lunedì 29 giugno 2015

Occhio alle news





LA STAMPA di ieri parla di onda globale del terrore, con riferimento ad ISIS. Ci sono stati infatti tre attentati uno in Q8, uno in Francia e uno, grave, contro i turisti sulla spiaggia in Tunisia.

Domenico Quirico dice che i ns mondo scricchiola. Molinari osserva che l’America è indifferente e ci sono vari reportage che parlano di boia del califfo in Europa, terroristi della porta accanto ecc. (voglia di mainstream)
L’interno mette a fuoco innanzitutto l’attacco col mitra ai turisti nella spiaggia di Soussa.


Un analista da Parigi ci ricorda che i terroristi si radicalizzano davanti alla televisione o davanti a computer per poi agire da soli.

L’attentato a Q8 CITY ha visto invece un kamikaze tipico entrare in moschea, farsi saltare causando 25 morti.


A pagina 7 del Sole24ore un’analisi di Alberto Negri ci ricorda che Martedì 30 Giugno dovrebbe essere firmato l’accordo internazionale sul nucleare con la conseguente entrata in gioco dell’IRAN a tutti gli effetti sulla scena internazionale. Nel suo schema lo scontro è tra Arabia Saudita e IRAN e siamo ad un punto di svolta. L’oscurantismo saudita favorisce un islam arretrato culturalmente mentre lo sciismo iraniano è più avanzato, ma costituisce una roccaforte antioccidentale.
Egli definisce la coalizione internazionale anti ISIS una fiction filo sunnita che in realtà ha più interesse a lasciare stare il califfato in quanto nemico di IRAN. Altro che bombardare.
L’espansione del califfato è la conseguenza di un errore dell’occidente con la invasione e la distruzione dell’IRAQ. Un errore aggravato dalla disarticolazione della Siria, dello Yemen e la distruzione della Libia. Gli USA non dipendono più dal petrolio arabo e vogliono guidare da dietro la transizione. Perciò la guerra al terrore è una balla ambigua che mette in mezzo l’Europa.


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Il Fatto Quotidiano di oggi rende onore a Pope Francis per la sua enciclica, con una gran foto in centro pag. E all’interno, sotto il suggestivo incipit “Vaticano Segreto”, dedica un ampio servizio ai suoi nemici interni. Tra questi, oltre ai ben noti Bertone e Ruini, mette anche in risalto Ettore Scola. In pratica c’è un Bergoglio para marxista assediato da chi non vuol cambiare (Opus Dei compresa). Sempre all’interno c’è anche un fondo che accomuna Bergoglio e Berlinguer sul tema dell’austerità.



Sul GDV invece, Pelanda, alla luce del precipizio greco, ci ricorda che le uniche misure anticrisi efficaci sono basate sulla crescita (e non sulla finanza). Le sue note come noto, servono a mettere in riga la confindustrietta locale e, com’è altrettanto noto, a tranquillizzare gli americani (non solo quelli della Base).


Può apparire sorprendente invece, (sempre sul GDV) la polemica contro la ministra della Difesa (Pinotti) la quale ieri non ha rinunciato al suo ruolo di bellina renziana partecipando al talk show di regime invece di recarsi all’Ossario del Pasubio per inaugurarne la ristrutturazione centenaria.

-         Il GDV in questo caso sostiene Variati (sindaco PD di Vicenza) nel suo sforzo antiautonomista e coglie l’occasione della cerimonia di sapore nazionalista disertata per sottovalutazione. La verità però è più complessa e ci lascia solo supporre che la ministra abbia dovuto trattenersi per l’emergenza terrorismo in Tunisia e in Francia.
Il Mossad, si sa, riposa al Sabato, non di Domenica…

-         Ripartono gli scontri TAV.
-         A Vienna rinvio della firma sugli accordi per il nucleare iraniano.



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Sulla crisi greca i telegiornali odierni hanno parlato a vanvera. Il quesito è stato reso noto in serata e sottopone al popolo i due documenti dei creditori (cioè la troica contro la quale il governo è stato eletto). Il primo ministro stesso invita a votare NO.






Joseph Stiglitz, ex vicepesidente della Banca Mondiale e accorato oppositore della finanza creativa monetarista, si esprime su sito del THE GUARDIAN. Egli sostiene che pur essendo drammatici entrambi gli scenari (quello del SI e quello del NO) scegliendo il NO la Grecia, con la sua forte tradizione democratica, potrebbe almeno prendere in mano il proprio destino guadagnando l’opportunità di disegnare un futuro di speranza. Cosa questa che viene negata dalle torture del presente.



sabato 13 giugno 2015

Da Putin a Quentin






Siamo al paradosso. Il Presidente della Repubblica Mattarella IN QUANTO TALE si complimenta e fa battute a Quentin Tarantino. Costui aveva vinto altri due premi negli anni precedenti e non era manco venuto a ritirali. Oggi invece è sui titoli di testa assieme al Presidente. Ora il problema ovviamente non è l’incontro con il famoso attore/regista; e neanche la battuta sul personaggio dei suoi film, il problema è che addirittura il sito del Quirinale dedica un comunicato ufficiale con il triplo di spazio rispetto a quello della visita di Stato del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. Ma non basta: il sito, a differenza del comunicato su Putin, pubblica anche il discorso del Presidente!

