domenica 1 agosto 2021

CONCERTO PER IL BANGLA DESH

 




 

Il primo Agosto di cinquant'anni fa, di domenica pomeriggio presso il Madison Square Garden di New York City, si tenne un evento musicale globale dedicato a Bangla Desh. Originariamente il nome era scritto in due parole. Ma che cos’era?

In primavera il Bengala orientale aveva proclamato la propria indipendenza scatenando una violenta repressione da parte dell’esercito pachistano. Ciò aveva determinato un notevole problema umanitario per i rifugiati che si aggiungevano ad una popolazione già provata da precedenti calamità naturali.  Gli organismi internazionali avevano quindi iniziato una campagna di mobilitazione dell’opinione pubblica a favore, di fatto, degli autonomisti. Il punto più alto di questa campagna fu questo concerto.

Gli autonomisti erano compatrioti di Ravi Shankar il quale, sciolti i Beatles, era diventato guru musicale di George Harrison. Costui aveva grande popolarità da quando, nel novembre del ’70 era uscito con produzioni da solista quali All Things Must Pass e My Sweet Lord ed accettò di sostenere i patrioti di Ravi. Allo scopo creò anche un fondo per l’Unesco.

L’evento ebbe grande successo sia in termini di sensibilizzazione che sul piano della raccolta fondi che vennero pertanto gestiti dalla UNESCO.

Nei mesi successivi ci fu una escalation che culminò in un conflitto generale con una offensiva delle truppe indiane contro il Begala e nel Cachemire. Il 15 Dicembre le truppe pachistane si arresero a DACCA e venne creato lo Stato del Bangladesh (unica parola) con Primo Ministro S.M. Rahman. E’ un primo processo in cui il conflitto politico internazionale viene accompagnato da una gestione mediatica che usa la musica giovanile e musicisti rock come testimonial. Parteciparono infatti Bob Dylan, Eric Clapton e altri, oltre ovviamente a Ravi Shankar.

Il biografo Goldman racconta che John Lennon bidonò George il giorno prima litigando con Joko e che in realtà Clapton era appena stato vittima di un collasso da eroina tagliata con talco.


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Ovviamente l’establishment discografico mondiale imparò bene la lezione circa l’importanza di una iniziativa che aveva trasformato l’alternativo George Harrison in un perfetto strumento atto alla propaganda del sistema e dei suoi obiettivi.




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