venerdì 29 maggio 2015

WW1 e WW3: l'apocalittica analogia





Un anno fa il corrispondente numero di LiMes è stato dedicato a WW1. Lo trovo attualissimo e in buona parte azzeccato.
Il concetto ispiratore della monografia è che quella guerra è stata una sciagura distruttiva, un “suicidio europeo” e ha gettato le basi dei conflitti attuali.

Tra i vari redattori un autore ispirato e qualificato è certamente Hulsman del Centro Studi Strategici dell’AJA (http://www.hcss.nl/) il quale ci invita a considerare l’apocalittica analogia tra il mondo attuale e il 1914. Se immaginiamo la Cina di oggi come la Germania di allora e gli USA come l’allora Gran Bretagna, possiamo mettere ben a fuoco i rischi che stiamo correndo.


Occorre una piena comprensione della tragedia WW1, dice Hulsman, per non ripetere quegli errori e invoca la metafora biblica di Apocalisse 6:8 (la Morte sul cavallo livido) per strutturare il proprio articolo, breve ed efficace, sui tre fattori che a suo avviso possono generare l’escalation bellica.


1 -  Come per il mito del Titanic, sembra dirci Hulsman, sia oggi che nel pre-14 il mondo è ritenuto inaffondabile mentre invece esso si trova in uno stato di disequilibrio multipolare e l’egemone di oggi, come quello di allora, è declinante. USA oggi come GB ieri valgono sempre meno in termini di leadership e al tempo stesso non sono più in grado di imporre il nuovo ordine da soli. Hanno bisogno degli altri. A questo punto Hulsman vede la Cina come il Kaiser del decennio pre-14, cioè come un pericolo di prospettiva, e auspica che gli Stati Uniti sappiano dar miglior coesione al sistema di alleanze asiatiche.


2 – “La sconsiderata espansione ad infinitum della NATO” induce i poteri locali ex URSS a credere che l’Occidente possa accorrere in loro aiuto. Ciò vale oggi per l’Ucraina come per la Georgia del 2008. Sia Arsenio Arseniucco che Mikheil Saakashvili sono stati fatti oggetto di un surriscaldamento di testa da parte americana. E qui il riferimento è a quei centri di potere statunitensi che Hulsman chiama “neoconservatori wilsoniani” (con riferimento, credo, a Woodrow Wilson) i quali incoraggiano le forze anti Putin con un impulso propagandistico tale da indurli ad esporsi come se fossero già protetti da un’alleanza NATO. Ma il risultato di tali impulsi è quello di provocare il riposizionamento internazionale in barba a Putin sottovalutandone la capacità di reazione, mentre abbiamo visto che costui è perfettamente in grado di reagire stabilizzando la Georgia, prendendosi la Crimea e forse anche l’est ucraino.

Il sistema delle alleanze fu il fattore di moltiplicazione dei soggetti in conflitto nel 1914 ma potrebbe esserlo anche oggi perché implica di fatto una cessione di sovranità in materia di guerra o pace. Secondo Hulsman il Giappone di oggi potrebbe essere come la Serbia di ieri. Occorre quindi che Washington vigili più attentamente su Pechino e Tokyo “affinché nessuna delle due si arroghi il diritto di dettare tempi e modi della politica estera statunitense”.


3 – Nel periodo prebellico 1914 si rivelò influente il libro di Norman Angel La grande illusione. In esso si riteneva improbabile ed economicamente sbagliato un conflitto bellico tra Germania e Inghilterra visto il grado alto di integrazione commerciale. I decisori dell’epoca si spingevano quindi avanti nelle reciproche provocazioni forti di questa convinzione. 

Ebbene oggi nel confronto con Putin è l’occidente ad essere frenato dal grado di integrazione. Si pensi ad esempio al gas per il cui approvvigionamento in Germania sono impegnati oltre 300 mila posti di lavoro. Ma ciò non basta per escludere la possibilità di sbocchi conflittuali perché interessa solo l’Europa e perché proprio il ’14 insegna che contano molto anche fattori non economici come l’orgoglio nazionale, la politica interna ecc.

Questa considerazione di Hulsman mi fa pensare che egli sia convinto della maggiore pericolosità di Putin rispetto agli Stati Uniti; considerazione che non mi troverebbe d’accordo.



