domenica 27 gennaio 2019

TENCO,







Secondo la vulgata giornalistica, non ultimo Gino Castaldo nel suo ROMANZO DELLA CANZONE ITALIANA, De Andrè scrisse “preghiera in Gennaio” al ritorno dal funerale di Luigi Tenco, il quale però era morto in Febbraio. Evidentemente la preghiera era retroattiva, o meglio oggi si direbbe un “prequel” perché in quel testo l’anima di Luigi l’ultimo vecchio ponte non l’ha ancora attraversato. 

E’ una metafora per dire la vicinanza amicale tra Luigi e Fabrizio, nonché per richiamare il carattere filo-suicidario della poetica di quest’ultimo. Ma è un’imprecisione che lede la credibilità di un’opera interessante e ricca di informazioni stuzzicanti sulla storia della canzone italiana.

domenica 13 gennaio 2019

Buon anno glocal point







Global

Il primo scorcio di 2019 sembra un po’ ingolfato. 

Il sistema di contraddizioni che assilla l’establishment globalista ha bisogno di accelerare i tempi e così, per citare una metafora che si usa dalle mie parti, “la procession s’ingruma”.
Lo sblocco della situazione siriana, avvenuto grazie alla vittoria diplomatico-militare di Putin e Assad è proceduto ma lasciando sul tavolo la questione curda. In quello scenario gli americani non sono in grado di onorare le promesse e lasciano alle milizie curde il compito di presidiare la regione dai rischi ISIS/Al Qaeda. Ciò fa incazzare Erdoghan il quale vive sempre di più la NATO come una camicia di forza. Ma se la tiene come carta di riserva antirussa. Tanto i Sauditi vengono tenuti per il momento da parte con la scusa del caso Khassogj.

La Cina ha mandato ampi segnali di potenza. Essi sono essenzialmente tre: lo sbarco sulla Luna, che ha un lato imbarazzante per l’occidente e il suo alibi marziano, gli annunci sulla clonazione umana, travestiti in occidente da azioni irresponsabili di qualche scienziato pazzo, e la vittoria tecnologico-commerciale di Huawei su Apple. 

Donald Trump, un presidente che il sistema democratico ha insediato al di fuori dei piani di establishment e non ancora omologato, dopo il successo degli accordi nucleari con la Corea Nord, sta andando alla grande in termini di risultati occupazionali e sondaggi di gradimento popolare. Il suo vero nemico interno, cioè il cosiddetto deep state, si configura in questa fase come unica risorsa utilizzabile dall’establishment per condizionarlo e da qui nasce la vertenza shutdown. Essa esprime il tentativo di mettergli contro i dipendenti della pubblica amministrazione Federale. Ma è solo una vicenda interna molto pompata in termini comunicativi. Dietro ci sono i piani di migrazione globale dai quali dipende la sostenibilità dei debiti di lungo periodo. E il muro trumpiano sarebbe un forte atto di contrasto per questa politica globale. Le previsioni di crescita dei PIL infatti non sono credibili senza forti iniezioni di manodopera immigrata e i mutui pluridecennali risultano sostenibili solo con valori di PIL a crescita certa. Ciò comporta che ogni rallentamento dei flussi migratori, soprattutto negli stati occidentali, preoccupa la finanza internazionale che reagisce rallentando gli investimenti. E così il primo scorcio 2019 agita lo spettro della recessione.

L’ UE ha un appuntamento elettorale importante verso primavera, un appuntamento al quale varrebbe la pena di arrivare senza emergenze migratorie, con la Brexit risolta e le rivalità interne al gruppo fondatore pacificate. Ciò produce un effetto ansiogeno perché per risolvere queste partite c’è poco tempo: poco più di un mese. Da qui la tendenza a chiudere i contenziosi internazionali. Ne è un esempio la composizione delle vertenze diesel gate.

In questo scenario anche la politica si riorganizza. Le componenti storiche, ovvero socialisti e popolari, sanno di essere al crepuscolo ma fanno finta di niente per alzare il prezzo della successione; dovranno infatti cedere progressivamente il patrimonio elettorale al miglior offerente del futuro scenario populista. Ma il modello di business non è ancora definito e sono in corso manovre di polarizzazione. In Francia Macron non funziona, un po’ come Renzi, mentre in Germania la Merkel ha già avviato il processo accennando ad una sintonia con forze innovative che conservino un segno ecologista.
In Italia la partita è sempre aperta ma il governo apre l’anno con in tasca una legge di bilancio passata senza traumi verso l’UE e senza traumi interni. Ciò dimostra che la coesione del paese non è messa in discussione dall’attuale assetto di governo. 


Venetismo

A mettere in discussione lo stato coesivo del Paese potrebbe essere la partita territoriale. Mi riferisco agli accordi per la concessione della Autonomia al Veneto. Il mainstream ha sempre trattato l’argomento con sufficienza strumentale presentando il venetismo come un maldipancia brontolone invece di un problema identitario. Si tratta di una cosa molto più seria: le famiglie venete, nonostante due terribili guerre mondiali, dopo più di un secolo e mezzo dalla annessione al Regno d’Italia si sentono ancora venete e sopportano sempre meno lo sperpero romanocentrico. Ora, all’interno di questo sentimento diffuso cresce e si consolida da decenni una minoritaria aspirazione secessionista. Essa viene nascosta dal mainstream e dietro a questa rimozione si cela uno dei veri segreti della repubblica ovvero il fatto che in un contesto sovranazionale, cioè extra-costituzionale, essa potrebbe risultare fondata. Qui il discorso si complica, ma per il momento è chiaro che se il progetto di autonomia in corso di elaborazione dovesse far cilecca il venetismo secessionista si rafforzerebbe notevolmente. Una vera politica di coesione passa quindi attraverso una vera autonomia e questo non è chiaro neanche alle attuali forze di governo. 

Finora su tutto questo c’è solo melina e non si capisce se l’autonomia, anche in termini di autogestione delle risorse, parte o no. 

A tutt’oggi il mainstream cerca di ingigantire le apparenti contrapposizioni su aspetti di programma nel tentativo di appesantire il rapporto tra vertice e base nelle forze di governo, ma inutilmente: la leadership, soprattutto per la componente leghista è salda. Ne è un esempio la TAV che viene usata come preteso per proporre un referendum (con apposita legiferazione) che aggreghi il nord sulla posizione di centrodestra. In caso di successo di questa manovra le istanze venetiste verrebbero ancora una volta diluite in una fanfaronica idea di “Nord”. 

Sono quindi curioso di capire se Zaia accetterà di usare gli annunci della autonomia regionale per sottrarre il nord (le regioni che ci stanno) dai vincoli del Contratto di governo e puntare così all’agognata riaggregazione del centrodestra emarginando i cinquestelli nella prossima tornata elettorale. E ciò varrebbe sia sul piano europeo che amministrativo.



Buonanno alla politica, buonanno agli italiani.




MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...