mercoledì 31 agosto 2016

Let us break







Let us break bread together on my knees. E’ uno spiritual con andamento moderato, arrangiato a quattro voci. Si esegue durante la comunione. Il testo richiama Atti 2.42 che si ispira alla vita della comunità cristiana primitiva.

Alcuni innari della chiesa metodista hanno raccolto versioni di questo inno che si canta, appunto, in comunione come gli schiavi nell’isola di sant’Elena. Oggi indica una marcia per la libertà e il ricordo dei caduti. Joan Baez negli anni sessanta ne ha proposto una versione a struttura antifonale molto nota, ma noi cantiamo una versione armonizzata del testo semplice.



Quest’anno il mese di settembre giunge con la luna nuova di S. Egidio.

Il Coro si ricompone Venerdì, giorno della morte del Signore, sera per preparare la messa in ricordo delle voci che ci hanno lasciato passando a miglior vita. I cantori ritroveranno l’amicizia nell’intreccio delle voci.



La notte e il giorno ritroveranno la loro misura nell’ultimo quarto, col sole in bilancia, nell’equinozio del 23 Settembre quando il nuovo ordine globalizzato del mondo commerciale potrà accedere al nuovo modello di iPhone 7. Talismano apocalittico dell'obbedienza.



... e piangeranno e si abbatteranno per lei i re della terra che con lei fornicavano e lussuriavano, quando vedranno il fumo del suo rogo ... (Ap 18:9)











lunedì 29 agosto 2016

induced seismicity






A pochi giorni dal sisma il framework di stato è ancora saldamente attestato su una comunicazione emotiva e paternalistica. Ma la rete, che nel bene o nel male ne costituisce una alternativa, lascia spuntare qualche segnale di informazione dissonante.

E’ chiaro che in un modello dialettico rete/media non c’è la verità da una parte e la menzogna dall’altra, le menzogne stanno da entrambe le parti, ma la presenza di una campana alternativa permette di confrontare le balle e farsi un inventario di quelle che il mainstream di stato sceglie di nascondere.



Per aiutarsi nella ricerca è opportuno tuffarsi nell’informazione cosiddetta “complottista”, ovvero non allineata, si fa più presto. E proprio di questo dà conto un pezzo a pagina 5 del Fatto Quotidiano di oggi  (27/8/16).



Nella rubrica DELIRI Andrea Carlo Magnaghi ci ricorda che sul web c’è chi attribuisce il disastro alle scie chimiche e chi al Laboratorio del Gran Sasso. In proposito mi risulta curioso cercare di capire come mai la grande informazione trascura questa importante infrastruttura scientifica che, stando alla propaganda di stato, ci fa onore nel mondo. Un terremoto di tale magnitudo ha certamente causato rischi e ricadute anche sotto il Gran Sasso, non vorrei che ci fossero danni, o peggio, morti e feriti. E se ci sono perché nessuno ce lo dice? Perché non c’è ancora nessun inviato o gran giornalista di inchiesta che sia andato a suonale il citofono sotto il Gran Sasso per metterci un po’ tanquilli?

Il problema, haimè, è che ci sono troppi lutti veri per permetterci questi lussi… e lo Stato ne approfitta per tenere segretati all’opinione pubblica gli affari che non vuole vengano scoperti dal nemico.

Lasciamo perdere chi sia il nemico, ce ne occuperemo fuori dal lutto.



Nel Gran Sasso, chiamiamolo così per capirci, ci sarebbe stato un esperimento andato male. E sotto il Gran Sasso non lavora anche il CERN, che Dan Brown ci ha informato lavorare per conto del Vaticano nella ricerca dell’antimateria?



Poi, sempre grazie a FQ, veniamo a sapere che la NATO ha fornito all’Italia fin dal 1956 gran quantità di residuati bellici utili a sperimentare terremoti.

E quindi veniamo alle scie chimiche.



Sul cielo centroitaliano la sera prima del sisma sono state scattate foto che documenterebbero un particolare via vai di scie. Sono vere? Secondo il sito sono in relazione con l‘evento. Io, che non ho pregiudizi e sono un uomo libero, non lo escludo. Anche i francesi, che nella NATO ci sono sempre stati stretti, al punto da andarci e tornarci più volte, si chiedono sul web se il nostro terremoto non sia di causa umana. E se lo fanno loro, che vengono dalla Patria dei Lumi, penso sia un’ottima domanda.



Curioso anche sapere che il sito di Militia Christi aveva twittato che: “La tragedia del terremoto ci interroghi sui nostri peccati e sull’abominio delle unioni civili”, ma poi l’ha tolto. Pope Francis in persona ha dato la linea…

Non conosciamo invece la linea data dal ministro delle infrastrutture Del Rio che fu il primo quella mattina a muoversi per constatare i danni. Come mai ci è andato lui?



