venerdì 23 settembre 2016

De Cataldo Neve Sporca









Anni buoni per De Cataldo. E' un giallista che fa tendenza, almeno tra gli editori, i quali se lo contendono per aprire volumi da strenna. E ciò gli permette di centellinare la pubblicazione dei suoi racconti su più volumi. Una raccolta di racconti, diciamo cinque o sei, verrebbe venduta a diciassette euro in un unico libro invece oggi lo troviamo ad un racconto per volume, ciascun d’essi a diciassette, o più, euri. Ottima speculazione. Se fosse stato possibile anche ai suoi tempi Stevenson non sarebbe morto povero in una isola pressoché deserta.

Ma a differenza di Robert Louis, De Cataldo vive in un’epoca nella quale il giallo, più o meno noir, è un canale principe di comunicazione ambientale e perciò fare il giallista di successo è redditizio come lo era fare il giullare o il trovatore (di successo) nel medio evo. Il giallo infatti serve a comunicare l’immagine delle forze del cosiddetto ordine e i manipolatori necessitano sempre più di produzioni artistiche atte a sostenere il consenso popolare. Non per nulla molti tra i principali autori sono ex magistrati o ex agenti dei servizi, insomma gente esperta, appunto, in balle di Stato.


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In NEVE SPORCA, di De Cataldo, per Mancuso, della DIA, la lotta alla droga è un follia.

Sarebbe ora di ammettere che la coca è una realtà accettata universalmente, anzi che la società stessa è ormai apertamente cocainofila e sniffare è un comportamento che fa tendenza. In pratica invece di spendere un sacco di soldi dei contribuenti per dare la caccia ai boss, converrebbe legalizzarne il consumo allora sì che verrebbero colpiti gli interessi che stanno dietro questo mercato ormai anacronisticamente illegale.


Con questo personaggio De Cataldo fa un discorso apertamente trasparente e coraggioso ma nello sviluppo della storia non si sofferma a spiegare che i governi non legalizzeranno certo la coca fintantoché i narcoboss saranno anche coloro stessi che controllano il mercato delle armi e i piani di guerra internazionali. E perciò le convinzioni di Mancuso rimangono “segreti inconfessabili”.

In ogni caso, tornando al testo, questo scrupoloso ed esperto maggiore dell’antimafia si occupa di un infartuato a Courmaieur morto in un albergo ove si teneva un congresso di consulenti fiscali. E fiuta la pista: si tratta di un cadavere con falsa identità che nasconde Enrique Da Silva Serrano, contatto del clan calabrese dei Buccinasco.
E da lì parte una storia mirabolante, tra le migliori di DeCa.



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