mercoledì 27 luglio 2016

Trump contro Hillary, da che parte sta il nuovo?









Nella settimana in cui la Clinton arranca per ottenere la nomination democratica su IL GIORNALE è uscita una breve monografia su Donald Trump. E non è l'unica. Altri giornali e talk show internazionali lo hanno fatto.
L’occidente si accorge di aver perso tempo e sottovalutato clamorosamente il nuovo protagonista della scena politica mondiale. Da qui la necessità di costruire alla svelta un po’ di biografia nel tentativo di prevenire l'impatto. 
Un paio d'appunti.



   
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La discendenza patrilineare di Donald è tedesca. Il nome tedesco “Drumpf” è stato infatti anglicizzato in “Trump” ancora tre generazioni fa dal primo avo immigrato durante la corsa all’oro.
La madre invece era scozzese. Il nome Mary Ann McLeod non lascia dubbi in proposito. E di queste due discendenze il nostro Donald preferisce quella scottish, evidenziando che nelle sue vene non scorre alcun sangue anglofono. Inoltre ha molti possedimenti in territorio scozzese dove i suoi famosi campi da golf vengono frequentati da molti turisti di provenienza UE.

Si tratta quindi di un figlio di immigrati che ha avuto successo arricchendosi vertiginosamente secondo lo schema tipico dell’american dream. Dal get rich quik dei cercatori d’oro al real estate developer della Trump Tower.



                                                        




Ma non è esatto dire che si è fatto da sé. E’ stato il padre di Donald ad avviare il processo di arricchimento. Il figlio lo ha portato alle stelle. E ora si prende la politica come Berlusconi.E com quest'ultimo non ha mai detto finora cosa farebbe delle sue aziende una volta eletto. Un conflitto di interessi che in America dovrebbe contare molti più che in Italia...




Donald Trump è autore di vari libri tra i quali il best seller Art of the Deal uscito nel 1987. E’ conosciuto quindi come un abile negoziatore, uno che risolve i problemi nelle trattative con ottimismo, astuzie e bluffs. Ostenta una vera e propria filosofia che guarda al denaro come un gioco e pedagogizza messaggi come Why We Want You to be Rich (Perché noi vogliamo che tu diventi ricco).

Ma il suo messaggio elettorale numero uno è lo stop alla immigrazione. Bisogna far costruire, a spese del Messico, un muro gigantesco. Inoltre occorre riattivare il corpo forestale frontaliero per i respingimenti al confine. I clandestini vanno rintracciati e riportati al paese d’origine per passare dallo ius solis allo ius sanguinis. La cittadinanza americana verrà concessa soltanto a chi se la merita.

Questa politica è in contrasto pieno con la prassi e coi principi americani, ma pare sia efficace.  

Islam No Grazie. Bloccare l’immigrazione clandestina e ripristinare le quote. Porte chiuse a coloro che provengono da paesi ove esiste il reclutamento Jihadista.

E' il rovesciamento della prassi e dei principi americani. Una cosa che si spiega solo col rifiuto totale dell'ipocrisia connessa al politically correct. Un linguaggio enfatizzato dai vecchi media che oggi funge da lasciapassare a messaggi come questi e Trump trionfa annichilendo tutto il vecchio esthablishment repubblicano.


Infine un paio di considerazioni sulla sua politica estera.

Il motto della sua campagna - ci ricorda Guzzanti - è breve e incisivo: rifare l'America di nuovo grande. Come? Donald è un improvvisatore e parla di abolire la NATO. Una alleanza militare anacronistica che oggi costituisce de facto solo una minaccia contro la Russia e costa centinaia di miliardi solo per difendere gli altri. Sarà per questo che piace a Putin.


Sistemarsi coi cinesi. Niente guerre, ma basta con la dipendenza finanzaria dalla Cina che possiede mille e trecento miliardi di dollari del debito USA. Occorre ridurre, annullare il debito pubblico per togliere loro spazio di manovra. Basta col NAFTA e niente TTIP. Viva la Brexit.

E' evidente che il trumpismo non è ancora una politica estera coerente, ma solo un messaggio emotivo per scuotere l'elettorato.