Nascosto prima della coda dell’articolo Andrea Carlo Magnaghi sferra al complottismo il colpo più duro: terremoto, governo ladro. Si riferisce a chi accusa il Governo di abbassare artatamente la comunicazione dell’intensità del sisma. L’evento sismico infatti è dato dalla stampa internazionale come avente una intensità di punti 6.2 (alcuni siti del Bangladesh addirittura 6.8) ma la stampa e la TV italiane proseguono nel dichiararlo di intensità 6.

La differenza è rilevante perché sopra il valore 6 scattano i rimborsi.



Ma questo dei rimborsi è stato invece il tema preferito da Repubblica e altri che ci hanno rovesciato sopra fior di paginoni. L’aveva detto Monti che bisognava abolire l’obbligo di rimborso statale per i danni da terremoto e rimettere l’obbligo al settore privato, ma il Parlamento non l’ha voluto! Mannaggia. Pensa che qualche parlamentare ha addirittura sospettato che rendere obbligatoria l’assicurazione di tali danni (come da cinquant’anni per gli incidenti d’auto) faccia gli interessi delle Assicurazioni!



Insomma grazie all’articolo anticomplottista di FQ possiamo farci un’idea di ciò che pensano coloro ai quali il web dà diritto di parola e grazie ai quali possiamo saper cosa NON ci dice l’informazione di regime.



Non sono informazioni attendibili? Hai, hai, hai!...



Se l’angelo della morte scendesse a colpire coloro che non danno informazioni vere ed attendibili i primi a cadere sarebbero i mezzibusti della RAI, MEDIASET  e La Sette e poi via via uno dopo l’altro tutta la cartaccia di regime. Meglio lasciare a tutti il diritto di parola piuttosto che l’universale diluvio di balle che ci aspetta se non ci muoviamo.










sabato 27 agosto 2016

Pensierino di vita, pace e memoria









Il 26 Agosto di cento anni fa nasceva mio padre. Ciò avveniva a Recoaro, in condizioni disagiate a causa dell’incalzare di WW1.



I mesi precedenti erano stati caratterizzati dall’allarme generale connesso all’attacco austriaco sui nostri monti noto come strafexpedition.

Immagino che a Recoaro all’epoca ci fossero solo servizi sanitari di tipo militare e che a mia nonna sia stata fatta una certa fretta, fatto sta che mio padre venne alla luce con un intervento di forcipe. Egli ha spesso raccontato di aver attribuito la propria precoce calvizie all’uso dell’elmetto, e di aver poi realizzato che essa era dovuta proprio al forcipe essendo stato di ciò informato da un ufficiale medico, durante la seconda guerra mondiale che aveva riconosciuto sulla sua testa i segni caratteristici.



Il padre di mio padre era stato richiamato in guerra nel Novembre 1915, all’età di trent’anni, per essere poi mandato in licenza, come recita il foglio matricolare il 19 Luglio del 1916. Ottenne quindi l‘esonero da servizio effettivo sotto e armi “fino a nuovo ordine” e qualche anno dopo, il congedo definitivo. Non conosco il motivo di questo richiamo in età relativamente avanzata, ma penso che l’esonero possa essere connesso proprio con la nascita di mio padre che era il terzo figlio.





Dei cento anni che mi separano da allora mio padre ne visse solo cinquantasei,

e di questi quelli felici furono certo molti meno. Ma voglio ricordarlo per quelli felici che, dopo la guerra e la prigionia, coincidono forse con quelli della mia infanzia. Un destino iniquo ci fa diversi. Io sono stato molto più fortunato di lui. La differenza la fa una sola e semplice parola.

La parola PACE.




giovedì 25 agosto 2016

Omniavulnerant: Referendum: per un NO sul merito (4)

Accentramento e personalizzazione è questa la revisione.





Omniavulnerant: Referendum: per un NO sul merito (4): Nel post precedente ho dato uno sguardo alla nuova, secondo il ddl Renzi Boschi, composizione del Parlamento evidenziando alcune con...

mercoledì 24 agosto 2016

Referendum: per un NO sul merito (4)







Nel post precedente ho dato uno sguardo alla nuova, secondo il ddl Renzi Boschi, composizione del Parlamento evidenziando alcune contraddizioni. Ora vediamo le funzioni.



Nei regimi a democrazia parlamentare come il nostro senza la fiducia del Parlamento il governo cade. Nella proposta di revisione il potere di regolare il rapporto di fiducia col governo viene ricondotto alla sola Camera dei deputati. Il nuovo Senato non avrà più il potere di dare o togliere la fiducia ad un governo.



La questione del “combinato disposto”

 Quanto sopra riduce il potere di controllo del Parlamento sull’esecutivo soprattutto se combinato con la legge elettorale nota come italicum (che si caratterizza per essere ipermaggioritaria, con capilista bloccati) la quale aggiunge ancora più potere al leader del partito vincitore.