In conclusione, nell’ottica di Hulsman, per preservare la nostra civiltà dal rischio WW3 occorre che gli Stati Uniti, potenza in declino ma ancora egemone, sappiano indurre i paesi emergenti alla conservazione dell’attuale world order “alzando sensibilmente il prezzo della sovversione senza però cedere pezzi di sovranità a terzi che potrebbero approfittarne”.




Io sono alquanto perplesso su questo consiglio geopolitico perché non vedo proprio quale sia l’interesse degli emergenti alla stabilità dell’attuale ordine internazionale; un ordine che è stato la causa principale del loro passato sfruttamento, ma condivido l’idea che il conflitto globale oggi è non solo possibile ma potenzialmente probabile perché ce lo insegna analogicamente la dinamica che portò a quello di cento anni fa.
E mi piacciono le parole di Hulsman nella sua conclusione: “Niente è scritto, niente è predestinato. Sta a noi, qui ed ora sfidare l’ignoto e trovare le soluzioni. E dobbiamo farlo con umiltà, ma con la coscienza che siamo noi ciò che si interpone tra la civiltà e la catastrofe. E’ bene guardare nell’abisso ogni tanto, se serve ad evitarlo”.

L’abisso ci rivela che la Morte è già sul cavallo livido, e cavalca oscuro davanti noi…






Joseph William Turner, straordinario pittore romantico, ha saputo rappresentare la forma allucinata del monito giovanneo contenuto in Ap 6:8.


E’ il nostro autocompiacimento, quello dell’occidente alleato, il primo nemico da battere, questo ci insegna il centenario.

venerdì 22 maggio 2015

WW1 - 24 Maggio






Cento anni fa in questi giorni di frenetica corsa alla guerra le pressioni diplomatiche per contendersi l’alleanza dell’Italia erano forti.

Era già stato firmato segretamente il patto di Londra che vincolava l’Italia a scendere in campo contro l’Austria, ma gli italiani non lo sapevano e sulla stampa nazionale giravano vignette come questa:







Imperi centrali da una parte e forze dell’Intesa dall’altra, ma non tutte le manovre di quelle settimane son state messe in chiara luce, e tra i vari attori c’era anche il Vaticano.


Eric Frattini nel suo libro: “La Santa Alianza. Cinco Siglos de Espionaje Vaticano” (2004) sostiene che la Germania in particolare ci stava provando. Il kaiser Guglielmo aveva infatti inviato a Roma Mathias Erzberger ad offrire le terre irredente a Benedetto XV, il quale in cambio avrebbe dovuto convincere l’Italia a rimanere neutrale.

La proposta prevedeva donazioni in denaro al tesoro papale e soprattutto l’impegno germanico alla cessione al Vaticano del “Trentino austriaco” permettendo in tal modo la creazione di una “enclave papale indipendente” con la possibilità di sbocco sul mare adriatico per lo Stato Pontificio. La possibilità di avere un porto marittimo per lo Stato del Vaticano era stato un obiettivo che aveva caratterizzato la politica estera del papato di Pio X.

Il politico Erzberger però era spiato dagli italiani e tutte le macchinazioni e riunioni segrete legate a questo tentativo non ebbero successo. Il 23 Maggio l’Italia dichiarò guerra all’AUSTRIA e alle quattro del mattino del 24 il Forte Verena lanciò il primo colpo di cannone.

Finiva il grottesco doppio gioco. Iniziava l’inutile strage.







lunedì 18 maggio 2015

WW1 - DISCIPLINA CADORNIANA



La disciplina di guerra è richiamata dalla circolare del 24 Maggio 1915, la numero 1 del generale Cadorna. Essa invoca “estreme misure di coercizione e di repressione” e di “inesorabile severità verso gli infingardi, i riottosi e i pusillanimi” perché “distruggere sul nascere i germi dell’indisciplina, scongiura mali peggiori e talvolta irreparabili” …

Qualora si volesse vedere in queste parole una visione “etica”, ammesso che una parola così aulica si addica, occorre sapere che i nostri reparti non erano preparati alla guerra industrializzata; nella testa dei nostri ufficiali era stata inculcata la vecchia visione ottocentesca dello scontro eroico prescindendo da novità che si riveleranno sconvolgenti come le mitragliatrici e il filo spinato.
E infatti dopo pochi mesi l’atteggiamento delle truppe sarà già molto diverso.