 Che cos'è quindi il fenomeno Donald Trump? E' ancora presto per dirlo, ma attardarsi può essere letale.


La totale incomprensione del significato sociologico connesso al successo elettorale di Trump e la tendenza ad una lettura stereotipica dei processi politici in atto in occidente, rischiano non solo di far perdere la presidenza ai democratici, ma di farci travolgere da un populismo mediatico di natura patologica tale da mettere a rischio lo stesso impianto democratico della compagine occidentale. Ce lo ricorda Guzzanti quando cita una vignetta di Staino all’Unità dove si dà per inevitabile il futuro passaggio da Trump al nazismo. Una banalizzazione che, pur individuando un certo rischio, lo ridicolizza togliendo credibilità al messaggio stesso. Un esempio di impreparazione di tutto l'occidente. Si passa dalla sottovalutazione alla drammatizzazione invece di ragionare sulle cause di questo populismo, vero sottoprodotto mediatico 2.0.









sabato 16 luglio 2016

LA MACCHINAZIONE, di David Grieco





Uscito a Novembre 2015 questo libro dal taglio giornalistico, molto scorrevole e preciso, si occupa del caso Pasolini narrando il punto di vista e l'esperienza di David Grieco. Costui è noto come redattore de L'Unità e regista di film come Evilenko. Ma in questo libro è soprattutto il giovane amico e aiuto regista di Pasolini. Un cercatore di verità animato ancor oggi dall'ansia di giustizia verso un grande artista ed intellettuale del secolo scorso.





Il libro aiuta a chiarire le vere dinamiche che portarono alla morte del poeta il giorno dei morti del 1975. Ma è anche molto di più perché è ricco di aneddoti illuminanti. Ad esempio il capitolo sesto contiene una scrupolosa disamina delle vicende giuridiche che hanno accompagnato l'opera pasoliniana. Argomento che, come abbiamo visto in precedente post, a Valdagno è stato affrontato con un'apposita serata di dibattito pubblico. Oppure l'aneddoto relativo alla bocciatura dello stesso Grieco all'esame per diventare giornalista professionista. Quella commissione era presieduta da Arrigo Petacco.

Pasolini era oggetto di continui attacchi moralistici in nome del comune senso del pudore, ma intanto passavano in discreto silenzio altre vicende in cui la censura di stato operava indisturbata contro la libertà di stampa. Come la vicenda di Oriana Fallaci, la quale per l'articolo che scrisse su L'EUROPEO il 14 novembre 1975 venne incriminata e condannata a quattro mesi per reticenza. Poi la Fallaci fu amnistiata, ma il punto è che lei si era rifiutata di rivelare fonti della sua contro-inchiesta e Grieco annota che l'Ordine dei giornalisti non mosse un dito per difenderla, cosa che invece avrebbe potuto fare invocando il segreto professionale.


Nel libro poi c'è un bel capitolo dedicato alla realizzazione dell'omonimo film, uscito in Marzo del 2016. Tale film, interpretato da Massimo Ranieri, è stato prodotto da Marina Marzotto e diretto dal suo compagno, David Grieco.





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La Macchinazione, il libro, si caratterizza anche per una interessante postfazione di Stefano Maccioni. Costui, avvocato, inizia nel 2008 ad occuparsi dell’omicidio PPP assieme a Simona Ruffini, criminologa.

Parte esaminando la sentenza Pelosi. La sentenza smentisce le conclusioni degli inquirenti circa la teoria dei froci solitari. In essa inoltre il Presidente Carlo Alfredo Moro ricostruiva accuratamente la scena del crimine deducendone l’impossibilità di azione solitaria di Pino la Rana.

Qui c’è la prima illegittimità procedurale: con tale sentenza si sarebbero dovute riaprire le indagini. Invece no. Infatti la procura della Republica con procedimento totalmente atipico, impugna la sentenza ottenendone il ribaltamento in appello e cassazione. Per la verità processuale Pelosi ha ucciso da solo.

Ma le sentenze dei due gradi di giudizio posteriori sono illogiche e contraddittorie.


Le riaperture giudiziarie successive mettono a fuoco la figura del quindicenne, all’epoca, Giuseppe Mastini alias Johnny lo Zingaro.