E’ questo uno dei punti, se non il principale, su cui si fondano la ragioni del NO. Con questa operazione infatti non solo si assegna maggior potere all’esecutivo a scapito degli altri due poteri (legislativo e giudiziario), ma all’interno di esso si rafforza quello personale del premier il quale potrà di fatto scegliersi e nominarsi qualcosa come duecento e passa membri della maggioranza camerale. Cioè di coloro che dovrebbero avere il potere di controllarlo. E ricordo che quello di poter scegliersi i rappresentanti dovrebbe essere invece la principale prerogativa dell’elettore.

Questa situazione non è una novità, perché rappresenta la tendenza politica in atto negli ultimi decenni, ma finora tale tendenza ha potuto essere contrastata. Qui si tratta di metterla in Costituzione ed arrivare ad un sistema che qualche costituzionalista ha cominciato a definire “premierato assoluto”.



Inoltre questo accentramento contraddice lo stesso articolo 55 dello stesso ddl Renzi Boschi laddove dice che è la Camera ad esercitare la funzione di indirizzo politico. I cambiamenti che vengono introdotti tendono invece ad esternalizzare dalla Camera il potere di indirizzo assegnandola de facto al partito. Ciò consegue al fatto che la scelta delle persone da candidare, persone che poi diventeranno deputati e in quanto tali voteranno l’indirizzo politico di cui all’art. 55, non avviene all’interno delle istituzioni, ma all’interno del partito del premier quindi di fatto non alla Camera.

La revisione costituzionale e l’Italicum sono due cose diverse ma la loro interazione esalta l’accentramento e la personalizzazione del potere. I sostenitori dicono che l’Italicum verrà cambiato ma per il momento si voterà in cogenza di legge.



Commento



Tralascio qui di raccontare che io, che sono stato comunista e dirigente della Cgil, mi sono sorbito per almeno tre decenni il ritornello che l’Unione Sovietica non poteva andar bene proprio perché il potere vero era nelle mani del partito e non delle istituzioni, perché non c’era libertà e tutti votavano sempre ciò che voleva il leader ecc. ecc. difronte a queste proposte di revisione della Costituzione mi sento bollire gli organi interni, e faccio le seguenti considerazioni.



Qualcuno potrà dire che questo accentramento in fin dei conti è inevitabile perché se si dà il mandato ad uno di comandarci per un certo periodo, bisogna anche dargli tutto il potere per farlo. Ebbene il problema è proprio quello che poneva Montesquieu: possiamo anche rischiare di darglielo, ma solo se controbilanciato. Il cittadino deve essere protetto dall’abuso. E ciò è possibile solo se in Costituzione sono inseriti dei dispositivi attivabili a tale scopo. Ora ciò che fa il ddl Renzi Boschi è esattamente il contrario: smonta le garanzie inserite nel 1947. Allora, haimè, era chiaro a tutti quali fossero le catastrofi a cui si va in contro lasciando incontrollate le personalizzazioni del potere. Ma oggi no. E siamo in pericolo…

Quando il potere viene concentrato sull’esecutivo e personalizzato, non tardano a formarsi i personaggi alla Mussolini, Hitler, Stalin e se volgiamo Putin ed Erdogan i quali beneficiavano e beneficiano esattamente di un potere non controbilanciato. E anche se i governanti e i loro cittadini sono i più buoni del mondo sono le condizioni esterne, internazionali, a determinarlo. Ce lo insegna la storia e ce lo conferma l’attualità.

In quest’ottica non vedo proprio il motivo per il quale gli italiani dovrebbero dire di si ad una proposta che ci prospetta esattamente ciò che la propaganda occidentale continua a contestare agli altri. L’accentramento e la personalizzazione del potere: Obama lo contesta ogni giorno a Putin, ad Assad, al nordcoreano Kim Jong Un, la Francia lo contestava a Geddafy, ecc. ecc.





Antica saggezza veneta:

                                        "No bisogna far fogo fora de la pegnata"

giovedì 18 agosto 2016

Referendum: per un NO sul merito (3)








Il punto centrale della proposta di revisione costituzionale contenuta nel ddl Renzi Boschi riguarda la composizione del Parlamento.

Il nuovo Parlamento rimane bicamerale, il Senato non viene abolito ma modificato e la Camera rimane composta dai 630 deputati. Il nuovo testo lascia infatti inalterato l’art. 56 della Costituzione oggi vigente.

Si interviene invece pesantemente sull’articolo successivo, il 57 (e su altri a cascata) stabilendo di scendere da 315 senatori a 95 dei quali 22 provenienti dai sindaci e 73 dai consiglieri regionali. Quando scade il mandato dell’organo territoriale di provenienza scade anche il mandato senatoriale.



