giovedì 11 marzo 2021

Il caso Chioccarello: la strage mancata del padroncino veneto.

 




 

L’11 Marzo 1970, un Mercoledì, era una giornata di sciopero provinciale dei tessili indetto dalle segreterie di Cgil, della Cisl e della Uil per sostenere il negoziato sul nuovo contratto. Il padronato dell’epoca considerava lo sciopero non come un diritto del lavoratore ma come una offesa personale, un attacco al proprio legittimo potere di comando. Inoltre c’era sempre il sospetto che in realtà fossero i comunisti a fomentare gli scioperi per abolire la proprietà privata. Nelle grandi fabbriche c’erano le “guardie” e alle acciaierie Valbruna poco tempo prima c’erano stati scontri fisici tra operai e guardie culminati in un vero e proprio sequestro di due lavoratori all’interno della fabbrica.

Si era quindi sviluppato un clima molto conflittuale nel quale gli operai vicentini si erano molto motivati, soprattutto i giovani, a lottare per far valere i diritti e il rispetto anche dentro la fabbrica. La notizia del fatto aveva generato varie iniziative di sciopero in tutta la provincia.

In questo clima ad aggravare le tensioni si aggiunse un caso clamoroso ai cancelli di una fabbrica di Schio: il caso Chioccarello.

Giuseppe Chioccarello era un piccolo imprenditore che si era fatto da sé. Era stato partigiano ma poi si era avvicinato alla destra candidandosi anche nelle liste comunali del MSI.  Aveva costruito la “Filatura e Cardatura di Torrebelvicino” con un parco macchine di seconda mano e vi lavorava sempre in prima persona con la moglie, il figlio più grande e altri nove operai e sei apprendisti.

 

Il fatto

Alle otto di mattina davanti al cancello un gruppo di attivisti sindacali chiamano i lavoranti allo sciopero. Ci sono anche persone del vicino Maglificio Rosabel. La moglie del titolare esce e rimbrotta i dimostranti argomentando che in quanto artigiani non hanno niente a che fare con lo sciopero. Ma l’argomento non persuade e viene preannunciato un ritorno in massa dopo il comizio in Piazza Statuto a Schio. E così avviene un paio d’ore dopo verso le 11 quando arrivano ai cancelli più di quaranta persone tra le quali Angelo Fiorilli (UIL) e Teresiano Rudella (CISL).

I Chioccarello padre e figlio reagiscono imbracciando due Breda automatici calibro 12 precedentemente caricati con sei colpi nel caricatore e uno in canna. Partono i primi colpi in aria seguiti da spari ad altezza d’uomo per un totale di otto. Rudella viene colpito in modo lieve mentre Fiorilli riceve la rosa di pallini rinforzati a Nichel all’emitorace, alla gamba sinistra e all’anca. L’operaio Guerrino Dalla Riva viene invece raggiunto in pieno viso mentre Mario Comparin, Domenico Dal Zotto, Domenico Dalla Guarda, Cesare Baldin, Dario Bernardi, Veneriano Brunale e Silvano Filippi rimangono feriti meno gravemente.

Partono i soccorsi e arriva la Forza Pubblica che trova i due Chioccarello ancora coi fucili in mano ricaricati. Tra le sirene delle ambulanze essi vengono disarmati e portati alla stazione dei Carabinieri di Schio.

 

Le manifestazioni

Ma nel frattempo la voce si è sparsa suscitando molta impressione nel deflusso dei cortei e tra gli studenti in uscita dalle scuole.

In quell’occasione le strutture sindacali si sforzarono di mantenere la calma ma alle 14 e 30 di quel Mercoledì risultavano già occupati i municipi di Schio e Torrebelvicino. Lo sciopero si estese nel pomeriggio anche alla Marzotto e alla Recoaro. E il giorno dopo ci fu una fermata nazionale di 15 minuti in tutte le fabbriche.