IL 7 Maggio 1987 su iniziativa dell’Avv. Nino Marazzitta la Procura manda un avviso di reato al Mastini, ma l’inchiesta si conclude senza storia.

Il 20 Marzo del 1995 il maresciallo Renzo Sansone rilascia una intervista al settimanale Oggi nella quale rivela il proprio incarico di indagine su Giuseppe e Franco Borsellino detti anche “fratelli Braciola” infiltrandosi nell’ambiente della mala giovanile. Da tali contatti costui aveva tratto informazioni che ricostruivano la nottata omicida come un tentativo di rapina andato male da parte di una banda giovanile composta dal Pelosi, i Borsellino e un tale Stefano Carapelli detto il Biondino.

Il punto critico però era dato dal fatto che il carabiniere affermava di aver scritto e consegnato una relazione contenente i dettagli di tale ricostruzione il 13 Febbraio 1976. Ma il conseguente arresto dei Borsellino non ebbe ripercussioni sul processo Pelosi allora in corso.

Nel 1995 ci fu un’altra riapertura legata alle dichiarazioni di due ergastolani, tali Mercurio e Carapacchi, che ebbero a rivelare quanto saputo in carcere sulla partecipazione di altri all’omicidio PPP.

Nel 2005 ci fu lo show televisivo nel quale Pelosi, a pagamento, lanciò la nuova tesi su “Arruso, Fetuso, Sporco comunista”. In pratica gli assassini sarebbero stati un gruppo di tre picchiatori catanesi incaricati di uccidere PPP per fermare le sue ricerche sull’eversione nera.



La tesi di Sergio Citti


Sergio Citti, collega e amico di Pasolini che non ha mai creduto alla tesi ufficiale e che su quella morte ha raccolto vario materiale di inchiesta, sostiene che Pasolini fu attirato in una trappola e giustiziato.
In pratica la sua tesi è che la morte di PPP è connessa col fallito tentativo di rientrare in possesso delle bobine del film Salò e le 120 giornate di Sodoma, rubate nell’estate del 1975. Pasolini sarebbe andato ad un appuntamento presso l’Idroscalo per recuperare il proprio film e forse pagare il riscatto. A tal fine aveva preso contatti con la malavita la quale aveva poi usato Pelosi come esca e ucciso il poeta su commissione. Lo stesso Citti aveva in quei giorni incontrato un esponente della banda della Magliana (Sergio Placidi) per il medesimo scopo.







Curiosità:

David Grieco è nipote di Ruggero Grieco, fondatore a Livorno del Partito Comunista d'Italia e segretario del PCI clandestino dal 1934 al 1938. Costui fu inoltre alto commissario per l'Epurazione nell'immediato dopoguerra.


lunedì 11 luglio 2016

Seveso, la commemorazione









Il Tg1 ha richiamato nei titoli la vicenda Seveso e ha dedicato un servizietto di interviste girate sul Bosco delle Querce. Le cerimonie sono state aperte da Maroni il quale, definendo l’incidente come un disastro dovuto ad “un guasto del reattore” ha auspicato un rilancio della manifattura lombarda.
Il Presidente Mattarella ha inviato una lettera alla commemorazione della Regione Lombardia.

From the Mattarella's message:

La nube tossica fuoriuscita dall'ICMESA costituisce tuttora uno dei più gravi incidenti industriali mai verificatisi su scala mondiale. Il disastro di Seveso, e l'inquinamento prodotto dalla diossina, fu un evento che colpì profondamente l'opinione pubblica e le istituzioni.




Non ho niente da obiettare, è tutto corretto. Ma il problema è come mai se ne occupa il Presidente della Repubblica dopo quarant’anni, tra un viaggio internazionale e l’altro, viaggi che sembrano evocare grane ben più cogenti.

O si tratta di un transitorio (e certamente utile) richiamo al tema per sostenere l’attenzione sulla questione bonifiche (attualissimo dopo Parigi e pressante in vista delle chiusure di piattaforme da programmare evitando aggravi sulle tasche pubbliche); oppure il dossier Seveso serve ancora a ricordare qualcosa agli iniziati.

La coincidenza NATO potrebbe spiegare qualcosa, anche se ancora non leggibile chiaramente.



