giovedì 29 giugno 2017

Tema di Lara (Ol'ga Ivinskaja)








Boris Pasternak è lo scrittore russo di origine ebraica che ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1958 con il romanzo Il Dottor Zivago, edito da Feltrinelli nel 1957.
In tale romanzo un medico e poeta nella russia rivoluzionaria di cento anni fa, separato da moglie e figli a causa delle vicende della guerra civile, sviluppa una intensa storia d'amore con la crocerossina Lara Antipov.







E’ ormai acquisito dai commentatori del romanzo, che il personaggio di Lara sia ispirato alla vita reale dello scrittore. Olga e Lara sarebbero pertanto lo stesso soggetto.

Quando, grazie a Zivago, vinse il premio Nobel per la letteratura, a Pasternak le autorità sovietiche tolsero i mezzi di sostentamento costringendo il gruppo familiare a contare su ciò che si ricavava dai diritti d’autore occidentali. In quegli anni le incaricate di ricevere il denaro e tenere i delicati rapporti con Giangiacomo Feltrinelli che era la persona alla quale Pasternak aveva in un primo momento lasciato ogni incarico di rappresentanza, erano appunto Olga e la figlia (riportate nella foto). 

Dopo la morte di Pasternak, avvenuta nel 1960, entrambe vennero arrestate e condannate con l’accusa di traffico illecito di valute. Rispettivamente otto e tre anni di campo di lavoro. La vicenda di Olga, in particolare, perseguitata dal regime poliziesco, è lunga e dolorosa. Ma Feltrinelli riuscì attraverso laboriose trattative coi sovietici, a ottenere la liberazione della figlia nel 1962 e di Olga (Lara) nel 1964.


Fino a dopo il 1989 il testo non verrà mai stampato in Russia. Ma ne circoleranno copie clandestine anche in lingua russa. Si tratta di copie pirata stampate violando le norme editoriali sovietiche. Esse sono state editate e diffuse nell’ambito di una azione propagandistica antisovietica concepita e portata avanti dai servizi segreti anglo americani. 


La ricostruzione reale di questa vicenda, degna di un romanzo di John Le Carrè, si può trovare nel recente e brillante saggio di Paolo Mancosu: Zivago nella tempesta, le avventure editoriali del capolavoro di Pasternak. (FELTRINELLI 2015).


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A costruire il grande successo di pubblico che ebbe questa storia fu soprattutto il film con Omar Shariff  e Julie Christie. (Doctor Zivago, USA 1965, di David Lean). In quel film la colonna sonora ebbe un grande ruolo di traino e ricevette l'Oscar. Essa era stata scritta dal francese Maurice Jarre.



Il Tema di Lara, fu rilanciato in Italia per il grande pubblico nel 1969 con una edizione dal titolo "Dove, non so", cantata da Orietta Berti accompagnata dalla orchestra di James Last. Tale versione venne presentata con successo lo stesso anno a Canzonissima.


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Queste curiosità mi sono state stimolate dal coro Progetto Musica di Valdagno, del quale mi onoro far parte in qualità di tenore.

Si tratta a mio avviso di una musica e di un testo abbastanza banali nonostante la dignitosa armonizzazione di A. Gagnon del 2009 che qui di seguito possiamo ascoltare.



 https://www.dropbox.com/sh/6y0i0k6uas0stp8/AACCEbI1nGJRV3-0UlQkE2i_a/Villa%20Margherita%2010_06_17/mp3/15Tema%20di%20Lara%20%28Jarre-Ithier%29.mp3?dl=0




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mercoledì 21 giugno 2017

Moro, stai sereno






Nel covo di via Fracchia c’erano le carte di Moro.





Stefania Limiti aggiorna su FQ circa l’andamento dei lavori della Commissione parlamentare Fioroni. Nelle prime settimane di Giugno c'è stata infatti l’audizione di Luigi Carli, ex magistrato che si occupò delle indagini sulla colonna genovese delle Br. Costui ha confermato che gli illustri colleghi Caselli, Maddalena, Laudi e Priore sapevano del ritrovamento carte in quel covo già all’epoca. Ma Caselli smentisce ancora, sempre sul Fatto Quotidiano.

Già all'epoca dei fatti (1980) su questa irruzone si svilupparono perplessità. Non si capiva la necessità di uccidere tutti i brigatisti e anche la padrona di casa, la quale non era una regolare. Poi, oltre vent'anni dopo vennero rese pubbliche le foto dalle quali si evinceva che i corpi erano tutti in posizioni non compatibili con una scena di sparatoria complessa.

Ora si profila con sempre maggiore chiarezza la chiave interpretativa. 

Il mattino del 28 Marzo 1980 a Genova in via Fracchia la strage fu in realtà una esecuzione per tacitare il ritrovamento dei documenti Moro. (E’ possibile che i BR li avessero consegnati in cambio della vita, ma siano stati ingannati) Dalla chiesa ne aveva già una parte e al momento della morte ne aveva ancora una parte in cassaforte. Quando ordinò l'irruzione possedeva già la chiave del covo. L'aveva avuta da Peci. Doveva però prendere a via Fracchia quella che gli manca, ovvero la parte di documenti che dopo il sequestro e l'uccisione le BR diedero proprio a Peci per la segretazione. Probabilmente il malloppo venne smembrato e segretato a comparti.
Nell’articolo si dice che la cassaforte che era in casa del generale Dalla Chiesa la sera in cui è stato ucciso venne svuotata.