“La prima esecuzione capitale” (autolesionismo)
Un giovane di 23 anni in servizio presso Passo Cirelle si era già procurato una ferita con lesioni gravi alle dita della mano destra. Medicato venne rimandato in linea. In Agosto, di vedetta, si sparò un nuovo colpo sopra la precedente ferita, impedendosi definitivamente il servizio militare. Il comando della IX armata lo arrestò e processò condannandolo alla pena di morte secondo il codice militare di guerra. La sentenza venne eseguita il 20 settembre del 1915 con un plotone d’esecuzione comandato dal tenete Arturo Andreoletti.

Il giovane si chiamava Angelo De Battista e fin dalla fase istruttoria del processo rese dettagliata confessione. Egli era nato in Germania, figlio di immigrati italiani e, riporta la sentenza, “aveva perfino osato affermare, in presenza dei suoi compagni, di non avere nessun dovere verso l’Italia.

La vicenda ebbe ampio riscontro tra le truppe e non si può escludere un intento esemplare nell’eseguire tale sentenza che invece sarà la prima di una lunga serie. Un apposito manifesto con un sunto della sentenza venne redatto e diffuso tra le truppe.

Il 28 Settembre 1915 il generale Cadorna emise una circolare “a larga diffusione” particolarmente retorica la quale, evidentemente, risponde ad un nuovo impulso propagandistico motivato dalla preoccupazione che tali pratiche si diffondano. In essa si leggono frasi che definiscono i superiori del soldato come fratelli e padri, fratelli e padri che però hanno il dovere di “passare immediatamente per le armi i recalcitranti e i vigliacchi”.

In faccia al nemico, scrive Cadorna, vi è una sola via: quella dell’onore, e anche colui il quale tentasse “ignominiosamente” di arrendersi o retrocedere ebbene costui sarà raggiunto “prima che si infami” dalla giustizia sommaria del piombo. Quello dei carabinieri qualora non quello dell’ufficiale.



In pratica in questo documento si sancisce il concetto di giustizia sommaria, ovvero quella che viene eseguita immediatamente sul campo di battaglia. Mentre si precisa che per coloro che dovessero sfuggire a tale “salutare” forma di giustizia subentrerà INESORABILE, ESEMPLARE, IMMEDIATA quella dei tribunali militari “.

Infine tale concezione di giustizialismo retorico ed assassino raggiunge il massimo laddove la circolare recita che:” Anche per chi vigliaccamente arrendendosi riuscisse a cader vivo nelle mani del nemico, seguirà immediato processo in contumacia E LA PENA DI MORTE AVRA’ ESECUZIONE A GUERRA FINITA.”








Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una messaggio al museo della Guerra del 4 Aprile u.s. ha ricordato che la memoria per le sofferenze e i sacrifici dei soldati "non consente di lasciare in ombra alcune pagine tristi e poco conosciute di quegli anni di guerra. Pagine che riguardano anche il funzionamento dei tribunali militari e la cosiddetta "giustizia sommaria".

Spero che il messaggio sia giunto nel cuore dei sindaci e delle associazioni d'arma. 
E' un segnale che ci dice di abbandonare defiitivamente la retorica e rivalutare le vittime di quella visione criminale che portò a 4.028 condanne.

giovedì 14 maggio 2015

WW1 - Interventismo interessato, dignità fatta di vuoto











Il 14 Maggio 1915, cento anni fa, si tenne a Milano una imponente manifestazione interventista in Piazza Duomo. Il paese era stato per mesi lacerato tra neutralisti e interventisti e il successo di manifestazioni come quella dimostravano che ormai era definitivamente prevalso nel Paese il sentimento favorevole alla guerra. La campagna propagandistica finanziata segretamente da Francia, Russia e soprattutto Inghilterra aveva funzionato. I vari D’Annunzio, i Futuristi ecc. avevano convinto i giovani studenti e varie fasce della popolazione nonostante il nuovo Papa, Benedetto XV, avesse fermamente condannata la guerra fin dal Settembre 1914 con la sua prima enciclica.