2 – Dal modo col quale i Tg hanno dato oggi le notizie sul vertice NATO Warsavo risulta già chiaro che c’è ben poco di buono in vista per la pace. L’Italia oltre che aver prorogato fino al 2020 la permanenza in Afghanistan, con un migliaio di specialisti, ha anche offerto la leadership. Renzuschino fa il buono di qua e il cattivo di là. Fa il furbo con la Libia, ma ora offre i nostri giovani alle repubbliche baltiche. Il berlusconismo non è mai morto. Alla faccia dei Bersani.

Il Tg1 fa precedere i servizi sui migranti dalle parole del Papa e fa precedere quelle di Di Maio (il quale parla, pensa un po’, da Israele) alle notizie di guerra provenienti da Warsawa.

Nessuno parla della intervista di fuoco rilasciata subito da Gorbaciòf: dalla guerra fredda stiamo passando alla calda. Auguri.












domenica 10 luglio 2016

Quarant'anni fa l'uccisione di Occorsio







Il 10 Luglio 1976 il giudice Vittorio Occorsio viene ucciso a Roma da un commando di Ordine Nuovo guidato da Pierluigi Concutelli.





L’assassinio avvenne in via Giuba alle 8:30 del mattino dove una Fiat 124 guidata dal neofascista Gianfranco Ferro attendeva il giudice che, uscito di casa venne steso con una raffica di mitra.

Per lo sparatore Concutelli, un rivoluzionario neofascista che non aveva accettato la messa fuori legge di Ordine Nuovo, la morte del giudice doveva essere un’azione punitiva di propaganda armata. Invece, come avverrà spesso nella storia delle lotte armate italiane, egli fu strumentalizzato dai poteri occulti per fermare l’inchiesta che stava portando, con grandissimo anticipo, a Gelli e la sua P2.

 Oggi disponiamo delle esternazioni del giudice Ferdinando Imposimato, il quale ci offre un racconto non convenzionale e finalmente trasparente nelle pagine 84 - 91 del suo libro:

            L'ITALIA SEGRETA DEI SEQUESTRI, Newton Compton 2013.



Il giudice non aveva nessuna scorta e la Commissione parlamentare sulla P2 ha accertato che egli aveva due giorni prima invitato Gelli a deporre. Questo orientamento dell’indagine verso i poteri occulti era stato reso noto fin dal 30 Aprile 1976 quando il quotidiano IL MESSAGGERO pubblicò un articolo nel quale si diceva tra l’altro che erano in corso indagini sui rapporti tra un avvocato romano in vista e “un personaggio aretino legato al ramo più reazionario e conservatore della massoneria”. All’epoca solo gli specialisti potevano intuire il messaggio. Parlare di massoneria era come parlare di oroscopi e tarocchi.


Questa uccisione è particolarmente inquietante se vista alla luce di ciò che, in altre occasioni, dice Imposimato sul gruppo Bilderberg. Egli infatti sostiene che Occorsio aveva preso in mano incartamenti relativi ad indagini pregresse nelle quali erano state poste agli atti prove di interferenze illegali portate avanti nel nostro Paese da questo gruppo, che allora era ultrasegreto.




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Quindi oggi è del tutto chiara una lettura “dietrologica” di questo episodio. Una lettura che vada anche dietro le intenzioni dello stesso Concutelli.

Ciò mi sollecita una riflessione politica anche alla luce degli ultimi episodi elettorali.



Questa storia del Bilderberg oggi ormai è diventata una barzelletta da Bar Sport, ma significa che il popolino ha cominciato da tempo a percepire i poteri occulti.  Questi ultimi hanno adottato un politica che non nega più la propria esistenza perché oggi hanno a disposizione un sistema istituzionale sovranazionale che garantisce il controllo degli stati e un sistema mediatico orwelliano che assicura, per il momento, l’orientamento di massa.



Il punto è che il sottoprodotto di questo modello di dominio è il cosiddetto populismo ovvero un disordinato, ma crescente orientamento anti esthablishment dei ceti popolari.