Che è successo? E’ successo che si vuole oscurare la visita di Stato di Putin e al tempo stesso si vuole sostenere l’immagine di un presidente che, appena insediato, sta apparendo piuttosto fiappo. Penso inoltre che il ministro della cultura Franceschini, ex segretario del Partito Democratico (quello vero) cerchi pretesti per dare più visibilità alla propria politica.

Lasciamo perdere il palese squilibrio di priorità con quanto accadeva in Italia e nel mondo nelle stesse ore, per questo rimando alla lettura del “Buongiorno” dell’eccellente Gramellini. Ma mi chiedo cosa ci sia veramente in gioco dietro la visita di Putin. E’ stato firmato qualche trattato? C’è qualcosa da nascondere non tanto agli italiani, quanto piuttosto agli alleati e ai partner europei? C’è qualcosa di cui Mattarella stesso si vergogna? 
Quali sono, signor Presidente, i veri problemi che "neanche Mr Wolf saprebbe risolvere"?

Staremo a vedere.






Nel frattempo prepariamoci al collasso definitivo di ogni credibilità istituzionale…

giovedì 11 giugno 2015

G7, Ttip e opposizione populista




L’International New York Times di ieri ci ha aggiornati su uno dei contenuti del G7 che sono stati posticipati dall’agenda. Si tratta della trattativa Ttip (Trade and Investment Partnership).


Si pronuncia TEE-tip ed è un negoziato praticamente segreto che è stato annunciato due anni fa. Da allora nove rounds si sono susseguiti e oggi se ne stanno occupando anche il Congresso degli Stati Uniti e il parlamento tedesco. In Italia invece è un tema pressoché sconosciuto dal cicaleccio mediatico.
Ed è un vero peccato perché su quel tavolo si sta ridisegnando la globalizzazione, ovvero il futuro commerciale della generazione entrante. La stessa Euronews ha dato conto degli accordi firmati tra UE e CELAC (Latin American and Caribbean Community) ma non dello spostamento del tema in agenda G7.


Penso che l’articolo sia concepito più per spiegare il motivo del rinvio agli americani che agli altri paesi perché siamo in una fase di grandi accordi commerciali e quello cui Obama tiene di più non marcia.

L’articolo pertanto enfatizza le difficoltà della Merkel nei confronti del Ttip e lancia un implicito allarme verso i populismi che agitano l’Europa.



A suo tempo Angela Merkel fu una sostenitrice del trattato. L’economia del suo paese infatti è trainata dalle esportazioni e ne beneficierebbe. Ma dall’anno scorso i sondaggi indicano una opinione pubblica ostile in crescita e questo proprio in Germania molto più che nel resto della UE.


Coloro che propongono il trattato promettono che esso incrementerà gli scambi commerciali di almeno tre miliardi al giorno attraverso la rimozione delle barriere e col rafforzamento della leadership occidentale sul commercio mondiale.
Ma i cittadini europei vedono invece la parte oscura; temono che gli interessi dei consumatori, dei produttori locali e delle piccole imprese vengano calpestati dalle multinazionali che uscirebbero rafforzate dal patto. Inoltre una spinta ad uniformare le regole tra USA ed Europa avrebbe come risultato una diffusione dell’American-style a scapito dell’ambiente, della salute e della privacy. In una recente manifestazione a Berlino ad esempio, il pezzo forte di Campact era una sbuffante imitazione dello spray erbicida della Monsanto, gigante agrochimico americano.

Vengono quindi indicate l’organizzazione Campact e il suo leader Kolb come fattori di persuasione anti Ttip.  

Il gruppo attivistico di Kolb, che si chiama appunto Campact, si avvale di uno staff professionale di tre dozzine di persone e dispone di un budget di poco inferiore a sei milioni di euro all’anno. Ha già un milione e seicentomila membri, usa i social e cresce organizzando manifestazioni. Campact, il cui nome deriva dalla combinazione delle parole “campagna” e “azione” ha già raccolto oltre due milioni di firme su una petizione che si oppone al trattato.  


Ovviamente Campact si dichiara non contraria all’America, ma solo contro l’influenza delle big corporations. Il suo approccio vuole offrire ai cittadini che ritengono di non avere sufficiente voce in capitolo la possibilità di farsi sentire attraverso Internet e di canalizzare il loro sostegno in una potente e pacifica protesta.


E’ ancora presto per poter dire che gli sforzi di Campact metteranno a rischio l’Accordo, ma al momento la situazione sembra stare dalla parte di Kolby.






Il giovanotto dev’essere però molto più temuto di quanto non traspaia dal contenuto dell’articolo. La sua foto, seppur con espressione aggressiva, appare infatti in prima pagina. 

E' interessante anche notare come il termine "populismo" una volta usato dalla sinistra contro la destra, sia oggi invce usato contro i movimenti antiglobal.


Mai dire mai.












MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...