Io non ricordo di essere stato informato quel pomeriggio ma conservo ancora il volantino che venne distribuito da Lotta Continua (che si era costituita ufficialmente da pochi mesi e aveva aperto una sede a Valdagno e una Schio).

 

Il volantino

Si intitola LOTTA CONTINUA e contiene una breve analisi del fatto definendolo come un episodio non isolato che mostra tutta la violenza del sistema. In fabbrica, a scuola e nella vita di ogni giorno i grandi padroni Agnelli, Pirelli, Cefis e Marzotto - recita il testo - non hanno bisogno di prendere in mano un fucile perché hanno al loro servizio il parlamento, il governo, i comuni, la stampa, la magistratura, la polizia, i sindacati e i partiti. E le 14.000 denunce presentate dai padroni, polizia e magistratura contro gli operai e gli studenti nell’autunno caldo confermano che si tratta di una violenza che serve a reggere il sistema stesso. Ebbene essa va eliminata una volta per tutte e chi dice che essa va respinta “da qualsiasi parte venga” rispettando l’ordine e la legalità, in realtà vuole che essa continui e rimanga indisturbata senza che chi la subisce faccia niente.

Venne redatto il giorno successivo e ciclostilato “in proprio”, come recita l’apposita dicitura in calce. Tale pratica caratterizza i volantini dell’epoca ma soprattutto quelli di Lotta Continua e Potere Operaio che erano gruppi extraparlamentari tenuti a dichiararne la produzione e mandarne copia in questura per non incorrere nel reato di “stampa clandestina”.

A Valdagno venne distribuito il venerdì successivo davanti alla scuole nei dieci minuti di ricreazione e in piazza al mercato.

 

La lezione

Quindi di quel fatto, nonostante ne avesse accennato anche il telegiornale delle 20 e 30 ricordo che me ne aveva parlato mio padre a cena cogliendo l’occasione per trasmettermi un’idea e un sentimento di valore per il sindacato. Credo sia stato un momento importante perché il volantino di Lotta Continua oltre al padronato attacca anche i sindacati. Li accusa di aver lavorato per smorzare la lotta e dividere gli operai dagli studenti. Ma le parole di mio padre avevano fatto effetto su di me e all’assemblea studentesca (ancora illegale e disciplinarmente sanzionabile) parlai a favore dei sindacati.

 

 

Il sindacalista Fiorilli ebbe una prognosi di 80 giorni mentre il Dalla Riva perdette l’uso di un occhio.

Il processo

Nel successivo procedimento giudiziario il fatto che fossero stati trovati otto bossoli sparati da due fucili diversi fu decisivo per scalzare la prima linea difensiva degli imputati che tentava di sostenere che a sparare era stato solo il padre, ma il fatto di aver utilizzato cartucce di tipo Sidna con pallini numero 2 i quali difficilmente possono causare lesioni mortali, portò a declassificare l’accusa da tentato omicidio a lesioni personali gravi.

Le parti si troveranno in aula non prima del 4 ottobre 1973 quando nel frattempo i danneggiati erano stati risarciti con una quindicina di milioni a testa lasciando quindi in piedi solo la causa penale. Una causa il cui processo inizia solo il 15 Aprile del 1975 col padre Chioccarello giudicato in contumacia.

 

La sentenza

La sentenza finale condannò a tre anni e tre mesi di reclusione entrambi i Chioccarello e in essa venne riconosciuta l’aggravante delle lesioni “gravi e continuative” data la perdita dell’occhio del Dalle Rive.

 

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Nell’ambiente sindacale non vi fu alcun entusiasmo per la sentenza; Teresiano Rudella era nel frattempo diventato segretario provinciale dei tessili Cisl e non ha mai nascosto il timore che quella sia stata in realtà una strage mancata. Ma è stato meglio così; anche perché di stragi riuscite in quegli anni non ne erano proprio mancate.

 






                                                             


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