Negli Stati Uniti il Partito Repubblicano ha sottovalutato Donald Trump e ora se lo trova imposto dall’elettorato alla corsa presidenziale. In Italia il vecchio ceto politico cattocomunista ha sottovalutato Grillo e ora si trova, per merito degli elettori, in fase di delegittimazione. In Austria socialdemocratici e popolari stanno sparendo mentre cresce l’elettorato populista. La democrazia diventa sempre più scomoda all’esthablishment, ma io spero che regga senza che i poteri occulti regrediscano ai modelli di controllo occulto usati quarant’anni fa nel caso Occorsio.








Speriamo. Ma il crescere delle tensioni belliche della guerra asimmetrica in corso potrebbero rilanciare la necessità di una manipolazione militare diretta delle politiche a scapito dei livelli di libertà democratiche.

sabato 9 luglio 2016

Seveso, l'incidente







Alle 14:30 del 9 Luglio 1976, un venerdì, il dottor Paolo Paoletti, direttore di produzione dell’ICMESA, uno stabilimento chimico di circa 180 dipendenti sito a Meda, vicino a Milano, dispone il programma di produzione con i collaboratori, tra i quali il suo vice, il responsabile del reparto B che ospita l’impianto dedicato alla reazione di sintesi del Triclorofenolo. Alle ore 16, secondo la relazione ufficiale della Roche, il reattore è caricato con tutti i reagenti e alle ore 2:30 della notte il diagramma delle temperature indica che la reazione è completata.

Alle 4:45 l’incaricato dà l’ordine di interrompere la distillazione in corso non ancora completata. Il riscaldamento viene spento e il contenuto del reattore lasciato in agitazione per altri 15 minuti. Alle ore 6 cessa il turno di notte, i lavoratori lasciano la fabbrica e rimangono solo addetti a pulizie e manutenzione.

Ma alle ore 12:35 il disco di rottura della valvola di sicurezza esplode in conseguenza di un eccesso pressorio causato da reazione esotermica dentro il reattore.

Una miscela in aerosol inizia a diffondersi nell’aria sovrastante il reparto e venendo spinta dal vento in direzione sud est. Il materiale disperso nell’aerosol ricade sul terreno dei comuni di Seveso, Meda, Cesano Maderno, e Desio.

Il caposquadra responsabile di stabilimento chiama il dottore reperibile Clemente Barni. Costui arriva alle 13:10 e alle ore 13:45, dopo una ispezione dell’area circostante la fabbrica, fa attivare il sistema di raffreddamento. Alle 14:30 cessa l’emissione.

Alle ore 20:30 della sera, dopo aver cercato inutilmente di contattare l’ufficiale sanitario dottor Giuseppe Ghetti, e dopo aver avvertito alcune famiglie del vicinato di non mangiare frutta e verdura del proprio orto, il dottor Barni telefona ai carabinieri e relaziona sull’incidente.





 
Il reparto, con il reattore contenente il materiale chimico della reazione, venne chiuso il Lunedì mattina alla ore 5:30 dal dottor Barni.

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Questa ricostruzione di parte aziendale, per quanto attendibile sul piano cronologico, non quadra bene con quella di parte operaia e soprattutto non affronta ciò che avvenne chimicamente all’interno del reattore.

Il direttore tecnico, una figura prevista dalla normativa e diversa dal direttore di produzione non era Paoletti, ma Herwig von Zwehl. Costui verrà arrestato Giovedì 21 Luglio dopo che in settimana erano intercorsi incontri a Dűbendorf, in Svizzera durante i quali l’ufficiale sanitario Ghetti e il capo dell’ufficio provinciale di Igiene e Profilassi Cavallaro erano stati ufficialmente informati che durante l’incidente era stata rilasciata Diossina tipo TCDD.

                                                              
                                                          
 



Durante la settimana già il Lunedi erano arrivate segnalazioni relative alla morìa di  animali e dal Martedì segnalazioni di infiammazione alla pelle dei bambini.
A fine settimana sedici bambini risultavano ospedalizzati.










venerdì 8 luglio 2016

Seveso, quarant'anni fa







Seveso, il Viet Nam e l'Aborto.


