mercoledì 22 gennaio 2020

The great outdoors by Greta












I tremendi incendi australiani hanno titolato i tg per una intera settimana senza mai accennare a cause ed origini perché quelle immagini terrorizzanti servivano ad accompagnare le notizie sul vertice di Davos rilanciando l’ansia da global warming.



Il medesimo vertice è stato presentato come uno scontro, del tutto incredibile, tra Donald Trump e la ragazzina sedicenne che è stata scelta come testimonial per la campagna climate change.





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Lo fanno gli uccelli
lo fanno le api
facciamolo anche noi:
andiamo a dormire.





domenica 19 gennaio 2020

Craxi by Sorgi







Il più delizioso balletto celebrativo di questo gennaio riguarda Craxi.

Con la crisi libica e le difficoltà egiziane l’Italia ha sempre più bisogno della sponda tunisina e questi interlocutori, figli di una primavera araba in parte autentica, propongono contropartite diplomatiche che passano anche attraverso la riabilitazione di Craxi, col quale forse hanno un debito di riconoscenza. 

Permane inoltre la pressione dei familiari per una riabilitazione. I figli di Craxi infatti son stati componenti del governo della Repubblica l’uno a sinistra, l’altra a destra, e sono i legittimi destinatari della eredità paterna. 

Oggi, con la morte di DeMichelis, le tesi complottiste di Formica posso essere recuperate per tentare una riabilitazione. Ciò aprirebbe anche la strada ad una narrazione che non nasconda più le responsabilità straniere sui nostri affari interni oltreché sulla fine di Bettino Craxi. E ciò, in una nuova, eventuale, ottica di superamento dell’altantismo potrebbe rivelarsi utile. Ecco quindi che i Marcello Sorgi coi loro guanti di velluto possono tornare utili per saggiare il terreno. 










In questa brillante copertina Bettino ci guarda storto, e lo fa guardando a destra...

Anche qui se son rose, o meglio garofani, fioriranno.







mercoledì 15 gennaio 2020

Destino venezuelano









Juan Guaidò si è rivelato essere quel bluff che era già intuibile dagli sproloqui dei media. Lo stridore dei media infatti è, in tutte le vertenze regime change, inversamente proporzionale al valore reale dei testimonial che acclamano. E alla fine il Parlamento Venezuelano, quello che Guaidò rivendicava essere l’unica vera istituzione seguita dal popolo venezuelano, lo ha scaricato preferendogli Luis Parra. Costui è un altro esponente di un’opposizione confusa che a sua volta lo ha espulso. La situazione non è chiara perché la maggioranza che ha eletto Parra è composta anche da deputati fuggiti all’estero i quali, votanti per procura, hanno un dubbio diritto di voto essendovi in proposito un contenzioso affidato al Tribunale supremo.


Ad essere disorientati ora sono coloro che lo avevano riconosciuto come leader anti Maduro e ora si trovano fra le mani un pagliaccetto che fa sceneggiate televisive poco credibili. Tra costoro vi erano grandi leaders, si fa per dire, come Tajani che all’epoca si ritrovava con la carica di presidente del Parlamento Europeo. Ma in Italia c’erano anche Renzi e Salvini che si erano gasati contro Maduro. E nonostante il nostro Governo e la Farnesina fossero rimasti piuttosto scettici, si erano esposti a sostenere un Guaidò che, come si è poi visto nella vicenda degli aiuti “umanitari” al confine con la Colombia, non era ritenuto credibile neanche dalla Croce Rossa. Complimenti. Non parliamo poi di Corriere, Repubblica. Stampa ecc. e dei loro giornalballisti strapagati da testate che si aggrappano ai contributi pubblici. Per costoro ovviamente è troppo pretendere che si cospargano pubblicamente il capo di cenere, ma se lo facessero darebbero onore al vero giornalismo.




Pertanto, nonostante le difficoltà causate dalle sanzioni di Washington e l’attacco regime change cui è stato sottoposto, il presidente del Venezuela e il suo governo sono ancora lì, in carica, sostenuti dall’esercito e da una quota considerevole di venezuelani che si fanno sentire. E all’ultima riunione dell’OPEC, alla faccia degli Stati Uniti, il petrolio venezuelano ha svolto ancora una volta il ruolo di calmiere.






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                          Margaritas ante porcos

Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, affinché non le calpestino con le loro zampe  e poi si voltino per sbranarvi.

