mercoledì 27 aprile 2016

Ancora sul 25 Aprile





Il Fatto Quotidiano di oggi dà spazio alle considerazioni di Massimo Fini, commentatore di destra di indole indipendente, sul 25 Aprile.

Costui parte dalla considerazione che la festività non ha avuto una particolare partecipazione almeno rispetto a varie occasioni oceaniche del passato. 
Può darsi che sia vero, ma non per la mia città, ovvero Valdagno, medaglia d’argento della Resistenza. Ci sono foto e filmati che girano in rete che lo documentano.





 
Detto questo Fini non dice cazzate, o quantomeno il suo non è per niente uno sfogo rancoroso. Ma il limite della sua riflessione è che non vede il tratto di continuità tra il 25 Aprile e la Costituzione. Come ho già detto infatti non c’è l’una senza l’altra.
Tuttavia posso accettare la critica secondo la quale la festività può essere stata caricata, in settant’anni di storia, di eccessi retorici al punto da logorarla. 

Il pensiero di Fini in sintesi è questo: la Resistenza è stata uccisa dalla “asfissiante e per niente innocente retorica di cui per decenni è stata caricata”. Essa, scrive Fini, fu solo il riscatto morale di poche decine di migliaia di donne e di uomini coraggiosi e non siamo stati noi a liberarci dal nazifascismo, ma gli Alleati. E in Piazza Venezia i 10 Giugo del '40 a chiedere la guerra c’era l’Italia intera.

Quindi la retorica avrebbe asfissiato la memoria falsificandola.
Ma questo negli anni golpisti è stato assolutamente giustificato. E il 25 Aprile è stato un veicolo di trasmissione dei valori di cui poi si è nutrita la storia della mia generazione (ho dieci anni di meno di Fini). E questi valori sono proprio la libertà, la democrazia ecc. il cui uso retorico, questo sì, piaceva tanto agli anticomunisti.
Il punto è che per tutto il dopoguerra il rischio neofascista è stato sempre immanente e c’è sempre stato il conseguente rischio che la retorica sostituisse la memoria.




Ma questo non è il rischio della generazione attuale. I giovani d’oggi rischiano un deficit valoriale in ogni campo della loro vita, non solo in politica.

Oggi i valori, come aveva profeticamente intuito Pasolini, sono sostituiti dal consumismo. Un giovane d’oggi si sente bravo non quando rispetta comportamenti etici, ma quando coglie abilmente le opportunità consumistiche, edonistiche e tecnologiche. E questo non è colpa del 25 Aprile. Inoltre la memoria della Resistenza non aggrava affatto tale problema, anzi, con queste cerimonie si contribuisce ad una trasmissione valoriale che attua la Costituzione e cioè la convenzione fondamentale per stare insieme e, se volgiamo, per consumare, in pace. E questa non è retorica.





martedì 26 aprile 2016

25 Aprile e Costituzione








25 Aprile. Il giorno dopo la festa la carta stampata, sempre più avvezza al mainstream di Stato, dà conto di varie polemiche sul significato e l’opportunità del 25 Aprile delineando un paese sempre più diviso sia tra destra e sinistra che tra generazioni.

Io che sto dalla parte di chi la considera la festività più importante della Repubblica italiana perché esprime un evento autentico da inscrivere tra quelli che hanno stabilizzato la pace per tutta la seconda parte del secolo scorso, ovvero la celebrazione della vittoria di un movimento di liberazione, la considero una polemica pretestuosa. So che l’impulso revisionistico è in crescita (vedi itinerario ideologico di Pansa) ma il punto chiave è che quel modo di concepire il significato del 25 Aprile è un valore fondante della Costituzione. 
Non possiamo rimanere dentro al quadro costituzionale senza quel valore. Se vogliamo togliere la festività o cambiarne il significato dobbiamo fare altrettanto della Costituzione della Repubblica.


Per carità tutto è possibile e tutto si può fare legittimamente. La democrazia serve proprio a questo. Ma lo si dica apertamente, assumendosene le conseguenze. Non serve mischiare le carte. Mostrino il petto.


La destra non vuole il 25 Aprile? Allora non vuole la Costituzione. E siccome la Costituzione è antifascista il suo abbattimento apre un spazio politico la cui identità politica va dichiarata. E questo va fatto ora, non dopo, in modo che gli italiani scelgano informati.


Non molto diverso è l’altro approccio al binomio. Se noi lasciamo la festività ma attacchiamo l’impianto costituente che fine fa l’antifascismo?



Ebbene questo approfondimento bisogna farlo in ogni caso e con urgenza. E’ un fatto indipendente dalle polemiche di questa giornata. In ottobre si vota per approvare una manovra di riforma costituzionale che interviene su 47 articoli della Costituzione su 139. Qual è il nuovo profilo costituzionale che ne esce? Questo è ciò che bisogna dichiarare ora.


Il resto è solo fumo cartaceo.


Vecchio film sul 25 Aprile








Su Rai 3 sul tardi hanno proiettato il film in bianco e nero del 1963 “IL TERRORISTA” di Gianfranco De Bosio (preduzione Kezich, Soffientini). Il cast d’epoca promettente: Volontè, Philippe Leroy, Giulio Bosetti, Anouk Aimèe ecc. Ho trovato notevole la sceneggiatura di Luigi Squarzina. E’ il dialogo, molto acuto e politicamente accorto, che trascina l’azione drammatica. Neri Pozza interpreta il rappresentante liberale.





A Venezia tra il ’43/’44 partigiani in contatto con il rappresentante Azionista del CLN veneziano compiono atti di sabotaggio contro i tedeschi.  Il CLN disapprova ritenendo meglio percorrere una strada di mediazione attraverso il Patriarcato. I DC e i liberali vengono presentati come forze attendiste e filomonarchiche il PCI è la principale forza organizzativa in grado di guidare le strategie, ma non appoggia le azioni terroristiche. Gli azionisti sono incapaci di tenere buono il gruppo di Volontè e la polizia fascista è molto efficiente.  Alla fine Volontè, sempre più scomodo, muore in una trappola poliziesca.





MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...