Questo è un punto delicato e un po’ complicato.  Ricordo che qui siamo nella Parte Prima I della Costituzione, che si occupa dei diritti e doveri dei cittadini. Per approfondire è opportuno leggere il sinottico dei due articoli 57 (quello vecchio e quello nuovo) alle pagine 86 e 87 del libro di Zagrebelski. Qui mi limito a sintetizzare il significato di fondo. L’articolo passa da quattro a sei commi con profonde modifiche. Si abroga l’articolo 58 che stabiliva che i senatori vengono eletti a suffragio universale e diretto. L’intervento determina soprattutto un cambiamento delle modalità di scelta dei componenti del nuovo organo senatoriale, eliminando la facoltà di scelta diretta da parte dell’elettore stabilendo invece – nota efficacemente Zagrebelsky -   un “filtro regionale”. O meglio i cittadini indicheranno i futuri senatori indirettamente. I Consigli regionali infatti indicheranno scegliendo al proprio interno, quindi tra persone elette, i due rappresentanti (per ciascuna regione) da mandare a Roma. Tralascio i sindaci e i senatori a vita. Ci sarà una apposita legge elettorale bicamerale a stabilire il dettaglio della nuova disciplina. Il nuovo meccanismo partirà solo dal 2022 perché serviranno una serie di tempi diciamo “tecnici” d’assestamento.



Il punto contraddittorio di questa operazione riguarda la NATURA della rappresentanza senatoriale. Il futuro senatore infatti rappresenterà la Regione (intesa come entità istituzionale) da cui proviene o il popolo italiano? Nel primo caso si apre un conflitto con l’ordinamento regionale vigente perché l’art. 121, c.4 della Costituzione dice chiaramente che è il Presidente della giunta regionale (nel caso Veneto Zaia) a rappresentare l’istituzione territoriale; nel secondo caso il fatto di non essere eletto direttamente diventa pesante.

L’art. 55 (anch’esso da leggere in sinottico) ripete il comma 1 della Costituzione attuale ribadendo che “Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”, ma aggiunge altri quattro nuovi commi dei quali il n. 5 specifica che il Senato rappresenta le istituzioni territoriali.  Ora è solo negli ordinamenti federali che la rappresentanza è esercitata, oltre che dal popolo, dalle entità territoriali federate.

Per me c’è confusione: l’Italia non ha e non avrà (soprattutto se passa il ddl Renzi Boschi) l’ordinamento federale e quindi ad esercitare il ruolo della rappresentanza nazionale rimarrà solo il popolo attraverso la Camera dei deputati. E un senato che rappresenta le Regioni dev’essere solo il luogo di confronto delle posizioni regionali, senza partecipare al processo legislativo.



Per chi, come me, vedrebbe con simpatia una ristrutturazione federalista del nostro ordinamento rimane solo la delusione. Questo intervento sul Senato è solo inutile, contraddittorio e confusionario.







Antica saggezza veneta:



                 Se volì vedare el diluvio universal, metì dodese preti a tola a disnar”.






martedì 16 agosto 2016

Referendum: per un No sul merito (2)









L’ideale costituzionalista nasce in epoca illuminista come alternativa all’assolutismo. Zagrebelski cita Montesquieu nel suo DE L'ESPRIT des LOIX laddove costui enuncia il principio secondo cui per prevenirne l’abuso il POTERE dev’essere controbilanciato.



Le premesse del ddl Renzi Boschi non vanno in questa direzione.

Esso infatti rappresenta il caso in cui il titolare del potere assume l’iniziativa di cambiare lo strumento concepito per limitarlo. Pertanto qualunque sia lo strumento della nuova costituzione in essa apposto per limitare il potere del governo, tale limitazione anziché eteronoma sarà autonoma, ovvero nella disponibilità del detentore. Il principio di Montesquieu rischia seriamente di non venir soddisfatto.

E non mancano gli esempi di abuso: in Commissione Affari Costituzionali i senatori Mauro e Mineo sono stati sostituiti in quanto “portatori di posizioni difformi da quelle del gruppo di appartenenza”. Ciò contraddice il principio della Costituzione vigente (art. 67) che esclude per il parlamentare ogni vincolo di mandato.



La riscrittura di un testo costituzionale dovrebbe presupporre un dibattito parlamentare caratterizzato da atteggiamento inclusivo (come nel 1947). Ciò invece non è avvenuto. Sono stati infatti attivati ripetutamente quegli strumenti del regolamento che riducono il potere di emendamento (canguro) e di intervento (tagliola) e la votazione è stata caratterizzata dall’uso sistematico di una maggioranza numerica dichiarata incostituzionale dalla Corte per la sproporzione del Premio (il PD avrebbe 180 deputati che diventano 340 grazie al premio incostituzionale).



Con questo tipo di atteggiamento politico il ddl Renzi Boschi è giunto ad approvazione con un iter iniziato al Senato il 15 Aprile 2014 e concluso alla camera con il voto a maggioranza assoluta del 12 Aprile 2016.



Sta agli elettori ora valutare il merito e formarsi una opinione su un intervento che modifica 47 articoli della nostra Costituzione proponendo una nuova composizione e nuove funzioni per il Parlamento, il rapporto Stato Regioni, la Corte Costituzionale, i referendum e il Cnel.

Punto per punto nei prossimi post. 






