mercoledì 27 settembre 2017

Complotto Fenaroli











A chi, come me nell’età della pensione, si diverte a cercare verità scomode del recente passato, risulta laborioso stilare un elenco dei complotti. Ma certamente, veri o falsi che siano, non manca il piacere della lettura. E’ il caso del seguente la cui curiosità mi è stata stimolata da una brevissima citazione contenuta nel  libro di Mario Pacelli: STORIE DELL’ITALIA REPUBBLICANA.


Caso Fenaroli

Maria Martirano, moglie di Giovanni Fenaroli, impresario milanese, viene trovata mora l’11 settembre 1958 a Roma nel suo appartamento di via Monaci 21.
Strangolata e col cofanetto dei gioielli vuoto si pensa a rapina. Ma Egidio Sacchi, dipendente dell’impresa maritale parla dopo un paio di mesi e dice che si tratta di assassinio su commissione del marito che, avendo l’azienda in crisi voleva incassare l’assicurazione sulla vita della moglie, assicurazione della quale era beneficiario. Allo scopo l’elettrotecnico milanese Raul (o Raoul) Ghiani si era recato a Roma in aereo sotto falso nome. Il mediatore tra Fenaroli e Ghiani era stato tale Carlo Inzolia.

Fenaroli e Ghiani, quali mandante ed esecutore, furono condannati all’ergastolo nel Giugno 1961. Inzolia prese 13 anni per complicità ottenendo poi la libertà nel 1970. Ghiani fu graziato nel 1983 mentre Fenaroli è morto in carcere nel 1975.

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Secondo Pacelli dietro a questo caso appare l’ombra dei servizi segreti. E lo inquadra tra gli esempi di come, nella storia repubblicana, i politici abbiano sfruttato i servizi per le proprie lotte interne. Egli sostiene che il caso è caratterizzato da una doppia verità: la Martirano sarebbe stata uccisa da agenti del SIFAR per evitare un ricatto nei confronti dei dirigenti ITALCASSE. Ciò sarebbe attestabile soprattutto dall’esistenza di intercettazioni telefoniche di Fenaroli. Il fascicolo che le conteneva era andato distrutto, ma esisterebbe anche un altro riscontro nelle memorie del generale De Lorenzo. In esse si attesta un intervento di Segni (futuro presidente della Repubblica) sul generale (capo dei servizi segreti militari) per sollecitare le intercettazioni al fine di soddisfare una precisa richiesta di controllo su Fenaroli portata avanti dall’avvocato Francesco Carnelutti. (Costui è un potente giurista, autore tra l’altro del Codice di Procedura Civile del 1942, docente di diritto industriale e persona che ebbe una grande influenza nella formazione di Segni stesso).
L’aspetto curioso e paradossale è che Carnelutti fu avvocato difensore di Fenaroli.

A spiegare l’intervento dei vertici riservati dello Stato in un caso di omicidio apparentemente simile a tanti altri era l’ENI di Enrico Mattei, coinvolta nella vicenda perché il supposto ricatto di Maria Martirano avrebbe messo in circolazione documenti top secret e compromettenti precedentemente rubati da Fenaroli stesso. Mattei infatti finanziava illegalmente Gronchi attraverso Italcasse.


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Nel 1995 tornò ad occuparsi di tutto questo Antonio Padellaro il quale scrisse e pubblicò una ricostruzione fondata sui materiali fornitigli da Enrico De Grossi. Costui era stato agente del SIFAR di alto livello negli anni dell’assassinio ma, coinvolto in una rischiosa disavventura durante una missione segreta in Ungheria, fu dimissionato con rancore. Alla fine un po’ il rancore, un po’ la sete di verità e un po’ la pensione, porteranno De Grossi ad una inchiesta capace di mettere in luce i veri retroscena. 


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Padellaro ne ha dato voce giornalistica nel suo libro NON APRITE AGLI ASSASSINI, ma senza suscitare a suo tempo particolari clamori. Ora Pacelli, col suo accenno di pagina 88 sembra dare autorevole conferma.
                                                               




                               

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