sabato 25 luglio 2015

IRAN, it's a good deal








Sul trattato nucleare con L’IRAN Furio Colombo esprime un’opinione usando la sua rubrica sul Fatto Quotidiano del 17 Luglio u.s.

Egli prende spunto dalla lettera di un lettore filoisraeliano che si chiede cosa ci sia di buono anche per chi filoisraeliano non sia: perché accettare che ci sia un paese atomico in più?.

Egli parte richiamando le contraddizioni di un’area ove l’islamismo più combattivo, scrive Furio, vince facilmente le elezioni democratiche ma poi mette la sharia (che democratica non è). Nella foga adombra una legittimazione del golpe egizio (quello di Al Sisi) che avrebbe riportato la democrazia. Il regime militare infatti ci offre una immagine di affidabilità ed affinità tenendo a bada il terrorismo. Poi passa all’IRAQ, un paese che funzionava impedendo l’espansione iraniana e contenendo lo scontro continuo tra sciiti e sunniti, ma a causa di Bush non funziona più. L’Arabia saudita è estremista nella religione e nel costume, ma è alleata moderata nella politica esterea degli Stati Uniti. Il Libano non è più soggetto alla Siria, ma rischia il ricatto di Hezbollah mentre la Palestina è in disputa tra l’estremismo laico di Hamas e quello religioso dello Stato Islamico. Israele invece è un paese di tipo occidentale a struttura democratica.

Quindi passa al giudizio sull’accordo cogliendone la doppia connotazione di inclusività e controllo. Inclusività perché porta l’IRAN tra gli “amici dell’occidente” e controllo perché limita la libertà di azione di un paese potente. Ma Furio non crede molto all’amicizia iraniana e teme che duri poco, così come crede poco anche nella sua reale moderazione rispetto alle spinte islamiste. Perciò giustifica le preoccupazioni di Israele e arriva a concludere che quell’accordo allarga anziché restringere il conflitto dell’area.

Mi pare che, ferma restando ogni libertà di opinione, Furio rilanci il proprio sentimento, notoriamente filo israeliano, offrendoci una versione moderata della strenua opposizione di Netanyahu. Una opposizione pregiudiziale ed estremistica che disconosce il grande passo avanti geopolitico rappresentato da quest’accordo.




Gli articoli di Massimo Calabresi e di Joe Klein su TIME n.20 Luglio 2015, offrono invece una lettura molto più ottimistica. Evidentemente l’intellighenzia statunitense dopo oltre sei anni di Obama si sta smarcando dall’influenza israeliana più di quanto non avvenga nella sinistra italiana.






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