Antica saggezza veneta:

                                 "Ghe xe chi crede de esar a cavalo e no l'xe gnanca a piè"

sabato 13 agosto 2016

Referendum: per un NO sul merito. (1)











Le ragioni esterne, ovvero quelle di semplice opportunità politica, che portano al NO, come ad esempio quella di cacciare Renzi, non mancano. Ma a me non bastano.

Io sono della vecchia scuola e sto al gioco: voglio rispondere consapevolmente al quesito.

In attesa di conoscerlo tecnicamente il mio contributo di partecipazione sarà quello di leggere la proposta di REVISIONE COSTITUZIONALE confrontandola con la Costituzione vigente. Ciò mi è possibile grazie al vademecum di Gustavo Zagrebelski (con Francesco Pallante: “LORO DIRANNO, NOI DICIAMO, Laterza, giugno 2016).

Gli appunti che seguono sono le tappe di questa lettura ragionata.



                                                    *****     *****



La Proposta di revisione costituzionale, secondo il procedimento previsto dall’art. 138 della Costituzione vigente, ha un titolo lungo per cui è opportuno semplificare chiamandola “ddl Renzi Boschi”. Ciò è anche formalmente corretto in quanto proposta su iniziativa del Governo e del Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti col parlamento (senza portafoglio).



Cosa prevede il procedimento

Le due camere deliberano, come per ogni altra legge, a maggioranza semplice. Segue quindi una seconda deliberazione che, qualora si concluda con una approvazione a maggioranza di Due Terzi passa alla promulgazione, mentre in caso contrario si deve aspettare di vedere se nei tre mesi successivi viene chiesto un referendum OPPOSITIVO da parte di almeno un quinto dei membri di ciascuna camera o da almeno cinque Regioni. In assenza di tale richiesta si passa alla promulgazione. In presenza di tale richiesta invece, la legge viene promulgata, ma rimane in Gazzetta Ufficiale senza entrare in vigore fino all’esito del Referendum senza quorum.

Nel caso attuale, non essendo stata raggiunta in Parlamento la maggioranza dei Due Terzi, stiamo aspettando il risultato referendario.



(Considerazione):

Si può notare che in questo impianto dell’art. 138 si concepisce il referendum come strumento nelle mani di una opposizione, a tutela dell’espressione politica di chi NON vuole le modifiche alla Costituzione.  Quando è stato scritto quindi era una clausola difensiva, contro colpi di mano di una maggioranza parlamentare. Ma poi questo strumento è stato trasformato in conseguenza della legge elettorale del 1993 che ha stabilito il passaggio da proporzionale al maggioritario. Nel regime maggioritario si produce per definizione una maggioranza parlamentare assoluta rendendo in tal modo non più necessaria la ricerca di intese con le minoranze del parlamento E ciò è quanto avvenuto.

Ciò trasforma di fatto il referendum in uno strumento CONFERMATIVO, cioè di tipo plebiscitario.



E’ una sfumatura formale, ma sono curioso di vedere se si chiederà agli elettori se sono favorevoli o contrari alla sola entrata in vigore, o se verrà usata una formulazione che alluda in qualche modo ad una espressione di consenso o dissenso sul contenuto della proposta.

In ogni caso nell’ottica plebiscitaria che caratterizza Il Renzi pensiero mi aspetto il primo caso.






giovedì 11 agosto 2016

Il Mig rubato dal Mossad









Cinquant’anni fa, in una torrida mattina d’Agosto (1966) il colonnello iracheno Munir Redfa partì da una base dell’Iraq meridionale a bordo del suo MIG dirigendosi a Baghdad come previsto dal piano ufficiale di volo. Ma poco dopo si diresse a tutta velocità verso la Giordania.

Noncurante degli ordini di rientro iniziò manovre anti abbattimento e volò per un lungo tragitto a 230 metri dal suolo. Sorvolò la Turchia e il Mediterraneo verso sud raggiungendo, dopo vari diversivi, lo stato di Israele.

Alla comparsa sul radar un gruppo di Mirage con l’ala a delta lo raggiunse e lo scortò presso una base segreta nel deserto del Nagev. Qualche tempo dopo a Tel Aviv ebbe a sua disposizione un conto corrente bancario con un milione di dollari.

Era il prezzo pattuito col Mossad per il suo tradimento, un atto di immenso valore per Israele che ebbe così a sua disposizione, finalmente, primo stato d’occidente, il più temuto aereo dello schieramento nemico.

Era un Mig-21 di fabbricazione russa concesso all’aviazione dello stato iracheno dall’Unione Sovietica come per l’Egitto, la Siria, la Giordania e più avanti nel tempo, la Libia.  

Il colonnello Redfa era di origini siriane ed apparteneva alla minoranza cristiana, una minoranza che veniva a malapena tollerata dagli altri componenti musulmani delle squadriglie aeree irachene. Fu sedotto da una flirty fishing agent del Mossad che oltre ai soldi assicurò un cambio di identità e una nuova vita anche ai familiari del pilota. Il Mossad pianificava l’evento fin dal 1963. Una esperienza precedente con l’agente John Thomas di origine armena era andata male e si era conclusa con l’impiccagione in pubblica piazza di quest’ultimo per alto tradimento.