Il 1° Maggio 1975 venne firmato a Parigi il trattato di pace che poneva formalmente fine alla guerra del Viet Nam. Poche settimane dopo lo stabilimento ICMESA di Meda (in Italia, vicino a Milano) iniziava, dopo una ristrutturazione impiantistica, la produzione di un nuovo intermedio per l’industria farmaceutica: il Triclorofenolo. Sostanza allora poco nota, anche nella letteratura specialistica.



                                                    




L’azienda detentrice degli impianti, ovvero la Givaudan, avrà modo di scrivere in una dichiarazione rivolta al pubblico che “Il Triclorofenolo è una sostanza relativamente innocua, nota da più di 60 anni. Nella legge svizzera sui veleni essa figura nella quarta classe, accanto a prodotti come l’acido citrico. Il Triclorofenolo viene prodotto da ICMESA esclusivamente come intermedio per la produzione di esaclorofene, utilizzato negli ospedali come disinfettante”.



Siamo nel 1976. Il punto è perché la Givaudan usa quell’avverbio: “esclusivamente”?



In quel periodo alcuni volantini di estrema sinistra (Movimento Studentesco) sostennero che la multinazionale svizzera che possedeva Givaudan produceva in Italia sostanze usate dagli americani per defogliare il Viet Nam al fine di poter affinare la precisione dei bombardamenti al Napalm.

Ma la tesi non resse perché la produzione a Meda di sostanze correlate all’agente Orange era iniziata dopo la pace vietnamita e l’inizio del processo internazionale di messa al bando delle armi chimiche.

Nel Marzo 1997 Rai2 mandò in onda una ricerca condotta dal giornalista di inchiesta Maurizio Torrealta nella quale si dava conto delle dichiarazioni a lui stesso fatte da un non meglio precisato “testimone di giustizia” il quale sosteneva che all’inizio gli impianti ICMESA venivano impiegati in “dual use” nell’ambito di una ricerca segreta sulla teratogenesi di alcune sostanze/armi chimiche. Anche questo filone di denuncia non ebbe seguito.

Quindi allo stato degli atti bisogna escludere un retrostante sfondo bellico per i fatti di Seveso.


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Ma quel che è certo è che l’aspetto relativo agli effetti teratogeni della diossina di Seveso venne preso subito molto sul serio dal governo Andreotti (primo governo di solidarietà nazionale, col sostegno del PCI) e dal Parlamento con l’istituzione di una Commissione di Inchiesta, cui facevano parte pezzi grossi come Giovanni Berlinguer e Susanna Agnelli. E su questa materia il governo emise in quattro e quattr’otto dei provvedimenti di deroga alla legge che vietava l’aborto in Italia. Alcune donne provenienti dalla zona inquinata scelsero di abortire e lo fecero assistite riservatamente da strutture sanitarie.



 
Nei mesi dell’estate/autunno 1976 la popolazione dei comuni colpiti dal fall out pericoloso subì disagi estremi. Evacuazione, territorio inagibile, sospensione di tutte le attività, macellazioni forzate ecc. Ma soprattutto subì il terrore della CLORACNE. Essa colpiva soprattutto la pelle e il viso dei bambini causando sentimenti angosciati.

In questo contesto si sviluppò una campagna nazionale sul tema dell’aborto terapeutico. La Regione Lombardia e i sindaci dovevano gestire grossi problemi di evacuazione di massa con proteste, blocchi stradali e seri problemi sanitari che non si sapeva come affrontare. Ma i quotidiani nazionali polemizzavano sull’aborto.
La giovane dirigente radicale piemontese Emma Bonino si trasferì a Meda e Seveso lanciando una campagna femminista sul “diritto” all’aborto. Oltre a volantini con dettagliati disegni sulle conseguenze sui feti dell’esposizione a diossina la Bonino diffondeva una ordinanza regionale del 13 Agosto '76 nella quale, tra l’altro, si diceva: “le persone esposte a rischio di contaminazione si astengano dalla procreazione per almeno sei mesi.”
Vennero istituiti tre consultori familiari che mettevano a disposizione le tecniche contraccettive.
La posizione antiabortista cattolica venne impugnata dal vescovo il quale trovò un mirabolante propagandista nel liberale Indro Montanelli. Costui sostenne col suo nuovo Giornale (di destra) la campagna di dichiarazioni di coscienza da parte di famiglie disponibili alla adozione di bambini andicappati dalla diossina. Bisognava completare le gravidanze in ogni caso, ci avrebbe pensato la solidarietà cattolica a dedicarsi ai nati del dopo Seveso.
L’argomento più profondo di Montanelli era il seguente: il rischio teratogeno non colpisce la madre, ma il feto, pertanto l’eventuale aborto non ha natura terapeutica, ma eugenetica.