L’Italia in realtà aveva già firmato il patto di Londra che prevedeva i termini di spartizione a fine conflitto delle conquiste. Quindi la mobilitazione interventista serviva solo a creare un clima artefatto per indurre le famiglie a sopportare il sacrificio di vite umane che si prevedeva. Ma l’ubriacatura durò poco perché già a Natale, quando molti soldati non tornarono in licenza per le feste e quelli che tornarono raccontarono la verità, gli italiani si resero conto della vera situazione.




Qui a Valdagno la propaganda interventista era stata portata il 25 Marzo da Cesare Battisti su invito della Associazione Trento e Trieste, sezione locale.
Egli tenne una conferenza nella quale descrisse la passione dei Trentini e a loro “agonia sotto il giogo austriaco”. Oggi sappiamo che egli era solo una, per quanto appassionata, spia irredentista che combatté come soldato e come Tenente fino alla cattura e alla esecuzione capitale.

E sappiamo anche, come ci racconta Cazzullo nel suo libro (pg 96), che egli era informato circa la certezza dell’intervento italiano già dall’Agosto del 1914 come documentato da un messaggio segreto inviato oltre confine alla moglie Ernesta Bittanti.



L’italia fascista dei successivi decenni ne ha fatto un grande eroe sopra le righe. Sua moglie stessa non era d’accordo con l’enfasi del regime e oggi, tre generazioni dopo, il suo nome ricorda agli italiani solo un esule degli anni di piombo.

La mia città, sei anni dopo la sua morte, volle rendere grata memoria alla sua “anima eroica” murando una lapide nel luogo della sua conferenza propagandistica, l’ex Albergo Alpi. 
Una lapide ove, con caratteristica enfasi retorica, si ricorda che la sua anima : “illuminò con luce di martirio le vie della vittoria”. In pratica lo si ringrazia per le preziose informazioni che passò all’Italia.



Non nutro particolare ammirazione né per la sua figura né per la sua causa, ma provo un senso di gratitudine nei confronti dalla compagnia di marcia di Battisti quando penso al lavoro di costruzione di mulattiere, camminamenti e trincee che partendo da Malga Campobrun portano a Cima Carega, un lavoro che in buona parte venne da loro realizzato.

Un itinerario che ho percorso con mio padre e con amici in tante, bellissime, domeniche di pace.  


mercoledì 13 maggio 2015

Le fucilazioni dei nostri nonni




Dei due anniversari storici del 2015 quello relativo a WW1 riguarda una ENTRATA in guerra mentre quello relativo a WW2 ne riguarda la fine, ovvero l’avvento della PACE. Se vogliamo vederlo come un unico arco di eventi bellici visto che le due guerre hanno causalità collegate, possiamo intravvedere un mostruoso sistema bellico che si manifesta apertamente dal 1914 al 1945.

Le celebrazioni di queste settimane però puntano tutto su WW1, cioè sull’inizio della guerra. Non è ancora chiaro il taglio culturale prevalente ma, rifacendomi ad esempio al libro di Cazzullo (La guerra dei nostri nonni, Mondadori 2015), che è un giornalista trandy e per ciò rappresentativo, per il momento sembra prevalere un approccio non trionfalistico bensì critico. E ciò mi fa piacere. In particolare per WW1 spero che la memoria rilanci il tema relativo alle prospettive di riabilitazione dei fucilati di guerra.

 A tal proposito sono felice di avere in lettura il libro Fucilazioni di guerra. Testimonianze ed episodi di giustizia militare dal fronte italo-austriaco, a cura di Massimiliano Magli.Ed. NORDPRESS, 2008.


L’autore introduce il libro dichiarandone l’obiettivo fondamentale: “Tenere a galla una verità ancora scomoda”. E fa riferimento al libro di Attilio Frescura “Diario di un imboscato” scritto nel 1919 da un ufficiale che nella Prima Guerra Mondiale il quale, sul fronte dell’Altipiano di Asiago, fu tutt’altro che imboscato. Costui volle il suddetto titolo per compiere una denuncia. Immagino che negli anni successivi marcati dal fascismo e dalla sua retorica il libro sia stato accantonato per essere poi, oltre sessant’anni dopo, riportato alla attenzione dei lettori italiani grazie all’editore MURSIA che lo ha riproposto con la prefazione di Mario Rigoni Stern. Da quel libro l’autore ha tratto le pagine relative alla giustizia, si fa per dire, militare.