Le molte preziose conoscenze ricavate dallo studio del MIG vennero messe a disposizione dell’aviazione israeliana che le sfruttò un anno dopo nella guerra dei sei giorni.

Il Mossad vendette, in una fase successiva, il Mig che aveva rubato, agli americani i quali lo portarono segretamente nel Nevada per uno studio altrettanto approfondito. E' da quegli studi che deriva la creazione del modello Top Gun (oggi superato dai droni). E l’ingegnere militare Doris Barnes, l’americano capo del progetto che studiò il Mig, esprime ancora oggi ammirazione per le soluzioni semplici ed efficaci che caratterizzavano un tipo di aereo che fino a quel tempo fu ineguagliato dominatore dei cieli mondiali.



Lo racconta la giornalista Annie Jacobsen in un gustoso libro uscito a New York nel 2011 e tradotto in Italia da Sara Puggioni per i tipi PIEMME. (Area 51, PIEMME 2012).



Ovviamente riconosco la notevole efficacia del Mossad, ma non riesco a vedere in questa vicenda una cosa che faccia onore al popolo di Israele. L’inganno, la corruzione e il cinismo sono stati usati per una guerra di espansione che lascerà per sempre una ferita profonda nel mondo arabo.










martedì 9 agosto 2016

Canal Sandino










Il Venerdì di Repubblica di questa settimana si occupa, pensa un po’, di Nicaragua.

Il Nicaragua è uno dei paesi più poveri dell’America Latina. Alla fine degli anni settanta ha fatto una rivoluzione per liberarsi del cappio USA che lo considerava “giardino di casa”. Poi quella rivoluzione, dedicata all’eroe indipendentista Cesar Augusto Sandino, si è democratizzata e ora Daniel Ortega, ex guerrigliero sandinista, è presidente di una repubblica democratica ove si alternano governi conservatori e progressisti. Sono almeno vent’anni che la stampa italiana non se ne occupa, se non per parlare di Alessio Casimirri (ex brigatista latitante) o di vecchi scandali IOR. Ma ora comincia a saltar fuori uno strano interesse per questo paese.



Se ne è occupato recentemente anche il Giornale di Vicenza. Si tratta del Gran Canale: un progetto di canale che permetta l’attraversamento navigabile dal Pacifico ai Caraibi. Nessuno specifica che si tratterebbe di un via commerciale nuova, rivoluzionaria, destinata a favorire il commercio nell’area atlantica soprattutto delle merci cinesi. Cioè a danneggiare gli interessi degli Stai Uniti, e depotenziare il TTIP, ma si parla invece di Francisca Ramirez Torres: “La campesina che guida la lotta del Nicaragua contro il gran canale”. Aaaah! Ecco perché il Nicaragua comincia a guadagnarsi qualche spazio nella stampa italiana… sta “lottando” contro il canale!

Questo canale sarebbe una alternativa strategica a quello di Panama, che è da sempre controllato dagli americani. E perciò si comincia lentamente a montare una storia di rispetto dell’ambiente e diritti umani calpestati. E si presenta questa Francisca come una sorta di Rigoberta Menchù…

Non riesco a trattenere il sorriso sotto i baffi se penso che nel migliore dei casi si tratterebbe di un movimento in tutto simile al nostro No Tav: popolazioni locali contro una infrastruttura faraonica che ritengono devastante, ma contro quest'ultimo movimento lo stesso Venerdì di Repubblica riserva un atteggiamento molto diverso... perché il Treno ad Alta Velocità serve a portare i prodotti atlantici nei mercati dell'est.




Vedo questo articolo come un segnale che c’è già un piano CIA pronto a destabilizzare Ortega per bloccare il canale e riportare finalmente il Nicaragua al ruolo, caro a Reagan, di Giardino di Casa. Per il momento siamo ancora nella fase soft power, si cercano leader di movimento. Ma domani si potrà armare e teleguidare una guerriglia false flag.
Si sa, la Democracy non perdona!





Ma il mio cuore grida ancora: “Hasta siempre comandante, Sandino vive!”






domenica 7 agosto 2016

Omniavulnerant: Libiam gravius spes

Omniavulnerant: Libiam gravius spes: Situazione critica con la Libia. Il nuovo governo (si fa per dire) Serraji, patrocinato dall’Onu per tutelare gli interessi delle m...

sabato 6 agosto 2016

Libiam gravius spes







Situazione critica con la Libia. Il nuovo governo (si fa per dire) Serraji, patrocinato dall’Onu per tutelare gli interessi delle multinazionali petrolifere del G7, non ce la fa a sgombrare le forze armate del generale filo egiziano Haftar. Ciò impedisce la ricomposizione unitaria della Libia postgeddaffiana e mantiene altissimi i costi e rischi connessi all’estrazione e alla fornitura petrolifera. Così la Libia, storico asso nella manica dell’Iitalia per le sue politiche energetiche, invece di risorsa diventa sempre più problema.

