domenica 24 novembre 2019

acua granda su l'ILVA












Nella seconda quindicina del mese il maistream nazionale è stato rapito da due eventi traumatici: l’allagamento di Venezia e la chiusura dell’ILVA.


Il primo è stato usato per rilanciare le polemiche sul MOSE e rievocare lo spettro del riscaldamento globale. Si tratta di due argomenti propagandistici che sotto l’effetto dell’emergenza (reale e drammatica) acquistano un’efficacia particolare anche che se non servono né a spiegare quanto sta succedendo in laguna né a preparare soluzioni per il futuro. Il risultato di questo depistaggio è che vengono falsati i termini del dibattito sule cause: l’acua granda c’è sempre stata e le cause dell’aggravamento non sono certo da cercare nel MOSE o nel global warming, quanto piuttosto nella subsidenza e nella ristrutturazione dei fondali lagunari operata per soddisfare le bramosie del turismo globale (grandi navi).

Il secondo è una catastrofe sociale che dimostra la debolezza strutturale degli stati nello scontro con le multinazionali della globalizzazione. Il capitale franco indiano che ha acquistato gli impianti lo ha fatto solo per puntare alla leadership mondiale in siderurgia. La sovrapproduzione delle quote di acciaio, che oggi serve quasi tutto per la parte obsoleta del settore militare, produce un mercato in cui l’offerta è strutturalmente superiore alla domanda con la conseguente caduta tendenziale dei prezzi sotto i costi di produzione. I costi non si possono comprimere più di tanto, e quel poco che si può fare vale solo per i paesi sviluppati come l’Italia ma non per i Brics, i quali hanno già i prezzi bassi: bisogna quindi tagliare le quote di produzione e accelerare l’obsolescenza programmata. Nella Ruhr e nei Paesi Baschi l’hanno già fatto e chi lo fa per primo diventa leader mondiale della siderurgia. Da quella posizione si potranno dettare i tempi della riconversione militare. 


E questo è il sogno della Francia che punta alla leadership del futuro esercito europeo post NATO. Se l’Italia nazionalizza avrà dei costi enormi e il fiato sul collo della UE. Inoltre l’inquinamento e il cancro di stato non sono esattamente un GREEN NEW DEAL. Perciò meglio lasciar chiudere; ovviamente negoziando i tempi e i costi della responsabilità sociale.


Nota: Il mainstream si accanisce ad attaccare i proprietari indiani e lascia stare il socio francese. Perché? Penso che ci sia anche un po' di captatio benevolentiae per non aggravare la posizione di inferiorità che abbiamo in Libia e (da parte di Mediaset) non turbare i rapporti in via di pacificazione con Vivendi.




In ogni caso in bocca al lupo per le trattative...






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                                                       Pacta sunt servanda


Su Wikipedia si trova scritto che: 

"Pacta sunt servanda esprime un principio fondamentale e universalmente riconosciuto del diritto internazionale generale, ovverosia il diritto che si applica a tutti gli Stati e sul quale si basano le relazioni internazionali tra gli Stati: i patti, i trattati, le intese o più in generale gli accordi degli Stati vanno rispettati. L'art. 26 della Convenzione sul diritto dei trattati (Vienna, 23 maggio 1969) "


Ma i miei vecchi mi hanno insegnato che: 

                                                           " Ancuo val più i schei de la virtù"

(oggi valgono più i soldi della virtù)








martedì 19 novembre 2019

Government of the people, by the people, for the people.













E’ una frase pronunciata da Abramo Lincoln il 19 Novembre 1863 per inneggiare sinteticamente alla democrazia durante un discorso presidenziale.

Per quanto condivisibile, spiace dover constatare che in tale circostanza il Presidente stesse inaugurando un cimitero. Si tratta infatti dell’enorme Cimitero Nazionale Militare di Gettysberg.

E l’oggetto del dispiacere sta nel fatto che l’idea della Democrazia sia associata a quella della morte in guerra.







venerdì 15 novembre 2019

La Russia emergente del NYT









La crescita della Russia non finirà con la Siria.

E’ la convinzione espressa dall’articolo di fondo del NYT di Mercoledì 13 Novembre u.s. a firma Dmitri Trenin.
Io apprezzo questo articolo per la sua chiarezza nel descrivere la Russia reale senza le perenni incrostazioni di obsolescente anticomunismo che caratterizzano invece la stampa italiana.
Lo riassumo traducendo.

Per molti in occidente il ritorno russo sul palcoscenico mondiale degli ultimi anni è stata una sorpresa. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica la vedevano come una semplice stazione di servizio mascherata da stato. Ma oggi la Russia è invece in forma nonostante le sanzioni per l'Ucraina. Ha chiaramente vinto sul piano militare in Siria, incrementando il prestigio in Medio Oriente e mostrandosi ancora una grande potenza. Forse non è una superpotenza ma è chiaramente un giocatore decisivo con la possibilità di estendersi in varie regioni del mondo nei prossimi anni.

