domenica 10 giugno 2018

Weeky memo








La settimana è stata caratterizzata dall’insediamento del nuovo governo italiano.

In vista del G7 il New York Time, che è già intervenuto a sproposito sulla situazione italiana quando ha manipolato le parole del curriculum di Conte, deve prendere atto della legittima composizione del governo italiano. E lo fa con evidente rammarico nell’articolo di fondo del 4 giugno u.s. affidando a Roger Cohen il compito di esprimere l’opinione. 

Tale commento apre evidenziando apprezzamento ironico per in nostro governo, secondo l‘approccio già espresso da Steve Bannon, ovvero per il carattere anti europeo e anti migranti. Si riferisce anche alla Le Pen e definisce il nostro governo come un misto di bigotteria e incompetenza. Tuttavia Lega e Five Star Movement hanno vinto e ciò va rispettato. Ma non significa dover apprezzare ciò che faranno. Per Cohen l’UE è una propagatrice di pace, seppur noiosa, e gli antieuropei gli causano solo disgusto. In pratica si tratta di una pessima coalizione che corre il rischio di diffondersi per l’Europa.
Però anche Cohen critica Junker e definisce arrogante (almeno nello stile) la UE. L’Unione Europea avrebbe fallito soprattutto le politiche migratorie. Infine egli conclude sorridendo all’idea che, essendo gli errori dell’UE la vera ragione della vittoria elettorale italiana, l’insediamento di questo governo potrà trasformarsi in un bene.


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Il governo poi ha ottenuto i voti al Senato e alla Camera. Di Maio ha iniziato un giro di promesse tranquillizzanti, tipo no aumento dell’IVA per i commercianti e difesa dell’ILVA per gli operai, ma il nodo, con l’approssimarsi del G7, diventava sempre più la NATO. Questa organizzazione armageddone, vero pericolo WW3, è impegnata ad allargare i confini ad est per contenere ed isolare la Russia e lusingare Polonia e Baltici. La Germania subisce, senza dichiararlo, tale politica ma reagisce sottotono sperando di ottenere la restituzione dell’oro stipato presso gli Stati Uniti. Per cui in Europa non c’è ancora una opposizione palese alla NATO, solo mal di pancia e strizzatine d’occhio verso est.


In questa situazione l’incognita relativa alla politica estera del nuovo governo italiano si fa pesante e a partire da Mercoledì abbiamo assistito alle provocazioni del mainstream. Tra queste scelgo quella del Giornale di Vicenza, una piazza che, avendo le elezioni amministrative Domenica, e avendo la base con migliaia di americani, si rivela particolarmente sensibile.

Al di là dei giri retorici in quell’articolo di fondo il giornalista Smiderle ricorda che la NATO bisogna pagarla altrimenti salta. Poi ammette che le basi Ederle e Del Din sono state ridisegnate nel proprio ruolo al fine di difenderci dalla “minacciosa offensiva della Russia di Putin in Ucraina”. Poi si coccola i parà della 173ma brigata Vicenza difende le sanzioni, doverose a suo avviso in quanto risposta all’annessione di Crimea, Abkazia, Georgia e Ossezia nonché il suo appoggio a “dittatori impresentabili come Assad”. Insomma per dissuadere i vicentini dall’idea di sorridere al nuovo governo nel voto di Domennica, si tirano fuori tutti i luoghi comuni della propaganda NATO, dimenticando che è proprio l’avversione alle balle il principale fattore di simpatia elettorale per questo governo.



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