Oggi il Fatto Quotidiano la spiega più o meno cosi:

-         Il 30 Agosto 2008 Berlusca e Geddafy hanno firmato un accordo di cooperazione che autorizza Serraji a chiederci oggi 5 miliardi di euro. Il senso dell’accordo era chiudere i vecchi contenziosi coloniali.

-         Le casse italiane non possono permetterselo perché a suo tempo era stato pianificato di finanziare il pagamento con una tassa sull’ENI che poi è stata dichiarata illegittima. (Addizionale Ires 4%)

-         In cambio per un po’ di tempo abbiamo avuto il contenimento del flusso migratorio mediterraneo. Ma questo benefit ora non c’è più perché manca un governo libico forte, in grado di controllare la situazione.

-         Pertanto oggi l’Italia ha il debito e anche l’immigrazione.

Una delle ragioni amministrative che stanno alla base di questa situazione è data dal fatto che la sentenza è diventata esecutiva dalla fine del 2013, anno della mancata impugnazione della sentenza da parte del nostro governo di allora.

(I ministri degli esteri del periodo critico sono Terzi, Monti per un breve interim poi Bonino e Mogherini. Il ministro degli esteri all’epoca del trattato berlusconico era Frattini).

Ora, chi paga?



Una interessante intervista volante del giornalista Cisilin al capogruppo M5S Fabio Castaldo permette di appurare che:

-         Quando è stata attaccata la Libia nel 2011 il soggetto più aggressivo era la Francia. Il suo principale obiettivo è stato realizzato non solo con la morte di Geddafy, ma soprattutto con la divisione del territorio libico.

-         Oggi la Francia sostiene Haftar che di fatto presidia un opzione di eventuale divisione in due della futura Libia. In tal caso Francia si assicurerebbe il controllo di una nuova area di approvvigionamento: La Cirenaica.

-         Con la caduta di Geddafy le tribù locali sono state marginalizzate e ciò le ha gettate tra le braccia del califfato.

-         Una strategia di unificazione territoriale richiederebbe il coinvolgimento e l’inclusione di queste aree tribali; il solo smantellamento militare dell’ISIS a Sirte non genera unificazione.

-         Occorre una strategia che localmente agisca in termini di demarginalizzazione di tali tribù e sul piano globale agisca sulle forniture armigere: noi ad esempio le vendiamo all’Arabia Saudita che sostiene Daesh.

-         Daesh ha (potrebbe avere) un ruolo nel traffico di esseri umani verso l’Europa.







Non mi resta che riproporre il mio raccontino semiprofetico di qualche anno fa:

http://omniavulnerant.over-blog.it/article-mediterranean-legacy-raccontino-di-franc-82673966.html




Buona lettura.









venerdì 5 agosto 2016

Omniavulnerant: Cosa non leggere

Omniavulnerant: Cosa non leggere: Nel 2012 c’è stato il lancio del bondage sadomaso. Si tratta delle cinquanta sfumature di grigio, una operazione insignificante dal pu...

Cosa non leggere









Nel 2012 c’è stato il lancio del bondage sadomaso. Si tratta delle cinquanta sfumature di grigio, una operazione insignificante dal punto di vista letterario, ma al tempo stesso una operazione editoriale che ha indovinato il gusto superficiale che caratterizza il nuovo edonismo in crisi finanziaria.

In una cultura della sessualità in cui l’incontro sessuale non è più il risultato di una seduzione sentimentale, ma solo un prodotto dell’attrazione esteriore, il pubblico estivo ha cercato nuove strade per arricchire il rapporto di coppia.

Non raccomando alcuna lettura.











martedì 2 agosto 2016

Qualche commento sul libro di Marta Marzotto








Marzotto e Valdagno sono due nomi legati dalla propria storia, ma dal recente libro di Marta Marzotto non si direbbe.

In realtà fu lei a non essere legata a Valdagno e i valdagnesi non hanno mai mostrato grande interesse per le sue vicende. Se non per il fatto che dopo decenni di propaganda anticomunista marzottiana, il suo gossip associava il nome di Marzotto proprio ai comunisti. 

      

Le news più recenti tendono a presentarla come una stilista internazionale ma a mio avviso la miglior definizione resta quella di “Regina dei Salotti”. Una definizione che si addice maggiormente a quella che è stata la sua figura pubblica in cinque decenni. A mio avviso il successo della sua immagine mediatica è legato alla personalità e al sapore glamour delle sue storie. Ma tutto dentro un piano di comunicazione caratterizzato dall'idea che il mercato futuro dei prodotti italiani si legato al lusso.

La sua immagine è sempre stata protagonista di gossip ed ha contribuito alla perpetuazione mediatica del nome Marzotto anche dopo gli anni settanta quando la famiglia ha progressivamente messo in atto una politica di contenimento del protagonismo pubblico e di accantonamento del marchio storico.