In Italia l'aborto divenne legale nel 1978 con la legge 194.






lunedì 4 luglio 2016

Fabio Mini su attentati turchi







Le opinioni del generale Fabio Mini mi interessano sempre moltissimo, anche quando non le condivido. Perciò mi appunto questa, apparsa su FQ del 2 Luglio.


La vittoria dell'opzione Leave al referendum Brexit è stata di misura e largamente montata da una propaganda imprecisa. Tipo mamma li turchi. Ma accidenti Lunedì scorso gli USA hanno diramato un allarme rischio attentati in Turchia. La Turchia si è risentita, anche per le ricadute turistiche. Ed Erdoghan ha fatto un po' di scene: le scuse a Putin (praticamente non riprese dall'informazione italiana) e la ripresa dei rapporti diplomatici con Israele.

Su quest'ultima cosa il generale Mini ci ricorda che Erdoghan non scherzava quando qualche anno fa aveva rotto: parlava di genocidio (Gaza) e "nazismo". Ciò nonostante il cambio di rotta diplomatica vien confermato. E poi arriva l'attentato di Mercoledì con un sacco di morti all'aeroporto.

Mini osserva che gli attentati si susseguono ogni volta che il leader cambia faccia. Forse, prosegue sempre Mini, perché tutte le purghe intervenute negli apparati militari non sono bastate a convincere i jihadisti che l'esercito turco non è più quello laico di una volta. In effetti però la base militare di leva e professionale oggi non è più kemalista, ma islamista.

La posizione turca sul Jihadismo pertanto non è per niente chiara (questo non lo dice espressamente Mini, ma lo si desume dal suo approccio).  Erdoghan (alleato NATO) bombarda i Curdi coi soldi della coalizione anti ISIS, ammazza i curdi siriani, invade l'IRAQ per "proteggere" Mosul ecc.
Di tutto e di più. Ma il punto chiave forse sta in una osservazione che Mini fa solo "en passant" : Erdoghan non vuole che i curdi si dotino di milizie sciite sostenute dall'IRAN.

Ora, l'ultimo attentato, pur in assenza di rivendicazioni, è stato attribuito all'ISIS. Fatto insolito e tutto da spiegare visto che finora Erdoghan copriva i veri mandanti incolpando i Curdi comunisti del PKK.

Che succede quindi?
"Il terrorismo - scrive Mini - è un crimine orrendo, ma è anche uno strumento politico e ci sono paesi che più di ogni altro lo sfruttano per faide interne di potere".
Ed Erdoghan ha tentato più volte di ottenere poteri assoluti.






sabato 2 luglio 2016

Omniavulnerant: WW1 a Valdagno

Omniavulnerant: WW1 a Valdagno: Il libro di Giorgio Trivelli “Centoventicinque anni di musica”, sulla Banda Marzotto di Valdagno dal 1883 al 2008, ci ricorda che con ...

WW1 a Valdagno






Il libro di Giorgio Trivelli “Centoventicinque anni di musica”, sulla Banda Marzotto di Valdagno dal 1883 al 2008, ci ricorda che con l’avvento di WW1 le attività musicali subirono una sospensione. Molti musicanti vennero arruolati e ben presto la situazione generale impose il silenzio degli strumenti. 

Ciò nonostante, con un organico ridotto, Vittorio Emanuele Marzotto volle un concerto dal significativo titolo “Gli austriaci non passeranno” il 2 Luglio del 1916, sotto i colpi della strafexpedition. 

Tale esibizione pubblica aveva lo scopo dichiarato di “sostenere lo spirito patriottico dei valdagnesi”. 

Evidentemente ce n’era bisogno.

MAGNIFICAT, di John Rutter

  John Rutter è un direttore di coro e compositore contemporaneo di chiara fama e talento. La sua musica corale è accessibile, apprezzata ed...