino compaiono truppe irregolari anche cecene”.


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Come per le organizzazioni terroristiche dei coloni ribelli di Netanyahu che agiscono indisturbate da un decennio, sul versante ucraino abbiamo Pravi Sektor, truppaglia neonazista foraggiata dagli americani, che da oltre un anno e mezzo molesta e terrorizza gli abitanti russofoni del Donbass.


Dichiarare quella una organizzazione terroristica sarebbe il vero passo avanti, ma non è la pace che si sta cercando nelle riunioni della Nato, è la guerra. Una guerra moderna, asimmetrica, mascherata da lotta al terrorismo.








MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...