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Piccole curiosità per uno pseudo gossip valdagnese:


1 – Nel libro non viene mai nominato Pietro Marzotto, il figlio più giovane di Gaetano, colui che ha dominato la scena industriale nazionale e locale per più di trent’anni. Colui che ha dato una immagine seria e positiva a tutta la quinta generazione dei Marzotto ricordando a tutti col suo lavoro che si tratta di una delle più importanti case industriali della storia italiana.

Si possono ipotizzare molte spiegazioni, ma la più “valdagnese” potrebbe benissimo essere intuibile riportando le parole che si scambiavano gli operai quando a metà del turno si rischiava di non raggiungere i punti di cottimo: “ciò mona, taca i cai inveze de ciacolare…!” 


2 - A pagina 48 si narra di un "operaio della Marzotto" che le mandava insistenti biglietti d'amore. Si scoprì con una indagine che era un ventenne innamorato. Il caporeparto lo chiamò e gli disse che era matto a permettersi un comportamento simile proprio con la moglie del padrone, ma costui rispose che il fatto di aver comprato le sue braccia non significava che avessero comprato anche il suo cuore. Un bell'aneddoto che richiama l'idea di un legame tra lei e gli operai. Un amore che sfonda le differenze di classe. Ma dev'essere successo a Portogruaro perché qui a Valdagno oltre che non averne mai sentito parlare proprio non me lo vedo. Può esserci stata qualche figlia di Marzotto che abbia in gioventù rapito il cuore di qualche studente, ma è roba d'altri tempi. Nient'altro.
Qui le differenze di classe sono state abbattute in altro modo.


3 - Marta sposò Umberto nel 1954 a Milano con una cerimonia voluta e organizzata dal suocero Gaetano presso il Cenobio del Santo Sepolcro in pienezza di paramenti nobiliari maltesi. La battuta sui cavalieri di “Marta” (in contrapposizione agli officianti Cavalieri di Malta) copre il carattere riservato e paramassonico della cerimonia. Certo, credo che nessuno potrà mai sostenere un Gaetano Marzotto massone, ma in quel matrimonio comitale, in un’Italia postmonarchica solo da pochi anni, i cavalieri e le corazze c’erano. Il padre di Marta, il ferroviere povero, non volle partecipare perché si sentiva a disagio e fuori luogo. E’ il padre di Marta il vero eroe di quella cerimonia.



4 – A pagina 50 il libro precisa che Vacondio (il cognome di Marta da nubile) non è il nome dei trovatelli, bensì, anticamente, quello dei pellegrini in cammino nell’anno santo.

Tale precisazione, più che come un tentativo di riqualificare le origini familiari me la spiego solo come una ricerca di finezza culturale visto che è parimente umiliante discendere da un trovatello oppure da uno sconosciuto di passaggio…


5 – Come spesso avviene per i personaggi molto in vista il popolo ama confabulare su segrete figliolanze più o meno illegittime. Il libro ci ricorda in proposito che lo stesso Giorgio Napolitano, presidente emerito della Repubblica, si dice sia figlio di re Umberto di Savoia a causa della sua somiglianza. I Marzotto non mancano di una simile tradizione. Le mia zie sostenevano che Gaetano (jr) aveva almeno una decina di figli naturali solo tra le “mitifili” (rammendatrici di tessuti) e oltre a questi, diceva, ne aveva altrettanti in giro per mondo. Quello che è storicamente certo è che suo padre Vittorio Emanuele venne ucciso da un figlio naturale ritornato dall’argentina ove la madre era emigrata.

Nel caso di Marta si favoleggia sul fatto che Matteo sia in realtà figlio biologico di Guttuso e si accampano somiglianze nella figura e nella capigliatura. Ma la ricostruzione che fa il libro lo esclude perché si afferma che Marta non vide mai Guttuso tra il 1960 e i “successivi sette anni” (pg 55) si arriverebbe quindi al 1967. Ma poi Marta aggiunge “che ero incinta di Matteo”. Matteo però è nato nel 1966 e quindi qualcosa non torna. Avanti col gossip!



6 - Il libro, dopo un capitolo intero dedicato a mondo arabo, termina con una foto di copertina nella quale si vede una Marta di pelle scura col velo.
Visto che qualche anno fa la Valentino Fashion Group è finita nelle mani della famiglia reale del Qatar potrebbe trattarsi di un modello di glamour che punta alla sensibilità islamica. Se non si trova la strada per vendere il glamour anche a costoro il sistema moda globalizzato avrà il fiato corto.




      
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 In conclusione direi che con l’immagine che ne dà questo libro la memoria mediatica di questa regina del gossip potrà essere utilizzata ora, da morta, nell’era dell’edonismo in crisi finanziaria, per aiutare la borghesia industriale moderata italiana a rifarsi una verginità dopo il ventennio di sputtanamento berlusconiano.




Se anche fosse, benvenga.


MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...