 Si adombra quindi lo schema interpretativo secondo il quale dopo il rapimento e l’uccisione c’è Monte Nevoso.  E da Monte Nevoso a via Fracchia c’è un arco di tempo caratterizzato dalle inchieste riservate di Dalla CHIESA. Poteri speciali per un incarico riservato: ritrovare i documenti contenenti le informazioni militari e strategiche che Moro consegnò alle Br durante i 55 gg dopo la rottura con la DC.

Le morti Pecorelli, Varisco e Dalla Chiesa sono legate ai documenti. Anche l’operazione di via Negroli ove venne arrestato Corrado Alunni. Anche il covo di via Gradoli venne Ri-perquisito mentre era ancora sotto sequestro.




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https://youtu.be/jYI5_Bl21i0 






lunedì 19 giugno 2017

Omniavulnerant: Bruno Trentin senza sinistra

Omniavulnerant: Bruno Trentin senza sinistra: Nel decimo anniversario della morte, avvenuta in Austria in circostanze ciclistiche, EDIESSE ha pubblicato il libro di cinquece...

Bruno Trentin senza sinistra









Nel decimo anniversario della morte, avvenuta in Austria in circostanze ciclistiche, EDIESSE ha pubblicato il libro di cinquecento pagine che contiene i diari di Bruno Trentin.

Ne dà notizia un paginone di FQ dedicato alle letture e ai ritratti di autore. L’enfasi paginonica si giustifica con la politica informativa messa in atto dal Fatto Quotidiano in queste giornate di affannosa ricerca di leadeship per una sinistra italiana che tenta, inutilmente, di ricomporsi.



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Mi vengono in mente due libri che ho letto a suo tempo, senza peraltro annotarmi degli appunti che oggi sarebbero preziosi. Il primo è “Senza più SINISTRA”, titolo profetico, scritto da Renato Mannheimer e Paolo Natale ancora nel 2008 e pubblicato dalle dizioni del Il Sole24Ore. Il secondo, un po’ più recente, è il bellissimo FINALE DI PARTITO (altro titolo profetico) di Marco Revelli. Quest’ultimo è stato pubblicato da Einaudi nel 2013 con la speranza che qualche dirigente della già morente sinistra italiana lo leggesse, ma da quanto si può vedere oggi fu tutto inutile.


Mannheimer. L’elaborazione è antecedente al crack LEEHMAN BROTHERS per cui non è riproponibile. Ma conteneva segnali da cogliere in pieno. Il libro analizzava con scrupolo gli andamenti elettorali degli anni di Bossi e Berlusconi (fino al 2008) individuando con una nettezza che a quei tempi era difficile cogliere, i nuovi orientamenti di un elettorato che mutava i bisogni politici. Ovvero emarginazione della estrema sinistra, polarizzazione bipartitica, presa di consenso del messaggio destrorso legato alla sicurezza protettiva, disprezzo verso gli extracomuntari e odio per le tasse. Se invece di considerare tali richieste degli insopportabili capricci propri di un elettorato neoricco, la sinistra (all’epoca era quella buonista di Prodi) li avesse presi per nuovi “bisogni” di cittadinanza le cose sarebbero andate diversamente. Non si trattava ovviamente di sposare le istanze xenofobe, ma di rinunciare, difronte al queste nuove domande, alla storica supponenza e adottare invece un atteggiamento di ascolto. Niente da fare. La lezione che si potrebbe imparare da quegli errori è che i segni chiari di una crisi storica (forse finale) della sinistra e della sua cultura erano presenti già prima della crisi finanziaria e che pertanto attribuire a quest’ultima cause critiche significa solo perseverare in un errore letale.


Revelli. Questo libro ha innanzitutto il merito di individuare prima che lo certificassero nove milioni di voti, la crisi letale dei partiti intesi come contenitori politici novecenteschi, ovvero modelli di organizzazione del consenso partecipativo in fase di obsolescenza irreversibile. Il tema è quello del passaggio alla politica liquida e l’esodo dall’urna causa sfiducia. La vecchia stabile società di classe si è già liquefatta, i partiti (vecchi residui arrugginiti) stanno logorando ogni rapporto fiduciario col ceto politico. Occorre prendere atto della situazione di Post-fordismo politico in cui siamo oggi. Cosa che stenta ad avvenire per l’inerzia degli apparati e del vecchio sistema mediatico.
La necessità quindi è (lo era già nel 2013) quella di ricercare democrazia oltre i partiti. Qui Revelli richiama la elaborazione di Bernard Manin il quale teorizza il passaggio da una democrazia dei partiti a una democrazia del pubblico. Manin è un politologo francese e non occorre insistere molto per cogliere che ora in Francia con Macron sta proprio avvenendo questo.

In proposito penso che la lezione francese più che un modello da imitare sia una conferma di cui prendere atto. E’ la versione francese del finale di partito.


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Tornando quindi a Trentin l’articolo è tremendamente pessimistico e depressivo. Non so se riflette il sentiment del libro. E’ probabile perché anch’io ricordo all’epoca un Trentin fiacco e deluso, ma non penso che egli avesse la lucidità soprannaturale di prevedere nei primi anni novanta la crisi odierna della sinistra.

Penso che soprattutto per la mia generazione, la lettura vada, come per tutti i diari, sistematicamente contestualizzata capitolo per capitolo, pagina per pagina, in una malinconica e privata rievocazione del come eravamo.


E' quello che farò dopo l'acquisto. Non può mancare proprio questo nella mia montagna di libri, utili od inutili, sempre desiderati.




 


MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...