mercoledì 22 aprile 2015

Pace nucleare?




Sul Fatto Quotidiano di Lunedì Lorenzo Tosa riassume aspetti meno noti dello scenario retrostante alla trattativa Iran-USA sulla sicurezza nucleare. In particolare gli articoli si riferiscono a allo scontro cibernetico iniziato ne 2006 da G.W. Bush dando vita alla Operazione Olympic Games.

Si tratta di un “ciclo di attacchi digitali” aventi per obiettivo le centrifughe nucleari iraniane. Il centro fisico degli attacchi era la centrale di Natanz sulla quale si sono scaricati i tentativi di penetrazione con virus di tipo malware che ebbero alla fine successo attraverso il PC di un tecnico nel 2010.

Gli iraniani se ne accorsero quando la diffusione nella propria rete era già avanzata grazie ai collegamenti internet, grazie ad una azienda di consulenza informatica bielorussa. Edward Snowden confermò nel 2013 l’esistenza di un piano israelo-americano addossandone la responsabilità a Foreign Affairs Directorate e successivamente Washington ha accusato Israele di modifiche sul virus in senso molto più aggressivo.


Gli iraniani non sono stati fermi e hanno attaccato – sempre per via informatica - la Jp Morgan e altre banche ed hanno evoluto molto rapidamente la qualità dei loro attacchi al punto da preoccupare seriamente Washington e indurla ad accelerare la ricerca della pace informatica. Da qui la trattativa ed il suo esito anticipato nel Febbraio scorso dalla pubblicazione di prove documentali che dimostrano e ricostruiscono tutta la cyber war di questi anni.




L’articolo mi rimanda all’analisi di Roberto Toscano, ex ambasciatore in Iran, pubblicata nell’autunno del 2013 su LiMes. L’apertura della trattativa era stata annunciata ufficialmente dai due discorsi tenuti da Obama e Rohani alla Assemblea Generale delle Nazioni Unite Martedì 24 Settembre 2013.

Tali discorsi furono un segnale potente per una fase di disgelo reale nel quadro complessivo dei rapporti tra USA e IRAN. E la individuazione del nucleare come tema da cui partire diede conferma alle speranze. Inoltre nel suo discorso Obama aveva annunciato anche una esplicita esclusione ad una politica di regime change.

Ora sappiamo, grazie agli articoli New York Times cui si ispira l’articolo di Tosa, che a sostenere le aperture di Obama sottese a quel discorso c’era anche lo scontro con Israele. Il falco Nethanyahu, infatti, ingannando la stessa Washington, aveva sferrato un duro attacco informatico alle centrifughe d arricchimento nucleare iraniane.




Iran e Stati Uniti, in rotta da trent’anni, hanno già collaborato militarmente nel 2001 durante l’attacco all’Afghanistan quando gli iraniani scambiarono informazioni e ospitarono atterraggi dell’aviazione USA sul terreno iraniano. Ma il successivo avvento della fase conflittuale Bush/Khatami aveva azzerato ogni aspettativa. Alla base del rilancio delle reciproche ostilità vi era la “illusione unilateralista” di Bush, ovvero l’idea di poter imporre una egemonia unilaterale nella regione grazie alla superiorità militare.



Per noi occidentali oggi è facile incolpare Bush, ma il vero problema delle relazioni USA/IRAN è Israele e la politica dei suoi falchi. La possibilità del nuovo accordo nucleare di stabilizzarsi dipende tutta da costoro, e la vittoria elettorale di Nethanyahu non promette nulla di buono.



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