martedì 5 giugno 2018

Il sessantotto di Bob.











Nel 1968 alla data di oggi veniva ucciso Robert Kennedy. Sarebbe stato il candidato democratico alla Presidenza del Stati Uniti. Ma la sua colpa era quella di volere la pace in Viet Nam.

Fu un omicidio contro il sessantotto le cui istanze egli aveva deciso di cavalcare nella campagna elettorale. Aveva appena vinto le primarie sconfiggendo l'ala radicale dei democratici, quando venne ucciso. Se avesse continuato la battaglia politica si sarebbe scontrato con Nixon, esponente della cosiddetta maggioranza silenziosa.


Del suo assassino vennero dette solo cose cose convenzionali. Lo si definiva semplicemente paliestinese cristiano. In realtà era nato a Gerusalemme e la sua famiglia era stata cacciata nei campi profughi Giordani prima di emigrare negli Stati Uniti.

Di quell'uomo, Shran Shiran che sta ancora scontando la pena a vita nel carcere di San Diego in California, si è detto poco trascurando ad esempio il fatto che egli da adulto, dopo aver adottato il credo Battista prima ed essere stato Aventista del Settimo Giorno poi, al momento dell'assassinio risultò essere membro occulto dell'Antico Ordine della Rosa Croce.

Le modalità attraverso le quali venne perpetrato l'omicidio richiamano l'attentato a Togliatti e l'assassinio di John Lennon, entrambi casi archiviati come frutto di mitomanie punitive esenti da complotti politici.

Ma in tutti e tre i casi la sparatoria ha avuto un valore politico oggettivo ovvero il tentativo di alzare il livello dello sconro per poter intervenire con una forte repressione autoritaria. E in tutti e tre i casi l'aver accettato l'idea che si sia trattato solamente del gesto di un pazzo ha disinnescato la repressione.

Il salvataggio della Democrazia ha spesso il prezzo della verità.



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