I suoi leaders hanno visto il declino post sovietico come un fatto temporaneo in via di superamento ed hanno avuto ragione. Negli anni 2000 hanno capito che non c’era la possibilità di diventare una estensione della comunità euro atlantica e con l’intervento militare in Ucraina nel 2014 hanno reso definitiva la rottura del clima post guerra fredda. E oggi le vicende di Crimea e Donbass non lasciano presagire più alcuna possibilità di sviluppo espansivo della NATO.

Oggi Mosca oltre al buon rapporto con l’Iran beneficia di una semi alleanza flessibile con la Turchia, vanta accordi con l’Arabia sul prezzo del petrolio, ha rivitalizzato i legami militari con l’Egitto mettendosi in gioco anche sulle ricadute dello scenario libico ed è vista con interesse da molti libanesi. E tutto questo mantenendo una relazione intima con Israele.

Oltre a ciò oggi la Russia persegue un ruolo di influenza nei rapporti tra Kabul e i Talebani, tra Pakistan e India nonché tra Cina e Stati Uniti. E il mese scorso a Sochi 43 stati africani hanno mostrato di vedere in Mosca un partner di sicurezza. Grazie all’aiuto russo in Venezuela Maduro è ancora saldo nonostante il suo potere sia stato dichiarato illegale da almeno 50 nazioni più di un anno fa.
Cuba, che resta ancora sotto la pressione di Trump, sta rafforzando i propri legami con la Russia come dimostra la recente visita a l’Avana di Medvedev. Ora si protende verso il Brasile, ‘Argentina e il Messico.

E’ quindi chiaro che se la Unione Sovietica andava in giro per il mondo a spendere ingenti risorse per una causa ideologica perduta, ebbene la Federazione Russa ha imparato la lezione.

Ciò nonostante però la Russia oggi non è un modello per nessuno e qui sta il punto.
Il suo sproporzionato potere in politica estera non è commisurato alla sua forza economica. La sua antica prodezza tecnologica è severamente ammaccata. La sua élite dominante è troppo impegnata a far sodi per guardare agli interessi nazionali. Infine la scelta di armare internet per influenzare le politiche interne degli altri paesi gli ha procurato le accuse di Germania e Francia per interferenze elettorali.


Sia quel che sia comunque la Russia è tornata. E in questo mondo dominato dalla crescente rivalità tra Cina e Stati Uniti un attore indipendente come la Russia può giocare un ruolo molto importante se non decisivo.



Io non condivido tutto, per esempio il giudizio su Maduro, ma considero questo articolo una lezione di giornalismo indipendente e intellettualmente onesto. Si tratta infatti di considerazioni mancate qui da noi nel battage di questi giorni sul trentennale della caduta del muro.





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                           Fama crescit eundo

(la fama cresce col tempo)










domenica 10 novembre 2019









L’11 Novembre 2004 è morto Arafat. Dodici mesi dopo due giornalisti israeliani sono venuti in possesso del dossier riservato stilato dai medici dell’ospedale Percy di Parigi. E’ questa la fonte che elimina la teoria denigratoria secondo cui il grande leader palestinese sarebbe morto di aidiesse e chiarisce che Arafat è stato avvelenato. Su questo non c’è alcun dubbio. Avvenne il 12 ottobre, anniversario della scoperta dell’America da parte di Colombo, durante una cena. Nausea, vomito e dissenteria. I suoi nemici hanno voluto umiliarlo. Evidentemente temevano la sua grandezza. La moglie lo ha portato a Parigi perché non si fidava. Coma il 3 Novembre, morte dopo due giorni.
Il primo sostenitore della tesi relativa all’avvelenamento è Al-Kurdi, medico personale di Arafat, a parere del quale sarebbe stato anche iniettato un virus nelle vene di Arafat per camuffare l’avvelenamento.

L’avvelenamento è di quelli altamente professionali: la combinazione di sintomi rende indecifrabile la causa e protegge gli assassini. Le prime analisi del sangue seguite dai medici tunisini ed egiziani si sono rivelate immediatamente non risolutive e sono spariti i campioni utilizzati in modo tale da rendere tecnicamente inoppugnabile il referto. Il veleno è entrato col cibo, il batterio è stato assorbito velocemente, ha fatto i suoi danni letali ed è sparito prima di ogni diagnosi. L’identità del paziente è stata nascosta durante tutto il ricovero parigino: si chiamava “Etienne Louvette, classe 1932”. Fino alla rivelazione della moglie Suha, donna abile e intelligente di cultura nettamente occidentale.

Costei ha preferito non coltivare l’aura di cospiracy theory che ha accompagnato i primi giorni della notizia. E forse ha fatto bene. Il suo commiato sarebbe stato sottoposto allo strazio delle fameliche iene mediatiche occidentali, mentre invece la sua memoria merita encomio e dignità.

Il dossier di Percy verrà custodito dalla autorità palestinese. E Arafat resterà tra i grandi del nostro tempo, con Che Guevara, Aldo Moro, Antonio Gramsci, con Ho Chi Minh, Fidel e John Lennon.



MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...