Matteo 7,6







domenica 12 gennaio 2020

Prozac nation and third generation









Rileggo l’articolo apparso giovedì 9 u.s. su FQ PG 22.
A firma Vinis Gallico, redattore che incontro per la prima volta, viene pubblicata un’ampia paginata con foto dedicate alla biografia di ELIZABETH WURTZEL. Costei, ebrea newyorchese nata nel 1967, è deceduta il 7 gennaio a 52 anni. Cancro al seno. Ma è nota in occidente per aver scritto un best seller durante gli anni dell’università divenuto molto famoso: PROZAC NATION.

 Si tratta di un testo autoanalitico scritto con toni ironici e leggeri, che indaga la propria depressione. Esso corre lungo le linee della relazione esistente tra letteratura e depressione incontrando biografie illustri come Sylvia Plath e Bob Dylan. Il tema è noto e ci ricorda Mark Twain, Charles Dickens, William Faulkner e Joseph Conrad. Sconfina nelle biografie di mostri sacri alla Edgar Allan Poe e Hermann Melville fino ai più recenti Isaac Asimov e Stephen King. Tutti autori depressi.

L’articolo poi ci ricorda che il contributo della Wurtzel è stato quello di percepire e segnalare il passaggio dalle terapie psicoanalitiche a quelle farmacologiche con l’avvento della Fluoxetina (cloridrato) e più tardi del metilfenidato. Con essi la depressione passa dal lettino delle sedute al principio attivo. E ciò, aggiungo io, ha contribuito a fare la fortuna dell’azienda chimica di sintesi della quale sono stato dipendente per oltre tre decenni.

La presa di coscienza di questo passaggio è stata gestita in modo ovattato e privo di ogni eclatanza polemica in Italia. Basti pensare che il testo della Wurtzel porta nel titolo, con i suoi milioni di copie, il nome del problema: il Prozac. Ma in Italia esso è stato tradotto per i tipi della Rizzoli solo due anni dopo col titolo: “La felicità difficile”. Sic. Sarebbe come se IL NOME DELLA ROSA fosse stato pubblicato nel mondo anglosassone con un titolo tipo: omicidi in convento, oppure Cristo si è fermato ad Eboli come: “abitazioni nelle grotte del materese”, o meglio ancora FICTIONES, di Borges titolandolo: “raccontini fantastici di un biblioteconomo”.

Eppure l’editoria italiana è questo. Ma non solo l’editoria, un po’ tutto il sistema: mai disturbare il manovratore e soprattutto onorare e proteggere il culto di San Pharma. Cosa questa che prosegue ancor oggi a tutto spiano con la campagna vaccinite e la ridicolizzazione dell’approccio olistico. I padroni del nostro pensiero nazional popolare sono in realtà dei banalissimi maggiordomi dello zio Sam.

Ma tornando alla Wurtzel costei nel 1998 pubblicò un secondo libro: Bitch. Totalmente ignorato in Italia. E ancora nel 2001 More, Now, Again che tratta, ahimè, il tema della dipendenza da Ritalin. Silenzio totale.

Ormai oggi siamo alla terza generazione della prozac nation. Tra i nostri nipotini molti nascono già dipendenti dai farmaci ricevuti nell’ancestro e la cronaca ci inonda di casi incomprensibili come quello di Bibiano. Buon anno Italia, Buon 2020.








martedì 7 gennaio 2020

Don't forget Piersanti








Il sette gennaio è stato celebrato il quarantennale della morte di Piersanti Mattarella illustre politico nonché fratello dell’attuale Presidente. 

Un po’ di pubblicazioni e manfrine giornalistiche hanno inaugurato un nuovo taglio narrativo per quell’omicidio evocando collegamenti con la tragedia morotea avvenuta due anni prima. Benvenga. 

All’atlantismo non è mai piaciuto il compromesso storico e in quei mesi stava prendendo piede il reaganismo con l’obiettivo di attaccare Geddafi e rilanciare il controllo sul mediterraneo. Con la morte del democristiano Piersanti Mattarella e quella successiva del comunista Pio La Torre i missili di Comiso trovarono la strada spianata per essere installati. Il mainstream commemorativo però non è stato centrato su questi aspetti dell’omicidio, aspetti che potrebbero contestualizzare meglio il movente, ma sul “who’s the murder” giallistico.