Si parte con Emilio Lussu e il suo famosissimo “Un anno sull’Altipiano” pubblicato a Parigi nel 1938. Lussu era stato ufficiale della Brigata Sassari, ma fu importante antifascista esiliato, poi ministro azionista nonché fondatore e parlamentare del PSIUP. Della sua opera si cita il brano Giustizia sommaria, del quale qui ripoto un sunto.
Il 16 Giugno 1916 sull’Altipiano parte una offensiva italiana. L’artiglieria sbaglia i calcoli e bombarda la nostra fanteria. I fanti attendono l’ora dell’assalto sotto i colpi e immersi nel fumo soffocante in una caverna che, essendo scavata quasi a fior di terra, non resisterà alle granate. I fanti escono per proteggersi, il maggiore Melchiorri, di carriera, formatosi in Eritrea va per le spicce, ritiene tale atto un ammutinamento con le armi difronte al nemico e ordina la decimazione. Ma muore crivellato dai colpi del plotone d’esecuzione.

Inizia l’emozione. Sono cose vere, non è Hollywood. Per provare il brivido della commozione occorrono le parole di Lussu.



I Carabnieri svolgevano funzion di polizia militare, anche sparando a quanti si rifiutassero di uscire dalla trincea.








martedì 12 maggio 2015

L'Italia dell'International New York Times






Il quotidiano International New York Times di oggi, a pg.5, ospita  una corrispondenza di Roger Cohen dall’Italia. 
Il testo è molto positivo verso il nostro Paese, esalta la nostra cucina, descrive ambienti solari e popolazioni buontempone, cita il lago di Garda, Venezia, la Costa Ligure ecc. Insomma ci vuole bene.

La vignetta della pagina è dedicata al tema della immigrazione nel giorno in cui all’ONU si sta valutando l’impatto del discorso Mogherini, italiana piacente e preparata. Il tono della corrispondenza vuole sostenere e, implicitamente rilanciare l’immagine turistica dell’Italia.


Tuttavia l’EXPO 2015 viene evocata con un racconto che non nasconde la disorganizzazione tutta italiana che la caratterizza: “Arrivando a Linate per la prima volta dopo decenni ho trovato gli stessi bus lenti ed inefficienti (cumbersome) che portano al terminal mentre quello dell’ATM era rotto e l’ufficio informazioni deserto.” E ancora, più avanti: “Il tema è quello della sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione combattendo gli sprechi e salvaguardando l’ambiente, ma l’Italia ha molto da fare”.

Si parla comunque bene di Milano e dei suoi abitanti i quali difronte ai gravi disordini dei Black bloc non hanno esitato il giorno dopo a pulire e mettere i ordine la città. E da qui parte un nuovo messaggio di fiducia dell’Italia: “Lo stato è ancora malato, ma la comunità, le famiglie, gli amici, città e regioni sono ancora forti. E forse la valutazione effettiva dell’Italia tende ad essere sottostimata.” 
Mi piace questa considerazione. 
Ma anche se Cohen non lo scrive essa riguarda l’Italia del nord. E ciò non è poco. Anzi, forse è la vera chiave per spiegare come l’Italia sia ancora in piedi.



Renzi ha appena fatto una buona riforma che darà stabilità al sistema politico, conclude Cohen, e l’Italia potrà beneficiarne. Ma LA STRADA SARA’ PIENA DI CURVE, perché:

“Life in Italy is a series of curves to which you adapt. There is zero scope for autopilot.”



Bene. Fa piacere leggere un articolo di tal fatta e io non lo nego. Ma quelli che vorrebbero un’Italia da pilota automatico sono i Marchionne, non gli operai e gli insegnanti, sono i Renzi e i Boschi, i quali hanno una visione alquanto lineare e stanno al volante. Se non imparano ad affrontare le curve ci porteranno tutti a sbattere … e allora l’International New York Times dovrà proprio ripetere, ma questa volta non più in chiave ottimistica, il titolo che ha dato alla corrispondenza:


ITALIAN CURVES, ITALIAN CURES





venerdì 8 maggio 2015

WW III e Nepal




Oggi ci sono i terremoti artificiali causati da irradiazione e surriscaldamenti ionosferici. Vengono surriscaldate le faglie dall’alto, con manovre in remoto. La causa locale quindi non può essere ricondotta ad esplosioni ma a movimenti di placca, come quelle naturali. Una tecnologia come questa permetterebbe di sviluppare sistemi di quake weapons senza violare trattati nucleari.