 E’ stato o non è stato Fioravanti? Spero che non sia solo un trucco per intorbidire ancora le acque e continuare a coprire le responsabilità mandatarie straniere.







lunedì 6 gennaio 2020

Fischia vento di guerra sulle basi vicentine









Con una corrispondenza da New York Il Sole 24 Ore di Sabato 4 Gennaio, pubblicando una immagine di quella che si presume essere l’auto fracassata su cui viaggiava Qassem Souleimani, descrive e commenta l’attacco statunitense che mediante l’uso di un drone lo ha ucciso presso l’aeroporto di Baghdad.

L’atto di guerra è chiaro, coglie il mondo in un momento di forte tensione per il Medio Oriente, sfida l’Iran e mette in definitiva difficoltà l’ala moderata della leadership iraniana guidata da Hassan Rouhani. Ora nel clima di sbigottimento dell’opinione pubblica si determina un margine sul quale impostare il mainstream e si punta sull’angoscia legata alla reazione iraniana. I TG parlano della reazione interna del popolo iraniano attraverso corrispondenze - pensa un po’ - dalla Turchia, e legano il tema alla situazione libica.

Mi interessa l’approccio in particolare del Giornale di Vicenza che avendo la base americana in casa quando scrive sa di comunicare ai vicentini ma soprattutto agli americani. Anzi a volte comunica per loro. E parte subito con l’annuncio relativo alla partenza di 700 parà; ovvero quei militari che gestiranno il follow up dell’aggressione. Il commento arriva domenica 5 con un fondo del caporedattore.

Il taglio è reso esplicito dal titolo: La guerra che soffia nelle basi vicentine.
A premere il grilletto sul drone americano è stato quel Donald Trump che fino a ieri predicava il ritiro delle forze armate da fronti lontani (Afghanstan, Irak, Siria) e che adesso ha dato l’Ok all’invio nell’area di altri 3500 soldati”. L’inizio quindi è un attacco alla credibilità di Trump, il quale ha addirittura un “atteggiamento fin qui indisponente” verso gli alleati, “a cominciare dalla sua concezione della NATO”. Però, scrive il redattore, il “curricuum sanguinoso di Soleimani” giustifica anche Trump. Dopodiché, anziché spiegare il curriculum scrive che “chi imputa al presidente americano l’incoscienza di fare esplodere la polveriera del medio oriente dimentica che quella polveriera era già stata fatta esplodere dall’Iran” attraverso il medesimo generale, il quale sarebbe colpevole, essendo “caro agli ayatollah”, di una serie impressionante di attentati e di azioni assassine nei confronti dei "giovani iracheni che protestavano in piazza".

Come si vede la vittima viene trasformata in mostro anche senza ricorrere come invece è stato fatto negli ultimi cinque anni per Assad, ai bambini. Un passo avanti?

Il secondo attacco è per il nostro governo che siccome non piace ai padroni industrialvicentini non può non essere fatto oggetto di critiche. E questo anche se nelle ore in cui il redattore scrive nessun governo al mondo ha ancora preso una decisione formale sulla crisi. Ma in questo caso per lui il nostro governo ha solo detto poche parole “pilatesche al di sotto del minimo sindacale”.

Infine arriva il vero messaggio, in cauda venenum: “…per quanto a Palazzo Chigi il nostro “Giuseppi” sia tra i pochi a trovare simpatico Trump, sarebbe più importante capire se ritiene che abbia così tanta ragione da fargli usare le basi vicentine”. Ossignore vuoi vedere che in nome dell'attacco a Trump, inviso al deep state e quindi ai generali delle basi, si arriva ad invocare gli slogan dei NO DAL MOLIN?


                                                                     ...


C’è proprio da chiedersi come mai mentre soffia il vento di guerra sulle basi vicentine il Giornale di Vicenza attacchi Trump e Conte. La guerra come abbiamo visto è, secondo il G di Vi, la conseguenza della polveriera fatta esplodere dall’Iran e le basi in questione sono la Ederle e la Del Din, che non sono della NATO, sono degli americani, quelli di cui Trump è presidente. E allora delle due l’una: o è colpa di Trump o degli ayatollah.

E se Vicenza, dopo i bombardamenti della Serbia, dell’Afghanistan e dell’Irak, è per l’ennesima volta “cruciale nello scacchiere diplomatico internazionale” con la conseguente esposizione al rischio di essere obiettivo della ritorsione iraniana ebbene non credo proprio sia colpa di questo governo.






MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...