L’appello del Papa al rispetto del clima riportato da vari quotidiani stranieri nei giorni contigui al terremoto nepalese ha un realtà questo significato.








Ora che il maistream dal Nepal si è un po’ placato posso permettermi alcune considerazioni.




Nel periodo tra il 1945 e il 1993 le potenze nucleari dichiarate erano cinque, ovvero: USA, URSS, Gran Bretagna, Francia e Cina. Ebbene in quel periodo vennero esplose 2031 testate sperimentali. Un quarto di questi eventi furono test atmosferici. Una potenza totale pari a 29.000 volte quella di Hiroshima. Il periodo più acuto di questa attività furono i sedici mesi compresi tra il settembre 1961 e dicembre 1962. Poi ci fu la firma del primo trattato per la messa al bando dei test nucleari; il Limited Test Ban Treaty.


Oggi a cinquant’anni di distanza si vede facilmente che quell’accordo, importantissimo, firmato il 5 Luglio 1963 serviva certamente a porre fine ai test atmosferici, ma per dare il via libera ad un massiccio piano di sperimentazioni sotterranee; un piano sostenuto da sottili propagande pseudo scientifiche secondo le quali le esplosioni underground non rilasciavano polluzioni atmosferiche. Della stessa comunicazione strumentale faceva parte anche la campagna antifumo, fondata sull’idea che il cancro ai polmoni fosse dovuto allo smoking business, senza spiegare che un fattore altrettanto grave era proprio l’air pollution causato dai test atomici.


Pertanto, dopo che nel corso degli anni sessanta il bando nucleare del ’63 venne recepito da centinaia di paesi, decollarono i dati sulle esplosioni sotterranee. E si iniziò a sospettare la correlazione tra test atomici e terremoti; senza però spaventare l’opinione pubblica, of course. Il dibattito rimaneva a livelli specialistici. Ma col passare dei decenni si diffusero documenti accessibili open source.

Nel 1989, ad esempio, alla seconda conferenza internazionale su Nazioni Unite e Pace Mondiale venne presentato e acquisito un testo scientifico dal titolo esplicito: Earthquakes and Nuclear Testing dangerous patterns and trends, del prof. Gary T. Whiteford. E’ quindi noto, anche se non propagandato, che la correlazione atomica/terremoti esiste e viene da tempo studiata.

Esplosioni termonucleari cinesi del settembre 1969 causarono terremoti in Australia; esplosioni statunitensi sotto il Nevada nel 1976 causarono sismi a Tangshan in Cina con migliaia di morti ecc. In Iran lo stesso anno vi fu un terremoto che distrusse la città di Tabas con 25.000 morti, esso era collegato a precedenti esplosioni nucleari. Poi Mururoa, altri stati dell’ex Urss, Afghanistan 2002 ecc.  


Nel decennio scorso emerse il problema del Radon, la cui presa di coscienza faceva capire a tutti che il rischio radioattivo può entrare direttamente nelle nostre case proprio dl sottosuolo. E che pertanto la balla secondo la quale il nucleare underground non è inquinante non avrebbe retto ancora per molto.

Non sono un esperto e non voglio perdermi nel mare di dati disponibili ai ricercatori. Quello che voglio dire è che l’idea secondo la quale il terremoto nepalese dei giorni scorsi sia connesso con sperimentazioni più o meno nucleari è credibile e non viene ostracizzata come “complottistica” solo perché finora è stato sufficiente tacere sui media e coprire con finti solidarismi.



Ma le ragioni che giustificherebbero tali sperimentazioni in questa fase ci sono tutte. 

Primo fra tutti l’accordo annunciato in Aprile che dovrebbe essere sancito in Giugno sul nucleare. Piazzare in questo frangente la prova di armi globali innovative dimostrerebbe il vantaggio anche in regime di stabilizzazione nucleare. Agli occhi degli armageddoni israeliani, ad esempio, la possibilità di colpire il territorio nemico con armi letali quanto, se non più, una bomba nucleare, potrebbe convincere Netanyahu ad accettare l’accordo USA/IRAN in cambio di una partecipazione alle nuove armi globali.




MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...